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M. Evo amalgamazione

 

 

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Mercurio e Oro: l'amalgamazione nel Medioevo e dintorni.

 

  

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Nel Medioevo si apprende e sviluppa l'amalgamazione: con questo termine s'intende la peculiarità tipica del mercurio (per quanto apparentemente liquido, è un metallo) di combinarsi spontaneamente e principalmente con oro (e argento). Questa scoperta richiese però molto tempo prima di poter per essere ben definita e utilizzata proficuamente: erano infatti, come si suole dire, anni "oscuri" in cui i confini di  alchimia, scienza, magia, mistica e leggenda non erano per niente definiti.

Il mercurio era infatti da taluni considerato una sorta di pietra magica o divina sia per il suo aspetto sia per il suo modo di reagire che aveva quando messo a contatto con determinati elementi: altri invece (forse la maggior parte degli studiosi) lo ritenevano in grado di "creare letteralmente" l'oro e che per ottenere questo occorresse seguire una formula, cioè  aggiungergli determinati elementi (tra i quali, nota bene, solfuri o pietre macinate finemente) e far cuocere poi l'amalgama ottenendo infine l'agognato metallo (senza rendersi conto che avevano semplicemente trovato l'oro che vi avevano già messo inizialmente. Alcuni di questi,per il buon funzionamento della "formula" aggiungevano sin da subito alla mistura anche un pizzico di oro ... il che dice tutto.

A confondere ulteriormente le cose ci pensavano poi gli imbroglioni che per far credere di essere maghi mostravano ai malcapitati del mercurio cui a loro insaputa era già stato  preventivamente amalgamato oro, quindi ne aggiungevano sotto ai loro occhi un altro pizzico "dimostrando" così, a procedure ultimate, che quel pizzico si era moltiplicato a dismisura.

Detto questo, tempi addietro Vitruvio (vedi preced. pag.) aveva già parlato di amalgamazione a proposito del suo utilizzo per le arti ed altre pratiche "urbane", ma grazie a Theofilo si ha invece finalmente la prima descrizione del recupero di oro alluvionale col mercurio, operazione alla quale l’autore, vissuto in Germania, potrebbe aver assistito personalmente: <<Vi è anche uno altro tipo di oro, chiamato sabbioso, che si trova lunge le rive del Reno in questa maniera: la sabbia viene scavata nei punti deve ci si spetta di trovare oro e viene messa su tavole di legno; poi si versa attentamente dell'acqua in modo che la sabbia scorre via e resta dell’oro molto fine che viene recuperata e messa in un piccoli vasi; quando il vaso è mezzo pieno vi si versa del mercurio e si agita fortemente con le mani fino a quando tutto è ben mescolato assieme; poi si mette in una pelle sottile e il mercurio viene strizzato fuori. Quello che resta viene posto in un crogiolo e fuso>>.
La successiva segnalazione ci riporta in Nubia e si ricava dalla Descrizione
dell’Africa e della Spagna
del geografo arabo Al-Edrisi che visitò la regione intorno al 1154. Nella sezione II dell’opera il geografo cita il paese di Wangara come il paese dell’oro e specifica che Wangara è un’isola nella quale, nei periodi di magra, <<...  vengono da tutto il Sudan a cercare oro nel Nilo>>. Accenna poi alle miniere d’oro che si trovano a 15 giornate da Syene (sez. IV) ed infine alle celebri miniere dette nubiesi, un miglio circa da Al-Allaki (sez. V). In quest'ultima zona, desertica e caratterizzata da dune in movimento, <<... nella prima e ultima notte del mese gli arabi si mettono a cercare l’oro: guardano la terra e là dove vedono scintillare la marcano per riconoscerla; il giorno dopo prendono la sabbia e la trasportano sul cammello fino ai pozzi; la lavano con delle vaschette di legno, nelle quali concentrano il metallo, poi lo mischiano
col mercurio e lo fanno fondere».

