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| L'Oro
non luccica, non brilla e non riflette mai "a
specchio", a meno che non sia umido o colpito da una sorgente
luminosa diretta, e questo vale sia per quello "da
miniera" sia per quando lo si cerca sulle
rive dei fiumi:
è semplicemente di un giallo denso: può essere talvolta più
chiaro o più scuro, a seconda della quantità di Argento e Rame che
contiene, ma il suo aspetto è sempre piuttosto "grasso" e
solitamente appunto non molto "luccicante". Tutto questo al contrario di alcuni solfuri che
alterandosi formano sovente una patina superficiale molto
sfavillante, sgargiante ed ingannatrice. La Pirite è solitamente la
causa principale di questi possibili "inganni" ma è
strettamente caratterizzata dagli illusori aspetti di cui sopra, e
più in basso nella pagina troverete altre peculiarità al merito. L'oro ha forme irregolari e, pur nei suoi rari casi di
cristallizzazione, presenta spigolature visibilmente smussate ed
arrotondate, al contrario della Pirite che quando cristallizza si
mostra precisamente tagliente e definita.
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| Allo
stato naturale il minerale "contenitore" è il quarzo: non è mai
solamente appiccicato o incastonato su quest'ultimo, al contrario
dei classici cubetti di Pirite, ma proviene dal suo interno, per
cui, staccandone un campioncino dalla roccia madre è molto
probabile che ne rimangano ancora tracce sulla stessa. Dette tracce,
al contatto del polpastrello avranno ora la caratteristica di
"pungere" perchè si tratta dei residui dell'oro
strappato.
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Ancora sulla
Pirite, grande ingannatrice: La
Pirite (e suoi simili) è solitamente il primo minerale
che si mostra con inganno agli occhi del novello cercatore d'oro. Questo
perché alloggia volentieri anche sulla stessa roccia madre tipica dell'oro
(cioè il quarzo) e si presenta spesso d'un bel giallo lucente.
Come se non bastasse è anche lei piuttosto pesante. Beninteso, dopo un minimo di esperienza non si avranno più
dubbi a distinguere i due minerali, ma quando si è ancora nella fase di
apprendistato è piuttosto facile ritrovarsi vittima di questo
"broglio". per esperienza mia e di miei amici, penso si possa
dire che per almeno il novanta per cento dei casi valga una regola
psicologica al proposito: << quando si è nel dubbio, non è mai oro >>. Ovviamente non si possono però impostare le proprie
ricerche ed affidarne i risultati basandosi su simili ragionamenti empirici,
per cui è bene imparare sin da subito a distinguere l'uno dall'altra già
sul posto del ritrovamento, cioè con
una semplice analisi "a vista" facendosi aiutare sia dalle
indicazioni già suggerite in questa pagina, sia dalle righe qui
ancora a seguire: |
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La Pirite (cristallizza in cubi o simili di ogni dimensione)
può apparirci grigia oppure appunto gialla, ma i suoi piani, sia essa
cristallizzata o meno, sono solitamente lucidi e scalfendoli con uno
spillo la parte interessata si frantuma sbriciolandosi minutamente
mettendo così in luce colorazioni grigie e metalliche. L'oro, se trattato
allo stesso modo non si sbriciola nè diventa grigio, ma si deforma
mantenendo il suo naturale colore giallo. Va detto inoltre che la Pirite,
essendo un solfuro, se messa insistentemente a contatto col fuoco libera
inevitabilmente esalazioni di zolfo, cosa che naturalmente non può
accadere con l'oro. |
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| L'apparente inganno delle miche. Può capitare
(anzi capita sovente), soprattutto quando si ha a che fare con sassi
bagnati, di vedere pietruzze cosparse di bagliori ammalianti: sto
qui parlando della Mica, che è un minerale strutturato a guisa di
lisce foglioline sovrapposte in più sottilissimi strati. Dette
foglioline luccicano già da asciutte, ma quando bagnate sfavillano
letteralmente e considerando che, oltre ad esser bianco/metallico (varietà
detta Muscovite), possono anche essere gialle (varietà Biotite),
ben si capisce come sia possibile ad un primo impatto...scambiare
per oro quello che in realtà viene usato quale isolante per i ferri
da stiro a secco (aprendo uno di questi troveremmo appunto una
grande "foglia" (cristallizza infatti anche in quelle
dimensioni) di quel di cui abbiamo parlato
finora.
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Inutile dire che Oro e Mica
non abbiano assolutamente nulla in comune, è cosa scontata, però
quando un cercatore d'oro vede luccicare qualcosa di giallo...quanto lo
capisco! L'inganno comunque durerà solo una manciata di secondi o poco
più: ben presto si riconosceranno gli strati fogliformi della mica ed
altrettanto presto ci si accorgerà che facendovi pressione con le
unghie detti strati si riuscirà addirittura a "sfogliarli"
per poi rendersi conto anche della caratteristica più evidente che
caratterizza questo gruppo di minerali e cioè che si tratta di
sottilissimi cristalli al tatto molto elastici e flessibili (vedi
scheda sulle Miche e suo approfondimento). |
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La
Limonite. Si tratta di una sostanza il cui colore può variare
dal bruno scuro sino al giallo e si forma per alterazione di minerali
del ferro; può presentarsi come componente del terriccio stesso, oppure
sottoforma di stalattiti e, ancora, in veste di incrostazioni (foto a
lato) più o
meno solide su rocce e minerali. E' proprio in quest'ultimo caso che (se
gialla), in miniera reagisce alla sorgente luminosa con colorazioni
spesso...molto invitanti. Al tatto però si realizzerà ben presto che
questa si sgretola facilmente, per non parlare poi del fatto che se
portata all'aperto, trattandosi di un idrossido in non molto tempo
tenderà a disidratarsi e ridursi in polvere.
