E' un estratto, che qui riporta solo le parti
riguardanti in qualche misura l'oro, dell'ampia pubblicazione
gentilmente inviatami dalla Società
Reggiana di Scienze Naturali , risultata da un
lavoro
di studio mineralogico da parte di Giorgio Caruti (Dip. di Scienze della Terra, Univ. di Modena e Reggio
Emilia), Maurizio Scacchetti (Società Reggiana di Scienze Naturali) e
Federica Zaccagnini (Dip. di Scienze geologiche e Geofisica applicate,
Univ, di Leoben, Austria) dal titolo "Oro, Freibergite,
Argentite-Acanthite, Uraninite ed Idroromarchite nel giacimento a
solfuri di Corchia (Appennino Parmanse)". |
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INTRODUZIONE.
La scoperta di rame nei giacimenti legati alle masse ofiolitiche dell’Appennino
settentrionale si perde nel tempo: la datazione di attrezzi preistorici
di pietra e di legno ritrovati nei vecchi siti minerari della Liguria
orientale suffraga questa conclusione, che inequivocabilmente indica l’estrazione
mineraria del rame attiva già nell’Età del Bronzo, attorno al 2.000
a.C. (Galli e Penco, 1996;
Pipino, 2003). Dopo diversi secoli di fortune
alterne, fu solo con l’avvento dell’Era industriale che venne
intrapresa l’esplorazione sistematica dei depositi che, tra il 1850 ed
il 1910, fornì più di 1.5 milioni di tonnellate di minerale utile, con
un tasso medio del 2-7% di rame (Galli e Penco, 1996). Da allora in poi,
l’attività estrattiva declinò fino alla cosiddetta “Autarchia”
del 1936, quando diverse miniere di rame vennero riaperte in seguito all’embargo
internazionale, che costrinse il governo italiano allo sfruttamento di
ogni risorsa mineraria presente sui territori nazionale e d’oltremare
(Moretti 1937). Il periodo economico vitale della maggior parte delle
miniere di rame terminò dopo la Seconda guerra mondiale. Anche la
miniera di Corchia, probabilmente iniziata alla fine del XIX°
secolo, subì la stessa sorte, cessando definitivamente la propria
attività nel 1943, con una produzione complessivamente limitata (Adorni
e Guelfi, 1997). Da allora in poi, giacimentologi, mineralogisti e
naturalisti hanno ripetutamente manifestato il loro interesse per la
miniera di Corchia, contribuendo con numerosi articoli a carattere
scientifico e culturale ad allargare il patrimonio di conoscenze e
osservazioni sulla mineralogia sistematica del nostro territorio (Bertolani,
1962; Adorni, 1988; Adorni e Guelfi, 1997). In particolare, recenti
ricerche sulla composizione dei solfuri
risultanti cupriferi che costituiscono i
giacimenti delle ofioliti dell’Appennino settentrionale, hanno
rivelato la presenza di significative anomalie di oro, argento ed uranio
in alcune delle passate località estrattive della Liguria orientale e
dell’Emilia Romagna, tra le quali spicca, per singolarità ed
abbondanza dei ritrovamenti, la miniera di Corchia (Garuti e Zaccarini,
2005). In questo lavoro, riportiamo la descrizione dettagliata dei
minerali portatori di Au, Ag e U scoperti in questa località. Oro
nativo, argentite-acanthite, freibergite e uraninite ricorrono come
granuli estremamente piccoli (<10 micron) disseminati nella massa del
solfuro e fanno parte di un’associazione paragenetica complessa di
fasi microscopiche e submicroscopiche accessorie, comprendenti barite, galena,
smithsonite, siderite, un carbonato non identificato di La-Ce ed
un idrossido di Sn, la cui composizione corrisponde a quella del raro
minerale idroromarchite. |
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METODI ANALITICI.
Le analisi chimiche dei campioni di solfuro sono state effettuate presso
i laboratori Actalabs di Thornhill, stato dell’Ontario, Canada.
