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Sezione
storia aurifera del Gruppo di Voltri, cioè Ovadese, Val Gorzente
ecc.
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Quello
dell'oro dei fiumi ovadesi
é uno dei tanti argomenti trattati nel libro "Le Valli dell'Oro",
scritto da
Giuseppe
Pipino. Il capitolo in questione mi é sembrato particolarmente
interessante non solamente a livello storico o documentaristico, ma anche nel suo contesto
riflessivo, cioè sul come l'uomo possa gestire utilmente le proprie risorse, per cui
ne riporto qui un mio estratto. Anche le immagini provengono dal
documento stesso. Qualora si desiderasse leggere l'articolo nella sua
integrità, il libro é reperibile al Museo
Storico dell'Oro Italiano. Sovente lo si trova anche presso i vari
mercatini compra/scambio di minerali e le mostre
mineralogighe.
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".....considerando
il crescere progressivo della richiesta di sabbie
sia per la costruzione di strade sia per l'ampliamento del porto di
Genova, Giuseppe Perino costruì nella zona di Portanova un
impianto fisso per l'estrazione della sabbia , curandosi nel frattempo
intelligentemente di separare da quest'ultima i vari
minerali e metalli utili con apparecchi elettromagnetici da lui
stesso brevettati. In seguito l'impianto di Portanova, questo il suo
nome, venne potenziato con la costruzione di un imponente fabbricato a
tre piani che doveva sorreggere, oltre alle apparecchiature di lavaggio e
vagliatura, anche una grossa benna su cavo scorrevole che pescava il
materiale dal fiume stesso (come da foto). Il risultato di tutto questo veniva inviato
per via ferroviaria a Genova.
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In questo modo, alla fine del 1930 l'impianto di Portanova risultava
essere uno dei più avanzati d'Italia se non dell'Europa intera: vi si
facevano esperimenti ed analisi anche su materiale proveniente d'altrove
ed i suoi
macchinari suscitavano non poco interesse presso imprenditori italiani ed esteri.
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A tutto questo susseguirono ulteriori evolversi positivi della
situazione in merito, quale ad esempio un altro brevetto d'invenzione
dello stesso Perino che riguardava la cattura concentrata dei minerali pesanti
direttamente nell'alveo del torrente. Si trattava in sostanza di
costruire nel letto del fiume degli sbarramenti che contenevano a loro
volta strutture assai elaborate e complesse atte appunto a separare i
minerali dalla sabbia.
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Nel corso degli anni, Perino chiese ed ottenne altri permessi di
ricerca mineraria riguardanti zone ritenute ancor più valide e
l'impianto di Portanova poté così trattare, oltre al suo consueto
materiale, anche quello proveniente dai suoi nuovi permessi, che lì
giungeva già dopo una prima selezione. Nel frattempo erano stati anche
iniziati i lavori per la costruzione di una diga "disabbiatrice"
con relativa vasca e canali atti a trattenere e separare i minerali
pesanti, come da progetto sopra accennato. Nel 1943 la diga stessa,
situata poco a monte del ponte di
Molare, era
finalmente conclusa (foto sottostante) e ci si
dedicò così alla realizzazione delle sue infrastrutture, quelle cioé che avrebbero dovuto permettere la separazione già in loco
dei minerali utili, ma da lì a pochi mesi il precipitare degli eventi bellici fece
sospendere drasticamente ogni attività e bisognerà attendere sino al 1949
affinché Portanova possa tornare finalmente in
funzione . Al momento della riapertura fu necessario acquistare nuovamente
le
apparecchiature elettriche, motori etc. perché i tedeschi le avevano portato
via durante la loro ritirata. Vennero ripresi anche i
lavori nel cantiere della diga di Molare, ma presto ci si rese conto che
i tempi erano cambiati: con la liberalizzazione del mercato
internazionale e la diminuzione del prezzo dei metalli, la raccolta dei
minerali della Val d'Orba non era più economicamente conveniente: d'ora
in poi Portanova sarebbe quindi stata purtroppo utilizzata sostanzialmente solo
per la produzione di sabbia e ghiaia come alla sua origine, anche se alcuni operai continuarono a lasciare inserite
nei posti più appropriati del cantiere alcune canalette per recuperare
l'oro dalle sabbie trattate, essendo questa una località italiana
particolarmente aurifera.
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Si arriva così agli anni '80:
Portanova, ormai in disuso, torna agli onori delle attenzioni
perché
alcune società (la Teknogeo in collaborazione con la canadese Noranda
Exploration e la Noranda Italia, quest'ultima costituita per l'occcasione
ad Ovada) prendono in affitto parte dello stabilimento per inserirvi
nuove attrezzature adeguate al trattamento del vario materiale aurifero
da essi prelevato in molti posti della vallata dei quali dispongono di regolari permessi di ricerca.
Vengono fatti venire, per operare in
loco, diversi specialisti inglesi e canadesi e la direzione dei lavori di
ricerca é affidata al dott. Pipino, geologo abitante in zona ed esperto
nel settore perché da sempre attivamente interessato al distretto aurifero in questione, come dimostra d'altronde
la sua stessa Tesi di Laurea.
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I risultati delle ricerche di questi ultimi confermano che nel terrazzo alluvionale
vi sia uno strato continuo e poco profondo con discreta presenza di
oro, cosa che manifesta la possibilità di coltivazioni a
livello industriale. Questa volta però, pur meritando economicamente lo sviluppo del
contesto, sono le complicazioni burocratiche a rallentare
eccessivamente il tutto, fino al punto che la società estera
compartecipe rinuncia sfiduciata, ponendo così fine a questa nuova
possibilità del rilancio industriale di Poratanova.
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Il dott. Pipino continua però a frequentare lo stabilimento facendo
sia ricerche sul posto sia collaudando e sperimentando nuove
attrezzature da lui stesso realizzate: tra queste va sicuramente
segnalato il suo brevetto sul "canale
concentratore autopulente per il recupero dei minerali pesanti negli
impianti che producono sabbie e ghiaie". Sempre Pipino, tra le sue
diverse iniziative riesce poi a portare nel nostro paese
l'attività sportiva delle gare di abilità a lavar l'oro col piatto e,
visto il grande successo e partecipazione ottenuto con i primi
campionati italiani da lui stesso organizzati (cui seguono di lì a poco
i campionati mondiali per la prima volta con sede in Italia), si ricorda di Portanova e
pensa che quel posto, adeguatamente
ristrutturato, potrebbe
costituire un centro di ritrovo
internazionale valido anche sotto l'aspetto economico. Il suo progetto
consisterebbe infatti nella trasformazione del vecchio impianto, parte in museo e parte
in albergo ed inoltre la creazione di un campeggio e l'utilizzo di
alcune attrezzature per dimostrazioni pratiche di separazione
dell'oro, nonché altre attività sull'argomento, ma i proprietari
decidono invece di abbattere completamente l'edificio e di usarne le
macerie per riempire una buca scavata per l'estrazione di inerti, fine
davvero ingloriosa per un monumento di archeologia industriale che vide
una continua e non comune applicazione dell'ingegno umano.
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