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Miniere della Sardegna: introduzione
storica e mineralogica: |
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Non molti sanno che nel IV secolo D.C
la Sardegna fu oggetto di una vera e propria corsa all'oro: alcuni
studiosi, anzi, mettono in dubbio il fatto per sostenere invece che in
realtà si trattò di una "corsa all'argento".
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Eppure i decreti degli
allora imperatori Valentiniano, Valente e Graziano, parlano
espressamente di oro. Facendo ora un salto nel tempo ed avvicinandoci
gradualmente ai giorni nostri, generiche notizie sulla presenza e
relativi ritrovamenti del nobile metallo in Sardegna si hanno anche in
documenti del Medioevo e in testi del 1600 e 1700: in una relazione di
tale Martin Camillo (1612) si dice ad es. che detta regione sia ricca di oro
e che se ne trovi in particolare nella vicinanze di Iglesias e di
Cagliari. Notizie più
precise vengono poi fornite da autori del 1800, i quali citano
chiaramente specifici
permessi rilasciati per la ricerca ed anche i risultati delle corrispettive
analisi effettuate allora per il contesto, su campioni di quarzo. Detti
risultati in più di
un'occasione si rivelarono certamente positivi, come ad es. nel caso
della zona di Villanova Tula. Durante tutta la seconda
metà del Novecento seguirono poi molte
altre osservazioni che misero in
evidenza una discreta presenza di oro nella parte
Nord-Occidentale dell'isola e anche poco più a Sud, cioè nel "Bosano";
va detto al proposito che in quest'ultima località la presenza dell'oro nelle vene a
solfuri misti
(vene contenute nelle
vulcaniti) non era una novità, soprattutto nelle zone di alterazione
superficiale, tant'è che che già all'inizio del
secolo vi erano stati rilevati valori di ben 120 gr/ton in alcuni brucioni
di filoni cupriferi. E' bene ricordare però che gli arricchimenti dei
brucioni forniscono sempre valori di gran lunga superiori a quel che
contiene in realtà il filone "nel suo interno: in ogni caso nel 1940
René Bruck (allora direttore della miniera di Pestarena) si
interessò personalmente della vicenda e riscontrò, nella pirite e
calcopirite
della zona mineraria di Cala Suboi tenori
variabili da 8 sino a 40 g/ton. |
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NEL CONCRETO. |
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Nell'insieme, consultando i documenti di illustri studiosi si
evidenzia il fatto che sia stata
riconosciuta presenza di oro in numerose parti della Sardegna: purtroppo
però i risultati starebbero ad indicare quantità e tipologie utili per prospezioni ed eventuali sviluppi a carattere industriale e
non hobbistico. Il nobile metallo infatti risulterebbe solitamente nei
solfuri ed anche nei casi cui è estraneo ad essi, le sue
dimensioni assai ridotte richiederebbero, a dir poco, una "buona
vista". Idem dicasi per quanto riguarda i rari casi di presunto oro nativo
e/o alluvionale menzionati con molta prudenza in qualche testo e descritti come "ancora
da accertare". Per il momento dunque non si dispongono di
segnalazioni confortanti sulle possibilità di ritrovamenti in
condizione amatoriale.
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Sicuramente molto più
importanti, a livello scientifico, sono invece gli studi che si fanno da oramai
diversi anni sui possibili giacimenti di Oro Epitermale presenti nell'isola (vedi qui a lato Furtei): l'oro epitermale è stato
riconosciuto per la prima volta negli anni '60 a Carlin, in Nevada, nel
mentre che si stava sfruttando un arricchimento superficiale (brucione)
con oro visibile e solfuri vari e dopo quella scoperta (e grazie ad
essa) vennero individuati in diverse parti del mondo altri
numerosi giacimenti simili. Si tratta di disseminazioni
microscopiche e submicroscopiche di oro nativo, libero o incluso nei
solfuri, che possono costituire depositi con tenori variabili dai 3 ai
20 gr. per tonnellata e sono interessanti perché, trovandosi per loro
natura solitamente in superficie, possono essere sfruttati con lavori a
cielo aperto ed in tempi brevi. La situazione geologica dell' Italia
dispone di condizioni particolarmente favorevoli alla giacitura in
questione e la miniera di Furtei in Sardegna, oltre ad esserne la prova,
se non vado errato costituisce il primo giacimento avviato nel nostro
Paese per lo sfruttamento specifico di Oro
Epitermale.
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FATTI: I MINATORI NEL PRIMO '900. |
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<< Logorati dal lavoro lavoravano 8 ore se in miniera, o 10 ore se
all'aperto, senza riposo festivo, senza alimentazione sufficiente, minati dalle malattie e
costretti ad abitare in tuguri; la loro era una continua protesta sia
verso i padroni delle miniere sia verso lo Stato. Non esistendo ancora Camere di
Lavoro nell'isola, si andavano formando le prime Leghe in loro difesa e si andava
affermando il verbo socialista, che si faceva strada a fatica. I 14 mila
operai che lavoravano nelle concessioni dell'isola erano remunerati, data
l'esuberanza dell'offerta. con un salario minore che negli anni precedenti, sebbene la
produzione fosse sempre in aumento, e poiché il costo della vita diveniva sempre
più alto, lamentavano di non poter vivere.
Non esistendo alcuna norma scritta che regolasse i rapporti tra i lavoratori ed
i
concessionari, il 95 % degli operai era legato da vincoli contrattuali
incerti e
arbitrari, ed erano alla completa mercé dei concessionari. Inoltre, mentre nelle miniere
del continente gli operai avevano un salario più elevato e condizioni migliori
di vita, in quelle di Sardegna avevano un salario più basso e lavoravano un
numero maggiore di ore annue, correndo il rischio di continui infortuni.
Il salario era assorbito quasi completamente dalle spese della cantina:
ivi il minatore era infatti costretto a comprare i generi di prima
necessità, che gli venivano registrati dall'esercente, il quale si faceva poi rimborsare
dall'amministrazione che detraeva la corrispondente cifra dalla paga dell'operaio.
I generi di queste cosiddette cantine erano tra l'altro più cari di quelli messi
in vendita negli esercizi pubblici, per cui i loro gestori si
arricchivano mentre fra gll operai fermentavano sempre più malumore e
disagio. Il grave problema imponeva una soluzione, ma nessuno se ne
interessava >>.
(Da A. Boscolo, I moti del 1906 in Sardegna, in Studi Sardi, vol.
VIII, 1948).
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