Il sistema di ricerca non è cosi fantastico come si potrebbe credere: anche se non è credibile che le finissime particelle d`0ro potessero scintillare ai raggi della Luna, ciò è possibile per altri minerali metallici concentrati in alcune dune assieme all’oro, in particolare i due ossidi di ferro, ematite a magnetite, che presentano superfici fortemente riflettenti.
Per quanto riguarda l’oro primario non si hanno notizie di estrazione col mercurio nell’alto Medioevo. L’oro nativo libero, visibilmente contenuto nei filoni di quarzo, poteva essere facilmente concentrato e fuso una volta macinata la roccia, mentre l'estrazione dalle piriti aurifere era scarsamente economica, anche se tale possibilità era già nota sin da quando era stato scoperto l’acido nitrico (allora indicato come <<acqua forte>> o semplicemente <<acqua>>); a proposito di quest'ultimo, esso viene citato per la prima volta nelle opere attribuite all’arabo Jabir, vissuto tra i IX e il X secolo e noto in Occidente con il nome di Geber, ma le sue opere sono produzioni o rifacimenti scolastici dei secoli XII e XIII. In una di queste, la Summa Perfetione, viene indicato un sistema di recupero dell’oro per mezzo dell’<<acqua>>, dall'amalgama ottenuta mescolando il metallo con mercurio purificato da urina.

2)Alla fine del Medioevo il procedimento di amalgamazione era comunque ben conosciuto da artigiani e metallieri incolti ed era utilizzato per recuperare oro e argento da manufatti, per saggi e per limitate estrazioni aurifere, come apprendiamo dalle prime tre opere a carattere metallurgico del Cinquecento, l'anonimo Probieebuclein, De la Pirotechnia di Biringuccio (1540) e De Re Metallica di Agricola (1556), opere che, ad eccezione dello specifico contributo di Biringuccio sulla nuova invenzione di cui parla, rispecchiano ancora le conoscenze tecniche del periodo precedente.
Sotto molti aspetti la prima opera può essere considerata l’ultimo degli antichi manuali e vi si trovano alcune delle vecchie ricette. L'esemplare a stampa più antico, non datato, è conservato al British Museum ed e riferito al 1510; è stato poi ristampato varie altre volte negli anni successivi. Il procedimento di amalgamazione vi è descritto per recuperare l’argento dalle scorie di raffinazione dell’oro con impiego di sale, per recuperare, a caldo, l’oro e l’argento da pezzettini di monete, per recuperare, con l’ausilio di una soluzione di tartaro, l'oro intessuto in vecchi copricapo o ricoprente bassorilievi di gesso; l’amalgama, ottenuta dopo la strizzatura del mercurio in una pelle di camoscio, viene posta sul fuoco in una padella di ferro; il mercurio se ne va in fumo e resta l'oro o l'argento.
Trattando dell’oro, Biringuccio accenna genericamente al processo per amalgamare le sabbie aurifere concentrate, sistema per il quale non necessitano grandi macchinari ma <<... è bastante un uomo e una tavola di legno, con una pala, con poco di mercurio a abundantia sufficiente d'acqua >>; evaporato il mercurio resta l’oro, simile a una renella, che viene poi fuso con borace o salnitro accompagnati da <<sapon negro» e versato in forme. Anche per saggiare i minerali il metodo migliore è quello della fusione, tuttavia, prosegue il Biringuccio,  quando si tratti di oro o argento, dopo averli arrostiti più volte, macinati e lavati, conviene provarli prima con il mercurio. 

