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FILONI.
Nelle vicinanze di Gondo (Ruden), nel Vallese, subito dopo il
confine italiano, è nota da
sempre la presenza di filoni auriferi sulla
destra orografica del torrente Vaira o Zwischberger, affluente di destra
del torrente Diveira, |
di fronte al villaggio che da’ il nome tedesco
alla valle e viene spesso associato a quello principale per meglio
specificare l’ubicazione di questo giacimento (Gondo-Zwischberger).
I filoni, una
ventina in totale, si sviluppano paralleli, con direz. |
Pagina
che ho
realizzato insieme al dot.
Giuseppe
Pipino. |
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NW-SE, lungo
il versante nord-occidentale del Pizzo Piolton, o Camulerhorn, dalla cui
vetta, a quota 2610, passa il confine di Stato. Si trovano dalla quota
di scorrimento del torrente (1050) a circa 1570, in zona chiamata Camussetta
e attraversata dal rio dello stesso nome, Bühl in tedesco. Si
tratta di tipici filoni di spaccatura verticali, con pendenza variabile
da 70 a 85 gradi, generalmente poco spessi, ma talora ravvicinati fino a
costituire bande decimetriche. Sono incassati nello gneiss ghiandone a
due miche (Gneiss di Antigorio) e concordano con l’intensa
fratturazione, fino a laminazione, della stessa roccia: solo localmente
proseguono, seppure di poco, in una banda di rocce carbonatiche e negli
gneiss di Lebendun che, verso quota 1570, copre gli gneiss
mineralizzati. I filoni si chiudono e si riaprono (a rosario) lungo la
stessa frattura, assumendo il solito aspetto lenticolare; lo sviluppo
lineare massimo dei singoli corpi è di circa 500 metri (filone Maffiola),
lo spessore raramente superiore ai 50 centimetri. Spesso si tratta di
sottili vene, talora molto ravvicinate, intervallate da bande di roccia
fratturata, che tendono a riunirsi in un unico filone; frequentissimi
sono le bande di materiale argilloso, impregnato di solfuri in
decomposizione, che sostituiscono le vene quarzose lungo gli
allineamenti ospitanti. I filoni più consistenti sono generalmente
costituiti da breccia gneissica, più o meno caolinizzata, cloritizzata
argillificata e limonitizzata, cementata da vene centimetriche di quarzo, con scarsi carbonati ferriferi e con occasionali concentrazioni
di minerali piritosi, cui si accompagnano altri solfuri e solfosali. Le
zone più ricche sono costituite da limitati ammassi (tasche), lunghi da
4 a 20 metri e spessi al massimo 30 centimetri, la cui posizione
è imprevedibile: BURTHE (1875) ne tenta la localizzazione con
studi di dettaglio sulle diverse direzioni dei campi di frattura che
interessano i filoni, confrontate con quella di altri giacimenti noti.
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MINERALIZZAZIONE.
La paragenesi metallica è costituita da pirite,
assolutamente prevalente, accompagnata da calcopirite, blenda, galena,
pirrotite, cubanite, valleriite, rutilo e oro
libero. Vi è stata riconosciuta anche la discreta presenza di
solfosali di bismuto (scapbachite, matildite, emplectite), oltre a
microscopiche inclusioni, nella pirite, di tellururi d’oro (nagyagite,
calaverite) e d’argento (hessite); localmente sono molto diffusi gli
ossidi di ferro di alterazione (limonite e goethite) e minerali
cupriferi secondari (malachite, azzurrite, rame nativo). L’oro
nativo è molto sporadico allo stato libero, mentre è abbastanza
diffuso nella pirite, specie quando questa è associata a minerali di
rame. Le fonti più antiche sono concordi nel riferire che il
minerale più ricco era costituito da pirite cuprifera (calcopirite): per ROSINA
(1819) quella coltivata dai "signori fratelli Maffiola "...
era pirite auro-cuprifera nel quarzo"; per FANTONETTI (1836), i
fratelli Pirazzi Maffiola, dopo il recupero dell’oro per amalgamazione, fondevano il residuo del minerale "…
onde
cavarne il rame argentifero"; per SCHMIDT (1903), i
filoni più ricchi erano quelli attraversati da vene cuprifere.
