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Nella
foto, un campione trovato al liv. 2 di Chamousira, collezione Zappetta Gialla. |
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L'oro
nativo, molto più abbondante dei minerali d'oro, alimenta ben il 90%
della produzione mondiale. Allo stato puro è di color giallo marcato,
ma più pallido se contiene dell'argento. Il contenuto d'oro dei
giacimenti auriferi è di pochi grammi per tonnellata di materiale
lavorato e per i cercatori d'oro amatoriali è quindi assai difficile individuarlo, ma a volte si aggrega in masserelle
che una volta individuate
ripagano di tutta la ricerca. Il suo simbolo è AU, numero atomico 79,
peso atomico 196,96, punto di fusione 1063° C. Per leggere altre sue
proprietà e caratteristiche fisiche, vedi nella seconda parte della relazione
di Sutherland.
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Si intende dunque per "nativo" quell' Oro distribuito
semplicemente nei
filoni di quarzo. In Italia lo si trova in pochissime miniere: ben nota
agli appassionati è quella di Brusson, in Val d'Ayas (Ao). Questo tipo
di mineralizzazione interessa particolarmente i cercatori
"amatoriali" perché si ha in questa occasione la
possibilità di trovare delle cose significativamente estetiche e
gratificanti. Per farla breve, ci si potrebbe cimentare anche con la
pirite aurifera ma certo non si avrebbe la possibilità di estrarre
dalla roccia quanto sopra. L'oro nativo può essere grosso,
piccolissimo, dendritico, associato
ad altri minerali, cristallizzato, lamellare etc. ed
anche il suo colore può variare un pochino. A proposito del tipo "lamellare",
se non vado errato, in questo Sito viene segnalato solamente in due località
italiane e cioé in Val
del Goglio (Lombardia) e a Bochey (Val
d'Aosta). Anche la vicina Svizzera ha però
la sua da dire in merito.
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Per quanto riguarda le dimensioni del
"trovabile", la cosa può variare a seconda dalle
caratteristiche dell'area geologica interessata; negli approfondimenti a
lato pagina c'è una scheda che accenna.
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Si tratta quasi sempre di "Pirite aurifera":
quest'ultima, dopo il dovuto trattamento mette a portata di mano l'oro
che contiene (perlopiù in polvere). Le miniere interessate a questo
tipo di giacitura contengono spesso
delle zone di arricchimento (tratti dove il minerale cercato è più
presente) le quali, nel caso di filoni verticali, sono dette "a colonna"
perché diffuse
verticalmente nell' ambito della montagna. A livello
amatoriale, nel caso si conoscano quali i suddetti posti,
ci si può recare in
loco, cercare chiazze di pirite alterata e "marcita" dal tempo
e raccogliere quindi il terriccio in corrispondenza sul pavimento per
poi lavarlo fuori (o addirittura dentro se si dispone di acqua) in un
posto a scelta: se ne otterrà probabilmente una modesta
campionatura: la fialetta della foto contiene oro
ricavato proprio in questo modo dal giacimento di Bechaz, in Val d'Ayas
(Ao). Per questo tipo di ricerca, inoltre, i cosiddetti
"Brucioni" sono dei
luoghi particolarmente indicati alla scopo e consentono di restare all'aperto.
Vedi anche Cassiterite.