Sezioni lucide degli stessi campioni sono state esaminate con
microscopio ottico a luce riflessa, microscopio elettronico a scansione
Philips XL 40 (SEM), e microsonda elettronica ARL-SEMQ, in uso
presso il Dipartimento di Scienze della Terra ed il CIGS (Centro
Interdipartimentali Grandi Strumenti) dell’Università di Modena e
Reggio Emilia. Una volta identificati qualitativamente tramite uno
spettrometro a dispersione di energia (EDS) accoppiato alla microsonda
elettronica, i minerali sono stati analizzati quantitativamente con 4
spettrometri a dispersione di lunghezza d’onda (WDS). Le condizioni
analitiche ottimali sono state ottenute utilizzando un voltaggio di
accelerazione di 20 kV, un raggio elettronico di 20 nA, e tempi di
conteggio di 20 e 5 secondi, per i picchi ed i fondi rispettivamente.
Queste condizioni hanno permesso l’identificazione qualitativa di
granuli inferiori a 0.2 micron, e l’analisi quantitativa di granuli
fino a 2 micron. Le immagini di microscopia elettronica sono state
ottenute in elettroni retro-diffusi (BSE), con 20-30 kV di accelerazione
e 10-20 nA di corrente. |
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Sezioni
verticali lungo il giacimento minerario nei cantieri Donini e Speranza
della miniera di Corchia. Figura ridisegnata dalla “Società Industriale
Mineraria del Rame”, rapporto interno sullo stato dei lavori al 1°
maggio 1928. I numeri indicano le altezze in metri sul livello del mare
delle gallerie. |
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MINERALOGIA E
COMPOSIZIONE DEL SOLFURO. L’esame microscopico delle sezioni
lucide ha rivelato che il minerale sulfureo presenta caratteri
strutturali, mineralogici e composizionali leggermente diversi nei due
cantieri minerari di Corchia. Nel cantiere Donini prevale una
mineralizzazione a pirite con abbondante
calcopirite e sfalerite
accessoria, definita dalla sigla Pi-Cp-(Sf). Il minerale
mostra una struttura cataclastica caratterizzata da frammenti angolari di
solfuro associati a “framboidi” e resti di microfossili piritizzati,
immersi in una ganga di quarzo,
calcite, clorite e minerali argillosi. Serpentino e spinello cromifero compaiono talvolta come
minerali accessori associati alla ganga. Una relazione mineraria della “Società
Industriale Mineraria del Rame” sullo stato dei lavori a tutto il 1928
(Adorni e Guelfi, 1997) riporta che il deposito del cantiere Speranza
consiste di ammassi di pirite e calcopirite con lenti lavorabili di
sfalerite. I campioni, raccolti dalle discariche, mostrano una
mineralizzazione massiva del tipo Pi-Cp-(Sf) prevalente, in cui può
essere presente pirrotina accessoria,
Pi-Cp-(Po-Sf). Le strutture
cataclastiche sono meno frequenti ed il minerale assume un aspetto
granulare compatto, talora a grana grossa. La mineralizzazione a sfalerite
massiva e pirite accessoria, Sf-(Pi), contiene plaghe interstiziali
riempite da quarzo e calcite. La sfalerite ha grana molto fine (<20
micron) ma, localmente, si presenta composta da sferule (fino a 100 micron
di diametro) strettamente impacchettate e ricoperte da sottili pellicole
silicee, che potrebbero rappresentare il prodotto di sostituzione di gusci
di microfossili o di colonie batteriche. Le zone limitrofe
delle plaghe interstiziali quarzo-calcite sono caratterizzate da una
ricristallizzazione della sfalerite in forma compatta con contorni
poligonali, di solito accompagnata da pirite grossolana. Le plaghe stesse
contengono minute frange di pirite idiomorfa accresciuta con siderite. Le concentrazioni di Cu,
Zn, Mn, Cr riflettono le diverse proporzioni di calcopirite, sfalerite,
clorite e spinello cromifero, rispettivamente. Il confronto dei dati di
Tavola 2 e di Tavola 3 (qui
entrambe omesse, nota di zg) consente
di osservare che il Co, il Ni e l’As delle mineralizzazioni Pi-Cp-(Sf) e
Pi-Cp-(Po-Sf) sono dovuti alla presenza di questi elementi nella pirite.
