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Quando i Cercatori d'Oro alluvionale si cimentano nei fiumi e torrenti italiani con Batea ed attrezzatura
varia, i ritrovamenti che ne conseguono sono solitamente caratterizzati
dalle classiche "scagliette o scheggette", così chiamate
in gergo dagli stessi cercatori per via della forma che ha infatti il metallo in
tale contesto. Si tratta in pratica di frammenti d'oro che, pressati e
trasportati a suo tempo dalla massa dei ghiacciai in fase di mutazione e
rotolamento durante l'adeguata epoca glaciale, si risolsero appunto infine
in piatti, spiaccicati "coriandoli" distribuiti
nell'area che oggi conosciamo. |
Alcuni fattori hanno però fatto sì che detti esemplari che
noi ora troviamo possano variare di quantità, dimensioni e
struttura a seconda del luogo di ricerca, e questo è a mio modesto avviso
un bene perché
stimola i cercatori d'oro amatoriali a "capire" per meglio
orientarsi nell'attività; l'immagine sulla sinistra mostra ad es. una
scaglietta del
fiume Adda fortemente ingrandita. |
Per quanto riguarda i depositi alluvionali ci sono
dunque sostanzialmente posti in cui le scagliette sono più grosse o più
spesse e, al contrario, aree con oro magari più diffuso
quantitativamente, ma minuto nelle sue singole dimensioni; questo dipende
in linea di massima dall'entità di percorso (quindi travagli) che il metallo fece
nell'era geologica sopraccennata prima di ridepositarsi nel nuovo habitat. |
Orientando invece l'attività nei confronti di alcuni
torrenti della Val d'Orba, si
avrà la seducente opportunità di trovare
piccole ma vere e proprie pepitine (non di rado ancora attaccate alla
matrice
come nel caso qui a lato, perchè questo distretto aurifero,
oltre ad esser interessato dal deposito alluvionale, dispone anche di vari
torrentelli contenenti tracce di oro nativo proveniente da filoni auriferi
poco distanti; è importante ricordare la fondamentale differenza tra le
due giaciture, nel senso che il metallo proveniente da questi giacimenti
primari ha in questo secondo caso fatto pochissima strada, quindi lo si trova
ancora
omogeneamente più o meno "corpulento" in entrambe le direzioni,
larghezza, lunghezza e
spessore, da cui la caratteristica forma (come in questa miniatura a sin.)
di oro semplicemente levigato
dagli agenti e che per definizione non rappresenta più una
scaglietta d'oro alluvionale, bensì una pagliuzza, granulo
o addirittura pepita
(piccola o grossa che sia), che come già detto hanno una fondamentale
differenza rispetto alle scagliette di cui sopra e questo
è descritto esaurientemente qui a lato in "Oro acque
chiarimenti". Da notare che se trovassimo il medesimo oro ancora
nel suo stato esattamente originario, cosa
realizzabile solamente dove il metallo non avrebbe subito alcuno stress
(quindi ancora sul filone aurifero, o tra materiale di discariche miniere
o in torrentelli vicinissimi a questi), esso avrebbe allora il aspetto
naturale, non ancora levigato
e mostrandosi in quelle che vengono definite
pagliuzze come nel
caso qui a lato:
ritrovamenti simili sono ad es. tipici frugando nel materiale di discarica
della miniera d'oro di Brusson (localmente chiamata Chamousira, pron.
Ciàmusira) in Valle
d'Aosta, ove al tempo dei lavori evidentemente venne gettato, oltre allo scarto una
pur minima (e tecnicamente comprensibile perché inevitabile) parte di
"buono". Una curiosità: quando le pagliuzze distaccatesi per un
qualsiasi motivo dalla matrice quarzifera non hanno più subìto
particolari "rimaneggiamenti" dopo quell'evento, toccandole con
le mani risultano da qualche parte quasi sempre pungenti perché laddove
sono state strappate dal quarzo si sono deformate e rese aguzze un
po' come accadrebbe ad un pezzetto di pongo frazionato manualmente. (e
questo ovviamente perché l'oro é un metallo assai duttile). |
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In
sostanza: |
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Un campione fortemente ingrandito di oro alluvionale: è
piatto, levigato, liscio e di solito sottilissimo. |
Pepitine assai rare nei depositi alluvionali, ma
non impossibili: ben levigate, di norma si sviluppano
significativamente anche nello
spessore. |
Pagliuzza trovata
in torrente alpino: come si nota, mostra ancora in parte le sue varie
spigolature d'origine. |
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Qui sotto, alcune pagine contenenti foto di esemplari fortemente
ingranditi per confrontarne le
caratteristiche a seconda dei luoghi in
cui sono
stati trovati:
1)
Oro del torrente Orco. 2)
Esempio di concentrato
Batea (torrente Orco). 3)
Pepita
torrente alpino. 4)
Elvo, le sue molte
scagliette e (rarissime) pepite. 5)
Chiaro
esempio di oro alluv. piemontese. 6)
Scagliette
in generale, dettagli.
