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Pag. che ho
fatto insieme ad Aldo
Racca.
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Due
articoli (un po' troppo precipitosi) sulla scoperta dell'oro in Sardegna.
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1)Trovato
filone. La Sardegna
nuova isola dell'oro.
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Articolo
del 31-12-1994 apparso su LA STAMPA ed il cui autore è G. Bec.
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CAGLIARI. L'Eldorado e' a
una manciata d'ore di traghetto e se ne sta adagiato su una modesta
collina di
326 metri
d'altezza coltivata a carciofi. I duemila abitanti di Furtei fanno ancora
fatica a crederci, ma è proprio
vero: alle porte di Cagliari e' stato scoperto il più grande giacimento
aurifero dell'Europa occidentale. Nella roccia antica di oltre 20 milioni
d'anni e finora inviolata riposa uno sterminato tesoro: all'ansimante
economia della Sardegna
regalerà almeno una tonnellata d'oro all'anno per
decenni e forse anche per qualche secolo. Di sicuro, un business da 20
miliardi ogni 12 mesi. L'autore della clamorosa scoperta si chiama
Giampiero Pinna, quarantaquattrenne ex minatore di Iglesias e figlio di
minatori del bacino del Sulcis. <<La Sardegna
e' situata su una cinghia vulcanica che ha generato giacimenti auriferi in
molte regioni del pianeta>>, ha spiegato in esclusiva a Class.
<<Mi e' bastato poco per arrivare a concludere che, data l'origine, la
natura e il tipo di mineralizzazione delle rocce dell'isola, valeva la pena
di fare qualche rilevamento>>. Ne valeva davvero la pena. La caccia alla
pepita e' cominciata sei anni fa e, alla fine del '90, sconfiggendo l'ostilità
degli increduli e le difficoltà finanziarie, Pinna ha individuato il
favoloso giacimento di Furtei (oltre ad un secondo a Osilo, in provincia di
Sassari), ricco di filoni che contengono da 2.5 a 6 grammi
d'oro per tonnellata, vale a dire fino a sei volte più di quanto celano
altre e ben più famose miniere, come quelle australiane. Proprio grazie
alla partecipazione di due colossi estrattivi australiani - la General
Gold resources e la Gemcor Ltd - sono arrivati i capitali
necessari per dare il via all'ambizioso progetto e sotto la leadership di
Pinna è stata creata una nuova società, la "Sardinia Gold Mininig"
(Sgm). La costruzione degli impianti partirà il prossimo febbraio
e a giugno si estrarranno i primi
miniammassi, mentre,
sempre secondo il ruolino di marcia, a ottobre si fonderà il
lingotto numero uno, un blocco lucente da 10 chili, a cui ne dovrebbero
seguire infiniti altri. Così, almeno si spera, si potranno invadere i
mercati mondiali. L'operazione "oro in Sardegna" richiederà un
investimento complessivo di una trentina di miliardi, finanziati dalle
banche del gruppo Rotschild, ai quali dovrebbe aggiungersi anche un
contributo del ministero dell'Industria. Se tutto andrà come previsto, la
Sgm dovrebbe essere quotata in Borsa entro un paio d'anni e - ha
assicurato Pinna - <<diventera' possibile per chiunque acquistare una
partecipazione nella nostra avventura>>. Benvenuti alla corsa al nuovo
Eldorado "made in Italy".
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articolo
di G. Bec.
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2)
La corsa
all'oro riparte dalla Sardegna. Tra qualche giorno si apre una miniera: la
curiosa storia della scoperta.
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Articolo
del 9-10-1996 apparso su LA STAMPA. L'autore è Davide Pavan.
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IL primo lingotto non e'
ancora pronto (nota aggiunta: vedi
quando si realizzò), ma a Furtei (
40 km
a Nord di Cagliari) sta per partire la fase estrattiva che dovrebbe fare
della Sardegna il primo polo aurifero europeo. L'interesse e' enorme. La Sgm
(Sardinia Golding Mining), operatrice del progetto, prevede di produrre
almeno tremila once d'oro al mese per circa tre anni e mezzo: un valore
complessivo di quasi 80 miliardi, al costo di 280 dollari l'oncia.
