Proprietà
e caratteristiche. Andando nello specifico, la maggior parte
dell’oro contenuto nei sedimenti terrazzati (terrazzi auriferi) è costituito, quanto a
numero di presenze, da scagliette piccole e sottili (flakes) che sono
sovente impropriamente chiamate pagliuzze (paillettes in francese) la cui forma è molto varia, da grossolanamente
quadrangolare
a circolare, ovale, stellata, raramente allungata in forma di sottili
pagliuzze. I loro bordi possono essere più o meno regolari o molto
frastagliati, arrotondati o smussati, spesso con ripiegamenti su se
stessi più o
meno sviluppati ed evidenti e talvolta detto ripiegamento riguarda anche gran parte
o tutta la superficie (a sandwich) e in qualche caso può essere
ripetuto più volte, cioè su più strati, cosa osservabile con un
microscopio perché "a vista" ci apparirebbero semplicemente
lisce. Le dimensioni delle
scagliette variano da microscopiche, cioè praticamente invisibili ad
occhio nudo, sino a più di un
centimetro, con prevalenza di polvere minuta e di elementi con diametro o massimo allungamento minore di 0,5 mm;
discretamente abbondanti sono, comunque, elementi con dimensioni
variabili da 0,5 a 1 mm, frequenti quelle con dimensioni da 1 a 2
millimetri, rare ma come già detto presenti quelle di maggior misura.
Se
a occhio nudo la
superficie appare liscia, al microscopio risulta invece essere sempre molto
"bugnosa", martellata, talora con evidenti striature.
Come detto, data
l’estrema duttilità del metallo e le inevitabili abrasioni dovute al
trasporto, le scagliette sono comunque sempre molto sottili, con spessore (non
dimensione) estremamente variabile da pochi micron a meno di un millimetro, ma
naturalmente ci sono eccezioni, in particolar modo presso specifici
fiumi ben conosciuti ed apprezzati dagli estimatori.
Tutto questo
determina una grande variabilità di peso dei singoli campioni e, dato l’elevato peso
specifico (16-19 a seconda della purezza), scagliette delle stesse
dimensioni possono assumere pesi notevolmente diversi per le minime
variazioni dello spessore, pur mantenendosi di norma molto bassi
nell'insieme: infatti ai
fini del peso assoluto delle singole particelle, l’estrema
sottigliezza finisce per annullare gli effetti dell’alta
densità specifica che ha l'oro.
Le scaglie con spessore maggiore
invece cominciano ad
assumere significativa consistenza granulometrica e di conseguenza pesi assoluti di un certo
rilievo; da notare a questo proposito che le loro dimensioni sia in
quanto a spessore, larghezza eccetera tendenzialmente diminuiscono mano a
mano che ci si allontana dalla loro "fonte" (non del fiume, ma
del giacimento primario dal quale "scesero" nelle epoche
remote) e questo perché "più strada fecero a quei tempi,
più subirono varie percosse, schiacciandosi, frammentandosi e infine riducendosi
ulteriormente. Per contro e al tempo stesso, se ci si avvicina
troppo ai depositi primari di cui sopra solitamente non si trovano
neanche tracce di questa tipologia di oro perché l'azione post -
glaciale trascinò più a valle l'oro, minerali e materiali vari che
formarono in tal modo i terrazzi auriferi; per la localizzazione
geografica di questi ultimi (in Italia) basta inoltre dare un'occhiata
alle relative mappe per rendersi conto che sostanzialmente si trovano
tutti nell'area centro/settentrionale della Pianura Padana (cioé
esattamente sulla sin. orogr. del Po, con qualche accenno, ma breve o
isolato, anche sulla destra), tanto da
formare quasi un "unico" enorme tavolato ricco del nobile
metallo (vedi area
punteggiata).
I
corsi d'acqua che attraversano o lambiscono un qualsiasi terrazzo aurifero contengono ovviamente
anch'essi oro alluvionale, idem dicasi per i loro fianchi o rive e in
questi ultimi, a seconda dell'andamento del
fiume (sostanzialmente sue curve e corrente) si formano com'è noto le
"Punte", cioè isolate concentrazioni di materiale pesante,
tra cui l'oro nelle dimensioni e peculiarità già descritte e il primo
obiettivo dei cercatori "da fiume" consiste infatti nel
riuscire ad individuare dette Punte per poi sfruttarle al meglio con i
consueti attrezzi (canaletta, batea ecc.).
Quando
si lava. Nel corso dei lavaggi,
le caratteristiche di singole scagliette possono determinare anche grandi difficoltà
del loro recupero: le particelle d’oro più piccole e sottili ad es. tendono a
“galleggiare” per effetto della tensione superficiale,
fenomeno che aumenta se sono "sporche" (cioè con presenza di grassi e di argilla) e che rende
problematico il recupero di questo cosiddetto “floating gold”;
più
problematico ancora è invece l‘effetto "vela" provocato dalla corrente
d’acqua su scagliette di maggiori dimensioni, le quali, a seconda del
loro (evidentemente molto poco) spessore e della velocità dell’acqua, vengono trascinate
anche a
notevoli distanze.
Per quanto detto, non
è sempre vero che in corrente d’acqua le scagliette di maggiori
dimensioni, cioè più larghe, precipitino prima di quelle più piccole (come
ad es. sostenuto
erroneamente da Herail
nel 1984), anzi l’esperienza insegna che polvere e scagliette minute precipitano
prima e, nel corso dei lavaggi, il loro recupero è maggiore rispetto
alle scagliette più grandi. Del tutto inapplicabili sono poi i vari teoremi
sulla precipitazione dei minerali comunemente presenti in
alluvione, basati su peso specifico e diametro: a parità di diametro,
infatti, una scaglietta d’oro, essendo sottile per sua natura, può pesare meno di un granulo di
minerale a medio ed elevato peso specifico, come quarzo (2,6), granati
(3,4 - 4,3), ilmenite (4,7), magnetite (5,2) ecc.
Tutto
questo porta alla giusta e ovvia conclusione che per le
"nostre" ricerche amatoriali il corretto (o meglio, il migliore possibile)
posizionamento della canaletta è a dir poco fondamentale: si dovranno
assolutamente evitare in essa rigurgiti o ribollii dell'acqua, come si
dovrà accertarsi di tanto in tanto che il materiale versatovi
venga distribuito dall'acqua uniformemente in tutta la larghezza della stessa senza tendere invece ad "ammucchiarsi" su un
fianco o su un altro: insomma, la canaletta è uno strumento elementare
che segue leggi naturali ineluttabili e molto efficienti, (vedi nota
in basso), ma solo se gestita
"amorevolmente", con cura e attenzione perché altrimenti una parte dell'oro finirà senz'altro con l'uscire a valle della
medesima, insieme all'acqua e allo sterile.
Da notare al riguardo che
l’esperienza insegna che il recupero
dell'oro è (in proporzione, beninteso) maggiore
quando si tratta poco materiale con i soliti mezzi artigianali
(cioè batea, canaletta, setacci ecc.) e invece molto minore quando si
opera industrialmente anche se con attrezzature e macchine sofisticate.