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TRADUZIONE DALL' ESSAIE GEOGRAPHIQUE di ROBILANT |
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Al di qua della Serra d'Ivrea
si trova la vallata della Dora Baltea, le cui acque trasportano
anch'esse Oro, dal limite superiore dell'abitato di Montjovet sino
alla confluenza con il Po.
Scendendo questa valle, si è portati a considerare le montagne di
Challand, che sono state oggetto di ricerca di importanti miniere
d'oro di cui io fui il movente principale e non sarà fuori luogo
che ne descriva qua la storia in poche parole.
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"Nel 1740 un
contadino, scavando sotto un ginepro, trovò un pezzo di metallo che
prese per del bronzo poiché esso era spugnoso e pieno di terra
rossa: questo pezzo che pesava diversi marchi, fu seguito da alcuni
altri campioni più piccoli; se ne fece la scoperta al di sopra della parrocchia di Emarese,
all'entrata di un bosco di pini che si estende fino in cima alla
montagna d'Arbaz.
Questo oro fu pesato a Verrès dove in più riprese, rese oltre 40
marchi e la sua qualità superava il titolo di 22 carati.
Alcuni mercanti avendolo comperato a buon prezzo da quelli che lo
avevano trovato, lo rivendettero a Ginevra.
Il Governo essendo stato informato di questa scoperta inviò gli
esperti delle Finanze per esaminare il terreno: Essi vi trovano
ancora un po' d'oro sempre mischiato e coperto da terriccio e
pietre, ma senza alcuna continuazione né indizio di filone. |
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Si
scoprì nello stesso tempo nella montagna di
Challand, nel villaggio di Pesan, dell'oro nativo in lamine nel quarzo
di un filone chiamato
Bouchey, che venne fatto saltare con polvere da
sparo.
Venne mostrato al re uno di questi pezzi di quarzo tutto pieno di lamine
d'oro nativo del valore di 150 libbre, di conseguenza si scavò un po'
in questo filone ma ci si stancò ben presto e si abbandonò l'impresa
nel 1752.
Successe, durante l'estate dello stesso anno che, informato della
ricchezza di queste località, io andai a perlustrare tutta la zona
dalle alture di Emarese fino in fondo al villaggio di Quinçod ed alla
"Goia di Pauline" che è una
cascata del Torrente Evançon.
In questa occasione si visitarono le località di Bouchey, del Bouret,
della Grande Guillate, di Viabecchia,
della
Borna d'Oreno e di
Arbaz, quelli che sono sotto il castello di Challand e in tutto il corso
dell'Evançon e, le rovine sopra il Pison d'Arles che è un'altra
cascata del torrente.
Tutti questi luoghi avevano dei piccoli filoni di quarzo con Galena
da 3 a 5 once
per quintale, con dell'Oro.
Quello d'Arbaz, il filone principale che divide questa montagna e che si
mostra dalla parte di Aval verso est, largo 2 piedi e incorporato nel
quarzo: il minerale che se ne estrae è lucido e contiene piombo e
argento aurifero. Ci si introdusse in questi filoni tramite delle
gallerie ma a causa dell'estrema durezza della roccia il lavoro avanzava
poco; si trovò nel filone d'Arbaz, che venne "assaggiato" per
breve tempo, il bellissimo minerale, verde e marrone, incorporato nel
quarzo "sauvage" e con dei cristalli esaedrici.
Si trovò nella località Bouchey, nel pozzo
alla profondità di sei tese, l'oro nativo in
lamine: fu nel 1758 che io ebbi per caso la fortuna di trovarlo per
primo. Vennero inviati dei campioni a S. M. e ne venne ricavato un
lingotto di cinque once; ma secondo i rapporti di lavoro questi indizi
favorevoli sparirono perché il filone che era incorporato in una pietra
molare rossastra si ramificava. |
Siccome
avevo a suo tempo fatto iniziare alla profondità di trenta tese
una galleria per lo sfogo delle acque e che attraversava il giacimento
in senso contrario e la roccia di riposo era di una durezza estrema,
feci fare una svolta a sinistra dove la roccia che era scistosa e più
morbida avrebbe dato forse qualche speranza di miglior successo se si
avesse avuto la costanza di proseguire quanto una volta iniziato e
abbandonato dopo sei anni di ricerche, le quali ad esser sinceri, non
comportarono grosse spese.