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La Pietra
di paragone. La si usa (ad es. gli orafi ecc.) per verificare
se un qualsiasi campione sia o meno d'oro. Si tratta di una
particolare pietra sulla quale, strisciandovi sopra
l'oggetto interessato, rimane appunto una striscia gialla. Versando
poi adeguate sostanze sulla striscia, se questa rimane si
tratta di oro, altrimenti no. |
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NOTE
STORICHE DA DOCUMENTI MINERARI ANTICHI.
1509:
facoltà concessa da Carlo di Luserna (nota z.g. per l'area
oggi del torinese e cuneese) , all'ebreo Samuele e Saltiel e suo figlio
Giuseppe, di valersi di una loro invenzione per estrarre oro ed argento
dai minerali senza fuoco, e di cercar miniere. Siamo
nell'Anno 1575, Vitale
Sacerdoti di Alessandria offre, ad Emanuele Filiberto, due ricette
sicure per fare oro, una che da il 90 %, per 15 mila scudi, l’altra
che da il 150 %, per 30 mila scudi. In questo periodo Emanuele Filiberto
esegue esperimenti alchemici con Paciotto, lavorando spesso per ore, e
compone o ricopia ricette per fare oro e argento; presso di lui arrivano
anche due francesi per fabbricare l’oro, ma si dileguano con una buona
somma. Anno 1701, 31 marzo. Istruzioni del duca al Marchese di
Priero, ambasciatore a Vienna, per accontentare, con tutte le riserve,
le richieste di Giovanni De Forni, piemontese residente a Vienna, il
quale aveva dichiarato di conoscere una persona capace di tramutare
l’argento in oro, e aveva chiesto 100.000 talleri per rivelarne il
nome. Per verificare ed acquistare il segreto è stato inviato a Vienna
il mastro uditore G. B. Picono, che pagherà soltanto dopo aver imparato
la tecnica dell’esperimento ed aver lui stesso prodotto oro vero,
certificato da una Zecca, e a tal scopo aveva portato con sé una
lettera di cambio dei banchieri Elia e Gamba di Torino, da presentare al
banchiere Bertolotti di Vienna. Seguì risposta di un esperto, con
parere negativo. 1594:
concessione perpetua a Claudio Ducayre e Gerardo Patrique per
crecare miniere in tutto lo Stato, e privativa trentennale per
utilizzare la loro invenzione. 1649:
documento che tra le altre cose contiene una nota D'Adda sul
suo nuovo sistema d'amalgamazione. 1760: Pietro Clerici afferma di conoscere un sistema per
separare oro e argento con una sola fusione e chiede "privativa di
utilizzo" e del minerale per fare prove (vi è anche il disegno del
forno). 1690:
accenni su di un "segreto" per trattare il minerale col fuoco,
ed un altro per trasformare in oro il poco argento che questo
solitamente contiene in lega (vedi). 1767 / 1771: tra i documenti di quegli anni compare anche una lettera
con la quale si comunica che verrà notificato, al marchese di Lustret,
la concessione reale di utilizzare il processo da lui inventato per
estrarre le pagliette d'oro dalle sabbie dei torrenti di Savoia. 1770:
progetto di Pietro Giuseppe e Marino Jaquemont per la raccolta dell'oro
nei fiumi con macchina da essi inventata e relativa richiesta di
concessione e privativa (che verrà loro accordata per il territorio
riguardante la Savoia, a patto di vendere il ricavato alla Zecca. 1770:
licenza a Pietro Giuseppe e Marino Jacquemont per la raccolta dell'oro
con esclusiva sull'uso della macchina da essi inventata, per 10 anni ed
obbligo di vendere il metallo alla Zecca. 1770
( ? ): concessione al marchese di Lustret per la raccolta
dell'oro nelle sabbie dei torrenti di Savoia con il procedimento da lui
inventato. 1795: il conte Abbondio della
Torre di Rezzonico, quest'ultimo in considerazione del fatto che
avrebbe introdotto un nuovo metodo di amalgamazione e sarebbe stato
totalmente impegnato alla direzione degli impianti (vedi nei docum.
sabaudi riguardanti
la val d'Ossola. 1801:
relazione di Antonio Cadorna che parla del segreto
d'amalgamazione custodito gelosamente. 1802
lettera sulla richiesta di premio da parte di Antonio
Zanni, che ha presentato un campione di minerale aurifero da lui trovato
nel dipartimento dell'Agogna (lombardia, pavia, nota z.g.). 1852: deposito di un atto da parte di Ignazio Lanza di Busca e soci,
per l'attivazione di un invenzione per l'applicazione galvanica alla
fondita dei minerali. |
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Approfondimenti di questa pagina
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