Il
contenuto d’oro dei filoni è molto variabile, da
zero a 200 grammi d’oro per tonnellata e più, mentre quello d’argento
può localmente superare i 500 grammi. Dal filone Maffiola,
coltivato nella prima metà dell’Ottocento da Bartolomeo Pirazzi
Maffiola, sarebbe stato estratto minerale contenente addirittura
1100 grammi d’oro per tonnellata, e solo poco più di 100
grammi d’argento. I contenuti più elevati dei due metalli, ma specie
dell’oro, sembrano dovuti alla presenza dei tellururi. Va detto che
gli elevati contenuti d’oro si riferiscono a campioni di minerale
piritoso ricco, prelevati dal materiale cernito per essere sottoposto a
trattamento. Dai dati di produzione, analizzati da GYSIN (1930),
apprendiamo che la media, nel minerale trattato, è stata di 14,1 grammi
d’oro per tonnellata negli anni 1894 - 95, questo quando la ridotta
capacità degli impianti obbligava a una cernita più accurata e,
invece, di 4,2 grammi negli anni 1895-96, quando il
super-dimensionamento del nuovo impianto consentiva di trattare minerale
meno scelto. Le fonti non ci dicono nulla sul rapporto fra minerale
utile, inviato al trattamento, e lo sterile eliminato a monte, ma
denunciano l’esistenza di filoni e di tratti di filone completamente
sterili: impossibile, quindi, farsi una idea precisa del tenore
medio del giacimento, nel suo complesso: secondo la "Schweizerischen
Geotechnischen Commission" (1993), a Gondo sarebbero state
estratte 250.000 tonnellate di minerale "degno di trattamento"
ed inoltre ne resterebbero altrettante, il tutto con tenore medio di due
grammi d’oro per tonnellata, ma quando si consideri, a livello
industriale, tutta la roccia che necessariamente deve essere estratta
assieme alle vene quarzose, il tenore è certamente più vicino allo
zero virgola.
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Filoni:
I Silzaly, II Bruno, III de la Fumée, IV de la Fontaine, V Julie,
VI Maffiola,
VII Roma, VIII Camozetta, IX Alcide, X Minna.
Gallerie: 1
Camozetta, 2 Stockalper, 3 Maffiola, 4 Fontaine, 5 Cropp,
6 Baglioni,
7 Vinasque, 8 Silzaly. (Puoi
vedermi ingrandita) |
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Un filone a
carattere diverso, peraltro sterile, affiora saltuariamente, a nord dell’area
mineralizzata, lungo la parte alta del rio Tanneg, da quota 1480 a 1700
circa, e interessa, nella parte finale, anche il livello di rocce
carbonatiche che ricopre gli gneiss. Assume direzione prossima a
ovest-est ed è essenzialmente costituito da frammenti di gneiss e di
calcari alterati, con scarso quarzo e con presenza di calcite:
l’analisi di un campione, pur raccolto nella zona più quarzosa, non
ha rivelato tracce d’oro, ma soltanto scarso contenuto d’argento.
I filoni di
Gondo, (secondo FANTONETTI e poi FROMENT) proseguirebbero all’interno
del Pizzo Piolton per riaffiorare nella Valle Bognanco. In effetti, in
quest'ultima è nota la presenza sporadica di vene quarzose aurifere,
oggetto di antiche ricerche minerarie che non hanno, però, evidenziato
giacimenti degni di interesse.
Tralasciando
però qui i filoni di scarso interesse aurifero, altri filoni in qualche
misura interessanti si trovano invece nei monti a nord-ovest di Gondo,
alle falde del M. Leone, a quota 1500 circa, nei pressi dello Chalet
Presa. Questi affiorano pure negli gneiss di Antigorio, con giacitura e
aspetto simile agli altri, tanto da sembrarne la prosecuzione: le
analisi di un campione di breccia rocciosa con quarzo, ricca di pirite
(più del 25% del campione), hanno evidenziato contenuti di oro variabili da
3,6 a 4,4 grammi per tonn. e da 15 a 38 di argento. La
pirite, separata dal campione, ha evidenziato contenuto d’oro
variabile da 8 a 11,2 g/T. |
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