L'affare l'hanno fiutato in molti:
la Sgm
e' una "joint venture" tra Progemisa, l'ente regionale sardo titolare delle
concessioni, e
la Gold Mines
of Sardinia Limited (Gms), una "public company" a prevalente
capitale australiano, ma con partecipazioni di illustri banche come
la Rothschild
e di vecchie volpi del mercato come il finanziere George Soros. L'oro di
Furtei non è l'unico dell'isola. Le ricerche condotte in questi ultimi
anni hanno permesso di individuare un altro giacimento ad Osilo (Ss) e
numerose altre aree anomale (con tenori in oro superiori al normale)
meritevoli di ulteriori indagini. La storia che ha portato alla scoperta
di questi giacimenti e' un classico esempio di come un nuovo approccio
teorico accoppiato al progresso tecnologico e a un pizzico d'intuito possa
portare a successi insperati. L'uomo per millenni ha cercato pagliuzze e
pepite d'oro nelle ghiaie dei fiumi (giacimenti
secondari) risalendo poi
la corrente alla ricerca del suo punto di origine, il "filone" (giacimenti
primari). Gran parte di questi giacimenti "classici"
(incluso il grandioso Witwatersrand in Sud
Africa) si formo' in tempi
antichissimi, tra i 2,5 e i 2,8 miliardi di anni fa (Archeano). I depositi
archeani si trovano attualmente nei greenstone belts, fasce di
rocce vulcaniche e sedimentarie intorno agli antichi scudi continentali.
Questi depositi si rinvengono in Canada, Brasile, Africa ed Australia e da
essi proviene oltre il 50% della produzione mondiale. Qui l'oro e' di
norma visibile a occhio nudo e compare sia allo stato nativo sia combinato
con altri minerali, come la ben nota "pirite aurifera". Alla fine
degli Anni 70 un'impennata del prezzo dell'oro (che sfiorò l'ineguagliata
soglia dei 700 dollari l'oncia) rese possibile lo sfruttamento di una
quantità di depositi precedentemente non coltivabili a causa dei loro
relativamente bassi tenori e spinse le compagnie minerarie, attratte dagli
alti profitti, ad ampliare le ricerche e ad affinare le metodologie
esplorative. Lo sviluppo di nuove e perfezionate tecniche analitiche
permise di scoprire, a costi accessibili, che l'oro si può trovare tanto
finemente disperso nella roccia o in minerali complessi da risultare
assolutamente non visibile sia ad occhio nudo sia al microscopio. Veniva
cosi' portato alla luce un mondo rimasto celato per secoli: quello
dell'oro invisibile. All'inizio degli Anni 80 una impressionante
serie di ritrovamenti lungo la Pacific Rim of Fire (Pcf) confermò
l'importanza economica di questa scoperta e consentì di formulare un
modello teorico capace di spiegare la genesi e predire la posizione di
questa nuova classe di depositi auriferi. In questo contesto geologico
grandi quantità d'acqua entrano in contatto con fonti di calore nella
crosta terrestre, vengono riscaldate e risalgono per convenzione in
superficie trasportando sali e metalli (tra cui l'oro) che vengono poi
depositati in ampi volumi di roccia o in fratture a poche centinaia di
metri di profondità. I depositi sono detti epitermali
perché si
formano a temperature relativamente basse (50-200°). Sono quasi sempre
associati a vaste aree di alterazione delle rocce ospiti che
costituiscono, grazie all'impiego di programmi di elaborazione di immagini
satellitari, una delle principali guide alla loro individuazione. A
differenza dei depositi di greenstone belts, si rinvengono in
terreni geologicamente giovani, formatisi meno di 65 milioni di anni fa.
L'idea di cercare l'oro epitermale sul territorio nazionale nasce nel 1987
ed e' dovuta all'intuito ed all'esperienza dell'Agip Miniere (poi Sim),
che in Canada aveva gia' scoperto un piccolo giacimento di questo tipo. I
tecnici Agip si resero presto conto delle notevoli analogie
geologico-strutturali tra l'Italia e la "Pacific Rim". Durante
l'Oligo-
Miocene
la Sardegna
era unita alla Spagna ed era sede di un'intensa attività vulcanica simile
a quella delle Ande. A Rodalquilar, in Spagna, erano state riconosciute
mineralizzazioni ad oro in vulcaniti analoghe a quelle sarde e la presenza
nell'isola di vaste zone di alterazione caolinica, sicuro indizio di
attività epitermale, confermò le idee sviluppate a tavolino. Nello
stesso anno vennero richieste alla Regione Sardegna sette autorizzazioni di
indagine. Le prime ricerche, delegate alla Sim nell'ambito di una "joint
venture" con Progemisa, portarono già nel 1989 alla scoperta di Furtei e
di altre aree interessanti. Nel '91 la ristrutturazione dell'Eni portò al
ritiro della Sim e il progetto subì un rallentamento. La caparbia
perseveranza di Progemisa e l'arrivo dei capitali australiani hanno fatto
il resto.
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articolo di Davide Pavan
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