Al contrario, la pirite idiomorfa della mineralizzazione Sf- (Pi), sebbene
ricca di Co, non può da sola giustificare le alte concentrazioni dell’elemento
(1020-1700 gr/t) a causa della sua bassa percentuale volumetrica nel
campione. In questo caso, il cobalto è principalmente contribuito dalla
linneite (Co3S4), da noi osservata sottoforma di piccoli granelli
tondeggianti (<50 micron) disseminati nella sfalerite massiva e già
segnalata da Bertolani (1962). La sfalerite di Corchia è sempre ricca in
Ferro, contenendone fino al 14.6% in peso, con tracce di rame e arsenico.
Frequenti sono gli smescolamenti di
calcopirite all’interno della sfalerite le cui strutture riflettono la
simmetria cubica del solfuro di zinco ospite. Il basso contenuto di cadmio
della sfalerite, inferiore a 0.25 %, non si accorda con la sensibile
concentrazione di questo metallo nella mineralizzazione massiva Sf-(Pi)
del cantiere Speranza; per questo
motivo riteniamo che la mineralizzazione possa contenere qualche fase
specifica di cadmio (es.: greenockite, CdS) non ancora scoperta nelle
miniere di Corchia. Il medesimo ragionamento può essere applicato ad
elementi come "Mo, Hg e Se" che si presentano con
concentrazioni significative in alcuni campioni, ma sono ben al di sotto
dei limiti di determinazione nei minerali principali costituenti la
mineralizzazione. Degli altri elementi analizzati (Au, Ag, U, Pb, Sb, Ba,
La, Ce), solo l’argento è stato osservato in piccole quantità nella
pirite a frange associata alla siderite nelle plaghe di quarzo-calcite.
Questi metalli trovano la loro espressione mineralogica in granuli
microscopici, fortemente dispersi nella roccia, e caratterizzati da una
paragenesi complessa comprendente: oro
nativo, freibergite, argentiteacanthite, uraninite, barite, galena,
smithsonite, siderite, un
carbonato non identificato di La-Ce. Inoltre, la mineralizzazione Sf-(Pi)
contiene anche un idrossido di Sn, la cui composizione corrisponde a
quella del raro minerale idroromarchite. |
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PARAGENESI
E COMPOSIZ. DEI MINERALI STUDIATI:
Oro (Au, Ag, Cu). |
Immagine BSE di oro
detritico al contatto tra quarzo (Qz), clorite e minerali argillosi nella
mineralizzazione cataclastica del cant. Donini. Au = oro |
In natura, l’oro si trova in lega con l’argento,
col quale forma una soluzione solida completa, con il rame, il palladio,
ed altri metalli affini. A Corchia, l’oro è stato ritrovato come
granuli di forma molto irregolare, variabili questi da 0.2 sino a 10 micron
disseminati nella mineralizzazione Pi-Cp-(Sf) e Pi-Cp-(Po-Sf). Detti
granuli granuli sono quasi sempre associati ad una matrice quarzoso-cloritica-argillosa
del solfuro cataclastico, ed un solo grano è stato trovato incluso in un
frammento angolare di pirite. 3 analisi ottenute alla microsonda
elettronica indicano |
che l’oro varia di
composizione, passando dall’oro quasi puro ad una lega composta
contenente significative quantità di Ag, Cu, e tracce di Fe. Paragonato
con i dati analitici riportati per i giacimenti della Liguria orientale
(Garuti
e Zaccarini, 2005), l’oro di Corchia è caratterizzato da alti valori
del rapporto Au/(Ag+Cu), simili a quelli dell’oro associato ai
giacimenti stratiformi del tipo 1 e 2 di Ferrario e Garuti (1980),
distinti dall’oro di Libiola che si presenta più ricco di Ag, Cu e
Fe (argento, rame e ferro).
Per le miniere NON d'oro c'è un piccolo indice. |
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