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Sezione
storia aurifera Gruppo di Voltri, cioè ovadese, Val Gorzente
ecc.
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Questa è la parte
sostanziale di un' intervista che venne fatta a Giovanni Aina, persona allora molto nota e di primissimo piano nell'industria del
rame. (vedi
l'articolo per esteso con altre sue foto).
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Realizzata
con Gabriele
Cazzulani |
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Egli s'interessò intorno al 1965
all'eventualità di attivarsi per lo "scegliere e poi
sfruttare" di persona (con relativa manodopera , ovviamente) alcuni
anditi auriferi di questo distretto minerario. PS. Se vuoi puoi vedere
per esteso
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DOM:
Ho chiesto ad Aina per quale
ragione un’idea così semplice fosse venuta a lui, e non ad una grande
industria, o agli stessi ricercatori che si sono succeduti nei secoli.
Mi è parso imbarazzato, come se stentasse ad attribuirsi qualche
merito, e poi mi ha detto:
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RISP:
“Vede, non è così facile come sembra: intanto bisogna correre dei
rischi, perché non è possibile determinare prima quale sarà il costo
complessivo di un ciclo completo di estrazione e lavorazione. Poi
bisogna avere le macchine: ogni metallo, si può dire, esige un tipo di
macchina diverso, e non ne esistono in commercio. Bisogna fabbricarsele
da sé (vedine
un esempio, nota di Z.G.) , studiando ed adattando: per questo, mio
figlio è veramente in gamba. Pensa giorno e notte a come può superare
questa o quella difficoltà, e realizza la macchina apposta. Infine
bisogna avere le concessioni e dimostrare che si intende fare un lavoro
serio: tutte queste condizioni non si trovano quasi mai riunite in una
sola persona, e questa è la spiegazione. |
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Un’ora in salita.
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Siamo andati anche a
trovare l’oro, sopra i laghi artificiali della Lavagnina, in una delle
regioni più deserte del Piemonte: monti brulli, aguzzi, percorsi da un
vento teso che sale a impetuose folate dal mare di Liguria per
abbattersi nella vallata dell’Orba, come rovinando per una scabra
discesa. Ai laghi bisogna lasciare la macchina, traversare la cresta di
una diga potente e rassegnarsi ad imboccare un erto tratturo: dopo
un’ora di salita ansimante, si arriva alla zona delle gallerie, scure
ed umide nel fianco della montagna. Ancora mezz’ora e siamo sotto la
vetta: qui sotto i piedi c’è l’oro, c’è anche Berto Ferrando,
una figura di vecchio minatore balzato fuori di getto dalle pagine di
“Radiosa aurora” di J. London (se vuoi vedi un
racconto di questo famoso autore di romanzi).
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Ha settant’anni, diritto,
screpolato e sano come un fuso vecchio. Ride volentieri, e quando lo fa,
compare una doppia fila di denti che pochi quarantenni possono vantare.
Fa un freddo da cime alte, ma Berto indossa una semplice canottiera, una
camicia a scacchi di colore incerto, una giacchetta di tela militare: è
venuto verso di noi salendo dal basso come un camoscio, senza alcuno
sforzo.
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“Oro, cari signori – risponde
– qui ce n’è quanto si vuole, ma non lo sanno cercare. Perché
l’oro è come una strada: ci si cammina sopra e dapprincipio si
trovano poche case, poi sempre di più, e poi la città ricca. Così è
l’oro, bisogna non scoraggiarsi: io conosco gallerie che sono arrivate
a cinque, quattro, magari ad un solo metro dal punto ricco, e invece si
sono fermate li”.
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Il filone è qui sotto
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DOM:
“Allora, perché non lo cerca e
non lo trova lei, questo oro?”.
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RISP: Scrolla le spalle:”Io sono
povero, ci vuol materiali e denaro, pagare i permessi: e poi salta fuori
l’agente delle tasse. L’anno scorso un giornale scrisse che un
montanaro aveva indicato dove si trovava un filone: e venne un
professore, su dalla città, a gridare infuriato che era proibito dare
indicazioni e che ci avrebbe fatto arrestare tutti quanti”.
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DOM:
“In ogni modo lei sa dove si
trova, l’oro?”
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RISP:
Fa un gesto ampio: “Vede, il
filone comincia qui sotto, prosegue attraverso la montagna, gira in
quella valle, e poi va di là verso la Liguria: ma è come un ramo
d’albero, con tanti rametti secondari, tanti filoncini che potrebbero
dare bene”.
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Ci accompagna alle gallerie, buchi
neri nel fianco della montagna, non più alte all’imbocco delle spalle
di un uomo. E quasi tutte di difficile accesso: l’immaginazione crea
subito in quella solitudine le teorie degli schiavi che dovevano
avvicendarsi come formiche li dentro, per portare alla luce le rocce
gialle più ricche. Poi andiamo alla sua baita a bere la limpida acqua
di montagna: fa uno strano effetto sapere che ogni bicchiere di quel
liquido purissimo e freddo contiene un milligrammo d’oro. Ma Berto lo
sa, mi racconta dei suoi amici montanari che costruivano le loro baite
accanto ad uno dei mille ruscelletti che scendono dal monte: ci
mettevano dentro una strana scaletta di legno (vedi quelle
solitamente in uso per cercare oro, nota di Z.G.) a gradini rientranti, ed
ogni tanto ritiravano la minuta polverina d’oro che l’acqua vi
lasciava. Ogni settimana o due ne cavavano un bottiglino, e allora
scendevano ad Ovada a venderlo. “Ma ora – scuote la testa Berto – qui non c’è più nessuno. E io invece vorrei che tornassero, come ai
bei tempi. Perché qui l’oro c’è, basta trovarlo”.
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Guardo il monte: a osservarlo
bene, ora che l’occhio si è adattato, si nota qualcosa di innaturale,
come se le linee dei dossi fossero turbate, sconvolte. Berto me lo
spiega: secondo lui qui, “al tempo degli antichi” sorgeva un'altra
cresta, un altro monte. Ma se lo sono portato via tutto nei secoli,
sminuzzandolo, triturandolo, frugandolo alla ricerca dell’oro:
l’erba è ricresciuta in mezzo alle solitarie piante abbarbicate alle
pareti della montagna, ed ogni cosa, in questo alto silenzio, sembra
immemore e nuova. Eppure, dacché siamo quassù, in qualche modo siamo
cambiati: la magia sottile dell’oro ha preso anche noi, guardiamo
attentamente per terra, scendendo caso non affiorasse una gialla,
lucente pepita.
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L'articolo è di Franco Bandini |
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NOTA:
ALCUNE
ANALISI, NEL DETTAGLIO, eseguite in epoca
PIù RECENTE DAI "laboratori Noranda
Exp. Londra", hanno dato i seguenti risultati SUI tenorI
AURIFERI DI QUESTO DISTRETTO: |
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Per dieci campioni di quarzo raccolti da filoni affioranti
tra il Rio Moncalero e il Mond'Ovile = da 2 a 20 grammi per tonn. |
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Per un campione di quarzo raccolto all'interno della
galleria posta sulla sinistra del Rio Moncalero, ovvero a sud dei laghi di
Lavagnina = 69,3 grammi per tonnellata. |
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Per due campioni di quarzo raccolti all'interno della
galleria posta a nord-est di C. Ferrere Sup. = 243 e 129,4 grammi per
tonnellata. |
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Note
sulla mineralizzazione locale. |
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Per
passare invece ai luoghi di ricerca in uso oggigiorno in zona, cliccare
qui.
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Approfondimenti di questa pagina
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