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Il quarzo,
quando aurifero, è in natura il contenitore principale dell'oro
nativo. |
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IL QUARZO è
detto "allocromatico" perché le eventuali impurità non di rado contenute nei suoi cristalli gli possono dare differenti colorazioni
di base ed è proprio a seconda di queste varietà di colore che esso
viene classificato con rispettivi nomi. Ad esempio, quando presenta
sfumature più o meno intense di giallo viene definito quarzo citrino,
mentre se è viola si tratta della nota ametista. C'è anche il
quarzo azzurro, oppure il più frequente quarzo rosa. Il
morione è invece una sua varietà nera, da non confondere col quarzo fumè,
tipologia quest'ultima tanto ricercata (ed apprezzata) sul massiccio del
Monte Bianco, località in cui un giorno se ne rinvenne un campione lungo
circa quaranta centimetri. Al contrario e molto più comune il quarzo
latteo, semplicemente di un bianco non trasparente, mentre
è indiscutibilmente pregevole quando si presenta incolore, trasparente
come il vetro e che si chiama allora cristallo di rocca.
Del cristallo di rocca sono molto ricercati anche gli esemplari che
contengono isolate inclusioni di altri minerali cristallizzati a loro
volta (ad es. "foglioline" di fucsite) e che, risultando ben
visibili nella trasparenza del quarzo, danno al tutto un aspetto alquanto
interessante. Queste sono soltanto alcune delle varietà più note di
quarzo fondate
sul suo colore, sia esso spatico (non cristallizzato), oppure
sviluppato in cristalli: questi ultimi sono inoltre classificabili a seconda
delle particolari forme o disposizioni che talvolta assumono e infatti, pur
considerando che questo minerale ha di
norma abito
colonnare e cristallizza in prismi esagonali,
i medesimi prismi sono
talvolta interessati da particolarità strutturali che ne caratterizzano
ulteriormente l'aspetto, come ad esempio nel caso dei cosiddetti geminati, costituiti
questi da due
differenti esemplari che si "incrociano" compenetrandosi
vicendevolmente mantenendo identico orientamento delle facce e degli
spigoli: vanno al proposito certamente ricordati
i geminati del Giappone, intersecati tra di loro con un
angolo di 90°, oppure i pregiati quarzi a scettro (qui a lato), situazione che si
determina quando (spiegandolo volgarmente) il vertice di un cristallo si
compenetra nella crescita iniziale di un altro cristallo che mantiene la
stessa direzione pur essendo più largo e generalmente più corto,
ottenendo appunto come risultante l'aspetto di uno scettro o bastone
con rigonfiamento sommitale (questa non è certo la giusta definizione
scientifica, ma solo un modo per cercare di descriverlo esteticamente ai
non avvezzi sulla materia). I quarzi a tramoggia invece vedono nei loro spigoli l'affiancarsi, lo
sdoppiamento di altrettanti spigoli, sfaccettature e intarsi sul
cristallo medesimo che
mantengono ovviamente le stesse direzioni portanti.
Inoltre, anche per
quanto riguarda i vertici i cristalli di quarzo variano nella
forma: due classici esempi vengono dati quando questi si presentano
con facce omogenee e inclinate convergenti verso un centro ideale (abito
alpino), oppure, al contrario, quando una faccia del vertice è
assolutamente predominante di dimensione rispetto alle altre occupando
così "di taglio" quasi tutta la superficie, situazione che in
gergo viene chiamata "a becco di flauto", come ad es. nella foto
a lato, che riguarda un campione tipico del versante Arbaz / Bechaz in
Val d'Ayas, area
nota tra l'altro per il suo oro.
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Una particolare
varietà di quarzo è IL CALCEDONIO,
minerale costituito da una massa fibrosa di microcristalli (di
quarzo) e generalmente abbastanza comune nelle rocce vulcaniche, dove
assume differenti nomenclature a seconda delle molteplici varietà di
colore con cui può presentarsi: quello arancione scuro prende infatti il
nome della nota corniola (qui a a lato), mentre quello verde si
chiama plasma quando è scuro anch'esso, ma nella sua tipologia più chiara è allora chiamato
crisoprasio. La rinomata e diffusa agata è un calcedonio i cui colori,
anche qui dalle numerose possibilità,
sono
disposti in modo da formare molto spesso anelli multistrato che
circondano geodi (foto qui a sin.). Quando l'agata si presenta con
nette divergenze di tinta fra zona e zona, viene allora più
propriamente chiamata onice. Per potere apprezzare al meglio le
risultanze estetiche e cromatiche di queste pietre, le cui
caratteristiche striature (siano esse concentriche, lineari o anche
alternate) sono determinate dal silicio che al momento della loro
formazione scorreva ancora liquido nel loro interno, occorre lucidarle
(talvolta dapprima tagliandole, ottenendo così anche sopramobili che
appagano certamente la vista).
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