Il tutto proviene dalla remota epoca delle glaciazioni
e c'e nel Sito una scheda specifica che
descrive per benino la faccenda. A grandi
linee penso si possa dire che i ghiacciai che ricoprivano le nostre
vallate montane, spaccandosi e rotolando piano piano all' alzarsi
generale della temperatura, si portarono appresso tutto quanto trovarono
sul cammino, oro compreso il quale si "spiaccicò" durante il
travagliato percorso in mezzo al ghiaccio. Non
fu l'acqua a deformarlo e pressarlo: semmai questa, spostandolo ulteriormente ed in
un periodo susseguente, lo ripulì da altri agenti, lo assottigliò
ulteriormente e lo lucidò fino a
renderlo più giallo, come ben possono vedere i cercatori d' oro quando lo
raccolgono
adesso sul Ticino, Elvo
etc.. sottoforma di minute "scagliette" sottilissime. Da ciò si potrebbe dedurre (interessante osservazione di un mio amico)
che quando dette scagliette sono insolitamente "brunite" e non
perfettamente levigate, proverrebbero sì da smottamenti glaciali,
ma non avrebbero ancora subito il travaglio dell'acqua per cui arriverebbero forse da
terreni assai vicini, nel senso che quasi nullo sarebbe stato il percorso da
esse fatto nel torrente.
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Una nota del
tutto indicativa sul suo peso: a parità di diametro, per impercettibili
variazioni di spessore il peso delle singole scaglie varia moltissimo;
un elemento di un millimetro ad es. può pesare da 1 a 5 milligrammi e
raggiungere o superare i 10 mg se assume forma arrotondata. Naturalmente
aumentando lo spessore varierà in misura proporzionale e significativa
anche il peso. |
NOTA
BENE. L'oro che si trova nei corsi d'acqua non è sempre
d'origine alluvionale, anzi nei pressi dei rilievi alpini o comunque
sulle montagne questo di norma non sussiste e presenziano invece (se ci
sono in zona filoni di quarzo
auriferi) tracce d'oro nativo in forma di pagliuzze ecc, per cui in
questo secondo caso anche i sistemi per cercalo cambiano (vedi a lato
approf. "nella batea"). |
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Oro Eluviale |
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Come è noto le rocce
sino soggette all'azione disgregatrice degli agenti atmosferici, che
smantellano a lungo andare le montagne, ed i detriti vengono trascinati
sempre più a valle dai corsi d'acqua, fino a riempire mari e oceani;
l'oro è un minerale praticamente inalterabile e con altissimo peso
specifico, quindi, mentre altri minerali e rocce vengono disciolti e
trascinati a valle, esso viene liberato dalla matrice rocciosa e resta
sul posto concentrandosi sempre più. Di conseguenza, nel giro di
qualche centinaio d'anni vengono a formarsi, nelle immediate
vicinanze dei giacimenti primari che di oro potevano anche contenerne
pochissimo, piccoli depositi eluviali costituiti da terra e roccia molto
alterati, solitamente di colore rossastro per la presenza di idrossidi
di ferro, con granellini sciolti o masserelle di oro nativo. Situati in
zone montagnose, i giacimenti eluviali non assumono mai grosse
dimensioni, ma hanno spesso consentito interessanti ritrovamenti d'oro,
come ad esempio ad Emarese, località in cui
vennero raccolti circa dieci chili del nobile metallo. |
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Oro Epitermale |
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l'Oro
Epitermale, sostanzialmente invisibile a vista
e la cui estrazione è quindi possibile solo a livello industriale, è stato
riconosciuto per la prima volta negli anni '60 a Carlin, in Nevada, nel
mentre che si stava sfruttando un arricchimento superficiale (brucione)
con oro visibile e solfuri vari. Dopo quella scoperta (e grazie ad
essa) vennero individuati in diverse parti del mondo altri
numerosi giacimenti simili; si tratta di disseminazioni
microscopiche e submicroscopiche di oro nativo, libero o incluso nei
solfuri, che possono costituire depositi con tenori variabili dai 3 ai
20 gr. per tonnellata e sono interessanti perché, trovandosi per loro
natura solitamente in superficie, possono essere sfruttati con lavori a
cielo aperto ed in tempi brevi. La situazione geologica dell'Italia,
ad es. in Toscana e Sardegna,
dispone di condizioni particolarmente favorevoli a questa giacitura.
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Se
vuoi guarda
le schede
che insegnano a cercare oro.
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Approfondimenti di questa pagina
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