Per Agricola è invece possibile fare il saggio dei minerali auriferi senza il fuoco, ma il sistema è maggiormente usato per i concentrati di sabbie alluvionali e per i residui di altre lavorazioni: un po' di materiale viene messo a bollire in acqua fino quando comincia a fumare, si versa poi in una scodella di legno, si aggiunge una quantità doppia di mercurio, si mescola con acqua salata e si macina per due ore con un pestello di legno; alla fine si lava con acqua calda o tiepida fino ad eliminare tutti i residui, si aggiunge acqua fredda per separate il mercurio liquido e si filtra il residuo con una soffice pelle o con un panno. L’oro che rimane nel panno viene messo in un crogiolo e purificato con carboni ardenti (VII). Per macinare i minerali auriferi, specialmente il quarzo più ricco, vengono utilizzate tre specie di molini. Qualcuno costruisce le macchine in modo cheRUOTA  CHE MACINA E PORTA L'ACQUA AI TINI DI LAVAGGIO ORO possano, nello stesso tempo, frantumare, macinare, pulire e lavare il minerale e mescolare l'oro con il mercurio: il macinato viene infatti convogliato dall'acqua in una serie di tini o in canale di legno in cui vi è del mercurio agitato con delle palette ruotanti; alla fine il mercurio viene strizzato in un sacchetto di panno e l’oro puro rimane dentro. Gli strumenti utilizzati per il lavaggio delle sabbie aurifere sono molteplici: gli italiani che vengono in Germania a cercare oro usano lunghe cortecce d'albero, lavano con una scodella il concentrato, costituito da oro, granati e un po' di sabbia pesante, e portano via il residuo (VIII). Anche per recuperare l'oro da oggetti d’argento indorati viene usato il mercurio, scaldandolo bene e immergendovi l'oggetto fino a che tutto l'oro sia scomparso; il mercurio viene strizzato con una pelle o un panno e l'oro che vi resta dentro viene fuso con carboni ardenti (X).
Agricola, come si può vedere, non distingue l’oro dall'amalgama e commette lo
stesso errore di Vitruvio (e Plinio) nel definire questo oro puro. Egli, inoltre, non fa alcun riferimento all'amalgamazione dei minerali d’argento e non accenna minimamente all'invenzione (vedi qui a seguire) che pure è ben evidenziata nell'opera di Biringuccio che, come specifica nella sua prefazione, gli era stata regalata dal patrizio veneziano Francesco Badoario.

 

 

L'invenzione menzionata da Biringuccio

 

L'invenzione, opera d'ingegno dei veronesi Tommaso Cusano e Giovannantonio Mauro, risale ai primissimi anni del 1500 e costituì allora novità di sicuro interesse: con questo nuovo procedimento il minerale (contrariamente a quanto illustrato nello schizzo di Agricola di cui sopra) viene macinato per un paio d'ore già a contatto col mercurio, cosa che ne favorisce enormemente l'amalgamazione. In pratica, Ritornando alla descrizione di Biringuccio, una volta frantumato, lavato ed asciugato, il materiale da trattare viene ora pestato nella macina, <<humidendola con aceto o acqua dove sia stato resoluto solimato e verde rame e sale comune>>, e il tutto viene ricoperto con mercurio. I prodotti chimici non hanno evidentemente una funzione significativa nel trattamento di sfridi d'oro, ma possono comunque servire per tenere pulito e attivo il mercurio. Essi hanno invece una funzione significativa, seppur complessa, nel trattamento di oro associato a solfuri e, soprattutto, nel trattamento dei solfuri d`argento, in quanto impediscono che lo zolfo e le eventuali tracce di arsenico e antimonio facciano "ammalare" il mercurio. Nel corso della prolungata macinatura la reazione tra carbonato di rame e sale porta alla formazione di cloruro d’argento; questo, reagendo con il mercurio, forma cloruro di mercurio, mentre l'argento liberato viene amalgamato dall’eccesso di mercurio. Il sublimato (cloruro di mercurio) dissolto preventivamente nell’acqua ha evidentemente la funzione di innescare o agevolare quest'ultima reazione; la sua formazione nel corso del procedimento è responsabile della maggior parte di perdita di mercurio, stimabile in totale a una volta, una volta e mezza l'argento recuperato.
L'applicazione del nuovo procedimento si espanse rapidamente ed uno dei principali motivi di tanto successo fu dato dal fatto che se col sistema sinora usato il costo di trattamento e fusione per ogni marco d'argento realizzato era di circa 16 libre, ora si otteneva lo stesso risultato con una spesa di sole 5 libre ed inoltre si riusciva a trattare in un solo giorno una quantità di materiale che prima ne richiedeva 4.

 
 

 

 

 

Approfondimenti di questa pagina

FILONE AQUILA CON APPROFONDIMENTO

 

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