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Premesso che scientificamente l'oro nativo è per sua natura
non suddivisibile in ulteriori varietà, è però interessante constatare
che a seconda delle località italiane in cui ci avvicendiamo per le
nostre ricerche aurifere, se avremo fortuna di trovarne, le
"possibilità di dimensioni" del trovabile variano di zona in
zona. Al lato pratico ho notato che il metallo in questione si presenta in
modo diverso (beninteso, sempre riferendomi alle misure) a seconda della
situazione geologica locale. Inoltre, pur considerando che alla sua
origine l'oro si dispone per sua natura nei filoni di quarzo e che quindi
questi sono il fondamentale viatico per trovarlo nella sua condizione
ancora nativa, può però capitare di trovarlo, seppur sporadicamente,
pure in altre eccezionali situazioni mineralogiche e questo perché si
tratta di un metallo che, seppure in "tracce", presenzia anche
in altre rocce. E' il caso ad esempio delle granatiti, situazione
descritta a fondo pagina ed in cui si dimostra come talvolta possa
capitare di trovar oro visibile (per quanto piccolissimo) anche in posti
piuttosto insoliti.
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Nei testi che ho consultato, ben più autorevoli e colti
delle mie semplici osservazioni, pur non avendo trovato riferimenti che
propongano il rapporto luoghi/dimensione che descrivo qui sotto, vi ho comunque
riconosciuto, a seconda delle località lì trattate, le stesse "tipologie"
di oro oggetto delle mie riflessioni: le riporto qui a seguire.
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L'Oro nativo della miniera Chamuosira (detta anche di Brusson
o Fenilliaz, in Val d'Aosta) ha dimensioni varie e lo si può trovare sia in qualità di
minuti puntini sia sottoforma di campioni più appariscenti. La stessa
tipologia di oro la si trova in Val Gorzente
o zone limitrofe: a proposito di quest'ultima località, per una giusta
valutazione occorre considerare che pur essendo diventato oggigiorno assai
difficile (a livello amatoriale) estrarre dai suoi filoni campionature
apprezzabili, nei corsi d'acqua della zona sono invece ancora presenti significative pepitine che manifestano
quindi il tipo di giacitura aurifera del suo sottosuolo.
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Tornando invece alla questione "Brusson"(qui
sopra un esemplare cristallizzato anche nel modo detto "a coda di
rondine", della collezione dell'amico Dario Vighetti), i
suoi singoli
campioni d'oro possono talvolta raggiungere misure veramente notevoli, del peso di più
etti, come qui sotto, ed è questa una caratteristica che credo unica in
Italia.
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In
questa
foto, oro di faglia
trovato nella miniera di Brusson dall'autore del sito (Z.G.). Una
curiosità riguardante le reali dimensioni dell'oggetto: queste
corrispondono a circa cm. 15 x 10. Inoltre, essendo molto spesso ed
altrettanto ricco di oro anche al suo interno, è assai pesante.
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L'oro
nativo di Crodo, cioè quello
"visibile" nell'omonima zona mineraria che è altrimenti
caratterizzata essenzialmente da solfuri auriferi, è simile a quello di Orbeillaz in Val
d'Aosta (ed altre località) e da quel che mi
risulta è solitamente costituito da piccolissime presenze irregolari
appena visibili ad occhio nudo e ben distinguibili al sole. A Crodo queste sono spesso localizzate in piccole cavità limonitiche di
quarzo cariato e non è raro che su detti campioni presenzino anche
delle striature lamellari color grigio metallico di Cosalite,
perché si tratta di un'associazione
(combinazione) mineralogica tipica della zona, apprezzata e ricercata
dagli amanti dei particolari.
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Si potrebbe onestamente ribattere
che l'oro di Crodo invece non sia altro che pirite
aurifera il cui tempo, asportandola per marcescenza (da cui le carie createsi
sul quarzo) abbia messo in luce l'oro che conteneva; il ché è forse vero, ma solo in parte,
nel senso effettivamente che detto processo ha agevolato la
visibilità dell' oro, oro la cui radice risiede però realmente nel
quarzo, altrimenti non
potremmo trovarvelo ancora "attaccato", ed è un fattore
importante perché può far sperare in ritrovamenti più corposi. Per fare un esempio, se
provassimo a prelevare numerosi campioni in una miniera ricca di soli solfuri
auriferi quale quella di Bechaz (Ao), pur
scegliendo una delle sue zone più ricche e chimicamente alterate dal
tempo, ben difficilmente troveremmo punteggiature d'oro ancora incluse sul
quarzo e se anche ne trattassimo in qualche modo i solfuri, la sostanza
aurifera che contengono è sempre in forma di polverina o poco più.
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Anche il giacimento di Orbeillaz sopra menzionato
e che al tempo dei lavori fu oggetto d'interesse proprio per il suo oro
nativo piuttosto che per i solfuri, contiene simile giacitura, ma il suo oro
classico é leggermente più grosso (o
meglio, meno piccolo) e d'un colore assai vivace; chi l'ha osservato al
microscopio mi ha detto che é quasi sempre cristallizzato, cosa che se è
vera spiegherebbe dunque quella sua brillantezza estetica che ne permette
una facile individuazione. Nel filone di Orbeillaz (o nei sassi della sua
discarica) dette presenze aurifere amano inoltre distribuirsi sovente a
chiazzette composte da più punteggiature. |
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Oro
nativo nelle rocce granatifere. In un articolo del 1985
apparso sulla Rivista Mineralogia Italiana vengono descritti i risultati
di analisi eseguite (in questo specifico caso, nel complesso geolocicamente
denominato "Gruppo di Voltri") su rocce costituite da granati
che sono posizionate vicino alle vene aurifere locali; lo scopo di queste ricerche
consisteva nel cercare di comprendere l'origine dell'oro contenuto nei
filoni quarziferi della zona e ne risultò che, pur con tenori variabili o
anche minimi, nelle rocce granatifere il metallo era comunque sempre
presente.
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Questo aiuterebbe dunque a capire come
mai a Montjovet, in Val d'Aosta, area geografica certamente distante da
quella sopra menzionata, ma caratterizzata anch'essa da quel tipo di
rocce, qualche decina d'anni oro sono un cercatore trovò una singola ma
vistosa punteggiatura d'oro incastonata su di un campione contenente diversi
granati: sia questi che l'oro erano cristallizzati. Il
territorio di Montjovet è adiacente alla nota zona granatifera di
Bellecombe, anzi ne fa praticamente parte perché ne costituisce la prima fascia
mineralizzata che s'incontra risalendo il ramo principale della Valle: un
suo importante posto di ricerca
è ad esempio quello denominato "ponte delle capre", il
quale si trova proprio nei pressi delle gallerie autostradali che
precedono Saint Vincent e su cui fronteggia appunto tutto il versante di
Bellecombe. Merita notare che oltre
quest'area, cioè continuando ad indirizzarsi verso Aosta, sempre
sullo stesso versante trova poi collocazione il piccolo giacimento manganesifero di
Praborna dove è
stato individuato, in dimensioni assai contenute, Oro su Uvarovite (un
granato), che è una combinazione mineralogica di forte interesse per i collezionisti di
rarità e di minerali associati.
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