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Infine,
ma non certo per ordine d'importanza, una peculiarità: della Val
d'Orba in generale si è già detto anche in questa pagina, ma in quanto a
"particolarismi auriferi" una particolare menzione va
sicuramente fatta al suo Rio Secco perché
lì è possibile trovarvi (beninteso, con una certa dose di fortuna ...)
pepitine dalla forma
del tutto singolare che non è stata finora individuata in alcun altro
andito del nostro Paese. In quella zona la natura si
è infatti sbizzarrita forgiando elementi d'oro filiformi, allungati, o
addirittura ad
anello come da foto qui in bianco e nero. |
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Fialetta con pepitine del Congo: come potete vedere, anche trovandosi
all'estero in località famose per la loro abbondanza del nobile metallo, non
bisogna comunque dare per scontato che lì sia facile trovare cose enormi:
anche lì, come al solito, dipende dai singoli posti
scelti per la ricerca. |
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Ma
quanto è puro?
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L'oro che si trova in natura non è
praticamente mai assolutamente puro, bensì combinato con piccole percentuali di minerali
o altri metalli, tra i quali
ultimi predominano sempre e simpatizzano volentieri il rame e l'argento;
può anzi capitare
(seppur cosa veramente rarissima, ma esistente) che contenga una quantità d'argento
talmente elevata da non esser scientificamente considerato più tale per
acquisire invece la definizione di Electrum e di questo ne
abbiamo ad es. un caso in Scandinavia).
L'oro
reperibile in miniera è di norma
ulteriormente meno puro perché si trova ancora
nelle sue condizioni originarie, mentre quello dei fiumi, dal canto suo,
avendo subito vari travagli soprattutto per gli antichi tramestii avvenuti
durante la
formazione del deposito alluvionale post glaciale che
fecero sì che dai filoni di cui sopra venne
"trascinato" fino alle aree in cui noi oggi lo
raccogliamo, proprio durante detto trasloco si liberò
gradualmente e notevolmente dalle sostanze estranee sopraccennate risultando infine
significativamente vicino alla purezza (pur non
essendolo ancora del tutto), operazione tra l'altro ulteriormente
rifinita un po' anche in tempi a noi più recenti nel corso di
altri avvenimenti fisici quali il suo spostamento nel mentre
che si formano le Punte o la semplice azione dell'acqua (idrolisi)
cui è soggetto ecc.
A titolo indicativo e per fare un
paio di esempi pratici, per
quanto riguarda la situazione delle miniere o dei filoni
sopraccennati, cioè di giacimenti primari, basta considerare ad
esempio la miniera di Chamousira (situata in Val d'Ayas) ed i
filoni che la interessano: portai personalmente ad analizzare una
modica quantità di quell'oro e ne risultò una "qualità" media che si aggira sui
750 millesimi, mentre quello alluvionale che cerchiamo sull'Elvo,
Ticino ecc. risulta superiore ai 900 millesimi.
A
questo punto (e a chi servisse) per capire appieno il contesto
occorre chiarire un paio di concetti tecnici, cioè che la
purezza dell'oro si misura sia in Carati (24 carati significa oro puro)
sia in millesimi (da cui 1000 millesimi significa anch'esso metallo
assolutamente puro): è dunque la stessa cosa, cambia solo l'unità di misura
utilizzata. Ora, definito questo e facendo le opportune
proporzioni di calcolo, ne deriva ad es. che un qualsiasi campione,
oggetto o gioiello d'oro a 18 carati corrisponde necessariamente a 750
millesimi, cioè tre quarti di oro con aggiunta di qualcos'altro e dico
questo perché se noi guardiamo ad es. all'interno di una fede
nuziale, quasi senz'altro vi troveremo riportata, piccolissima,
la dicitura "750"; è questo infatti il classico formato di
"taglio" che si dà all'oro lavorato, perché se invece si
facessero anelli o collane con oro puro, al di là del dispendio
eccessivo e superfluo sul quale si potrebbe pur discutere,
l'oggetto ottenuto risulterebbe comunque troppo tenero,
suscettibile a graffi e, sotto pressione, deformabile.
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