Devo ancora aggiungere che nella zona di Mont Salé
sopra l'alpeggio di Arbaz, si scoprirono in un bosco più filoni
quarzosi che erano stati lavorati con il fuoco dai salassi ma erano
così intasati di macerie e allagati che non ci fu sistema di
osservarli.
Siccome questi si mostravano paralleli tra di loro, feci scavare ad una
profondità approssimativa di dodici tese
un "Travers-Bancs",
per incontrarli tutti: ma questa traversa non riuscì a raggiungerli a
la sospensione del lavoro di questi luoghi fece abbandonare tutto.
Si era accennato a proposito del Pison d'Arles,
nella montagna sopra Challand, di vene di quarzo molto grosse e
fortemente suddivise tra quarzo e terre rosse con vene di pietra molare;
siccome questo posto non è che a mezz'ora di distanza da quello di
Emarese, feci "assaggiare" i filoni e i blocchi erratici che
si trovano ai piedi della montagna, tra i cespugli e, facendo rompere
parecchie di queste pietre quarzose, si trovarono dentro a queste ultime
due pezzi d'oro nativo, spugnoso e impastato di terra rossa, che
presentavano una struttura particolare in lamine e che si custodisce
nella sala dell'arsenale con qualche altro pezzo più piccolo che si
trovò lavando il terriccio delle fenditure dei blocchi. Ma essendo la
mia idea quella di definire qualche lavoro in questi filoni evidenti e
di rimuovere per fare una ricerca sistematica tutti quei blocchi e quel
pietrame onde lavarne il suolo sottostante e ricavarne l'oro che doveva
probabilmente esservi disseminato, rimandai queste operazioni a tempi
più favorevoli. |
Il corso del torrente Evançon offre da molti anni una continua pesca
dell'oro: affinché questa venga fatta con criterio, io pensai fosse il
caso di suddividere l'estensione tra differenti gruppi di persone, le
quali nel periodo di abbassamento delle acque, sarebbero vincolati ad
accudirne.
Si ebbe così la fortuna di trovarvi, questo modo, un sasso di quarzo
tutto penetrato d'oro che fu pagato 50 Luigi.
Lo si ruppe e lo si pose nella Sala Mineralogica dell'Arsenale; se ne
trovò pure un altro di oro massiccio, levigato, che si portò e
conservò anch'esso nella Sala di cui sopra.
Questi lavaggi
diedero tutti gli anni qualche Marco d'oro, al titolo di
22-23 carati. Avrebbero reso ancora di più se fossero stati guidati da
quegli ungheresi di cui avevo già descritto a suo tempo il metodo di
lavoro e che sono infatti i più adatti per ricavarne il più possibile
da queste "pesche" affidate a persone senza forza e senza
ingegno.
Devo inoltre dire per un maggior chiarimento a proposito di questi
lavaggi, che insieme alle pagliuzze che si trovano in una terra bianca e
argillosa, si rinvengono anche Granati, Manganese,
Magnetite
polverulenta e che il sasso compenetrato d'oro di cui sopra è stato
trovato a 50 passi da una cascata dell'Evançon dove le acque, dopo
molte curve, si riversano fino alla Dora Baltea.
Tutti pensarono che doveva esservi là una grande ricchezza: con questa
convinzione un negoziante decise di deviare il corso d'acqua in
prossimità della cascata tramite delle diramazioni laterali per
vuotarne il bacino sottostante e riuscì nell'intento ma non ne ricavò
che molto poco oro che non lo ripagò assolutamente. |
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