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Per coniar
monete occorreva la materia prima e la
più largamente usata fu l'argento. Per l'occasione, la Sardegna sud
occidentale divenne rinomata rinomata in tutta Europa per l'esportazione
di un argento di ottima qualità. Già nel XII secolo gli scritti del
geografo arabo Al Edrisi avevano segnalato il bianco metallo presente
nell'isola, ma solamente più tardi, con l'arrivo del conte Ugolino
di dantesca memoria (...la bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator,
forbendola ai capelli del capo ch'elli avea...), si
potrà parlare di un vero e proprio inizio dell'attività estrattiva in
questione. Il conte fondò una città mineraria battezzandola Villa di
Chiesa, nome che la successiva dominazione spagnola trasformò
nell'Iglesias che tutti conosciamo. Lo sviluppo minerario dell'iglesiente é esemplare e
può fornire uno spaccato storico dei metodi di estrazione, lavorazione
del metallo ed organizzazione sociale dell'epoca; ad esso collaborarono,
in ordine di tempo, i figli del conte, la città di Pisa e
la Spagna. |
Ugolino lasciò assoluta libertà all'iniziativa
mineraria e la cosa fece lievitare in breve tempo il numero degli
abitanti della zona favorendo così lo sviluppo di una classe di tecnici
che farà la fortuna della zona. per scavare non c'era bisogno di
concessioni perché si mirava concettualmente all'incremento della
produzione. Vicino a Villa di chiesa (Iglesias) vennero così
individuati e sfruttati molti giacimenti argentiferi; si crearono i
relativi stabilimenti per la lavorazione del metallo e fu anche avviata
la lavorazione del Piombo quale sottoprodotto: Si costruì perfino una
zecca nella quale i figli di Ugolino coniarono le prime monete "di
produzione locale". Non altrettanta fortuna ebbero però
storicamente i diretti artefici di tale progresso e cioè i figli di
Ugolino, i quali infatti subiranno di lì a poco la pesante
intromissione di Pisa che arriverà a governare direttamente la città
"da loro creata". Quanto all'attività
estrattiva, i pendii dei monti venivano perforati da centinaia di pozzi
poco profondi vicinissimi l'uno all'altro, cioè quasi adiacenti, che
sfruttavano piccoli filoni in superficie: erano pochi i cantieri che per
estensione e profondità necessitavano di particolari investimenti di
capitale e susseguente organizzazione societaria. In quest'ultimo caso
venivano formate le "trente", ovverosia società suddivise in
quote azionarie tra gli investitori del capitale. Il minerale estratto,
cioè la vena madre veniva staccato praticamente a colpi di piccone e
trasferito sulla vicina superficie dove avvenivano le prime fasi di
cernitura e lavorazione. Lì c'erano infatti i "pestatori" che
riducevano a grossi colpi di martello il minerale, operazione sommaria,
ma sufficiente a permettere ai seguenti "stimatori" una
valutazione del materiale che intendevano acquistare (per conto del loro
datore, l'imprenditore metallurgico a quei tempi chiamato "Guelco"). |
La colatura dell'argento costituiva di gran lunga la
parte più costosa di tutte le operazioni e richiedeva l'impiego di
considerevoli impianti: i relativi forni per la fusione erano
localizzati nei pressi di corsi d'acqua che, tramite ruote idrauliche,
erano così in grado di muovere i mantici dei forni stessi. Si trattava
della tipologia di sfruttamento idrico per ottener energia già in uso
dal 1200 nelle miniere d'argento di Trento e che, per l'appunto, nel
secolo a seguire entrò in uso in quasi tutti i distretti argentiferi
europei.
Con l'avvento della dominazione spagnola la laboriosa e costruttiva pace
sociale s'infranse, cosa che ci é dimostrata anche dalle numerose
rivolte in città nate dal profondo disagio economico che si stava ora
invece abbattendo sulle spalle dei cittadini. La situazione. con gli
spagnoli, era infatti drasticamente cambiata e ci si avviò così, tra
insoddisfazione alternata a momenti di effimera pace, ad una purtroppo
inarrestabile decadenza della zona mineraria, la quale sarà infine
completamente (ma solo provvisoriamente) abbandonata nel XV
secolo. |
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