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Storia mineraria

 

 

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Breve introduzione riassuntiva. Se si dovesse fare un sunto quasi didascalico della storia mineraria della Val d'Ayas si potrebbe allora dire che, dopo la remota "era" interessata dalla popolazione locale dei Salassi, e poi quella a seguire data dall'affluire e dalle conquiste territoriali in generis dei Romani, periodi dei quali in questo ambito geografico/ minerario purtroppo ci è stato tramandato ben poco se non qualche vaga traccia di piccoli scavi isolati e oramai mitigati dal tempo e dalla vegetazione (comunque c'è una scheda qui a lato), si potrebbe dire che la prima persona che si dedicò attivamente e con insistenza ai filoni di questo distretto minerario fu Nicolis de Robilant, o perlomeno è da questo punto di riferimento in poi che disponiamo d'informazioni storiche attendibili e ben dettagliate con tanto di rapporti minerari, opinioni, progetti sul da farsi eccetera.  Le possibili ricchezze del sottosuolo di questa zona, dopo Nicolis de Robilant (che, qualunque ne sia il motivo, di per sé stesso non trovò molto oro), subiranno un lungo periodo di disinteresse fino all'arrivo dei "famosi" inglesi: famosi perché si tratta della Società che, disponendo di considerevoli mezzi (anche economici), dopo aver acquisito legalmente le necessarie concessioni minerarie, in quegli anni sfruttò contemporaneamente con lavori in vasta scala non solo quelli che risulteranno essere i principali giacimenti auriferi di questa zona, ma anche la maggior parte delle analoghe miniere poste nelle altre vallate dell'arco alpino. Gli inglesi (Gold Mining Evancon Company) agiranno in val d'Ayas dal 1897 al 1911 e ad essi seguiranno poi i Rivetti (di Biella) dal 1935 al 1948: tralasciando occasionali interessamenti da parte di altre ditte che però in sostanza non intrapresero alcun lavoro effettivo, queste due sono le uniche società che realmente sfruttarono l'oro locale. Quando infine anche i Rivetti abbandonarono il campo, alcuni singoli paesani tentarono la fortuna "in proprio", anche perché agevolati dal fatto che conoscevano i sotterranei avendovi già prima lavorato per conto dell'ultima società di cui sopra, ma l'unico che riuscì a dare un senso al suo operato fu Florindo Bitossi, il quale si dedicò per moltissimi anni all'oro di queste miniere e visse economicamente con la rendita di quel che trovava.

 

 

A questa mappa (di A. Stella, 1943) che riporta le miniere locali, ho aggiunto alcune cose (filoni, miniere, oltre la toponomastica attuale per renderla utile all'oggi) e riposizionato meglio il tutto perché secondo me in un paio di casi i filoni non corrispondevano correttamente ai nomi indicati sulla sua "locandina" originale posta in alto; consiglio quindi di non fare particolarmente conto su detta locandina, ma attenersi invece semplicemente su tutto quanto è visibilmente riportato sulla mappa. Cliccando sulle varie voci si aprono automaticamente le pagine o note che descrivono la situazione attuale dei cantieri e, se questa non disponibile, il loro contesto descrittivo "antico". Inoltre va precisata una cosa, cioè che durante le mie ricerche materiali fatte sul posto, che richiesero due o tre anni di scampagnate esplorative, cercai d'individuare con "discreta precisione" (ma si sa, la perfezione è d'altro mondo ... ) il totale dei cantieri "avviati"  a loro tempo in zona, e riconobbi così di persona 97 ingressi minerari, indifferentemente dalla lunghezza delle loro gallerie, cioè considerando anche ad es. brevissimi "assaggi" di solo un paio di metri. Questi non li ho aggiunti nella mappa, tranne un paio meritevoli d'interesse, per non trasformare la stessa in un guazzabuglio di nomi che avrebbero ostacolato la veloce localizzazione dei cantieri che sono realmente più significativi.  

 

 

Questa cartina mostra dunque i principali filoni di questo distretto minerario che finora sono  stati "riconosciuti ed in qualche misura esplorati": Qui il paese Brusson ("Brussone" sul margine superiore della carta) corrisponde, come orientamento, alla direzione "a monte" della valle. Si notino al merito due cose: 1) Quasi tutti i filoni individuati nei tempi, si trovano sulla destra orografica (quindi alla nostra sinistra, risalendo la valle), fianco nel quale, ormai si sa, l'oro è presente quasi esclusivamente in forma polverulenta all'interno dei solfuri (pirite aurifera ecc.) e, laddove sia invece occasionalmente visibile sul quarzo, ha comunque di norma dimensioni assai contenute, cioè quasi sempre poco più che "puntini", in taluni posti anche diffusi sullo stesso campione, ma piccolissimi. 

2) Chamousira (pronuncia "Ciamusìra"), cioè la miniera d'oro di Brusson nota per la la sua generosa giacitura (rarissima in Italia) di Oro Nativo, si trova invece sul lato opposto ed è qui segnalata insieme soltanto al filone di  Gaebianche e a un paio d'altri che s'interpongono tra i due: considerando tutto quanto ho appena scritto e soprattutto visto il valore economico del nobile metallo (a quei tempi inoltre molto più elevato rispetto all'oggi) mi viene spontaneo riflettere su due cose. La prima si riferisce ai ricercatori più antichi, cioè Robilant ecc. i quali, avendo individuato facilmente (perché ce ne sono di più) molti filoni e relative mineralizzazioni (a quei tempi anche il semplice rame era ricercatissimo)  sul "fianco Arbaz/Bechaz", concentrarono praticamente tutte loro attenzioni appunto sulla destra orografica tralasciando il pur visibilissimo filone Fenilliaz che si trova sull'altro lato vallivo. Si tratterebbe insomma di unna sorta di spiegazione possibile sul fatto che ad es. il Robilant fece scavare innumerevoli gallerie, pozzi, assaggi qua e là, spesso con risultati finali scarsissimi, senza mai incappare, neanche per caso, nei filoni della ricchissima Chamousira.

La mia seconda riflessione è rivolta invece proprio a quest'ultima miniera, o meglio, alle due società che l'amministrarono per sfruttarla: comprensibilmente queste si dedicarono "anima e corpo" ad estrarne il suo oro, cosa che fecero realizzando diverse gallerie e vastissimi sbancamenti interni tra le medesime, con risultati sicuramente gratificanti, quindi probabilmente in quell'area le loro attenzioni furono rivolte quasi esclusivamente alla miniera in questione.

In sostanza mi domando semplicemente se si cercò abbastanza su tutto quel fianco della vallata e se sia proprio garantito che non vi presenzino altri filoni analoghi a quelli di Chamousira, senz'altro più piccoli, meno evidenti, ma che a livello di nostre ricerche individuali potrebbero rivelare importanti sorprese.

 

Un caso a parte è invece la miniera di La Sache, perché non essendo d'oro, bensì sfruttata per il ferro, le due società sopra menzionate non se ne interessarono minimamente: se ne occupò invece il "Consorzio Agrario Cooperativo della Provincia di Novara e della Lomellina". A lato pagina c'è la scheda che ne parla.

 

 

 

 

 

 

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