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L'articolo
di
Francesca Preziosi. |
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In
una delle sale dell’antico Palazzo Comunale di Feletto, è
allestita la mostra permanente di una delle esposizioni più originali
che la terra canavesana possa offrire: quella dedicata a “La via dell’acqua
d’oro”, che costituisce non solo una raccolta di documenti e
suppellettili storicamente molto preziose, ma uno spaccato della storia
sociale di coloro che |
lungo il torrente Orco scandagliarono e
cercarono in comunione con la natura il prezioso metallo.
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L’anima di questa associazione
felettese, il famoso
Giovanni Vautero, ancor oggi protagonista indiscusso di questa pesca
amatoriale, in realtà è il discendente più rappresentativo non solo
di una storia peculiare, quella dei propri antenati, ma di intere
generazioni di cercatori, che, ai tempi, setacciarono le sabbie e
consumarono i loro giorni in un lavoro devoto fra i detriti alluvionali,
mossi dalla favolosa speranza di trovare una fortuna che avrebbe
sconvolto la loro miseria, o aggiunto quella risorsa per una vita
migliore. Del resto l’oro c’era, (è c’è ancora) in Canavese. In
un esemplare del trecentesco De Bello Canepiciano di Pietro Azario
e custodito in questa mostra permanente, si
dice di "una gran quantità d’oro
che si poteva estrarre dall’Orco e di un "grano" dal favoloso
valore di 16 fiorini", pepita di 41 grammi rinvenuta - pare - proprio a
Feletto, “Ma in media, – precisa Pier
Giovanni Bocchino – si ricavavano al giorno 2 al massimo 15 grammi d’oro,
di contro a una dura fatica, come testimonia un altro documento
fondamentale nel nostro archivio: il racconto in dialetto felettese di
una giornata-tipo da pescatore che Germana Cresto dedicò al suocero
Giovanni Battista Castagna,“Tino 'l Volpon”. Partivano presto
questi cercatori del sogno, alle prime luci dell’alba, con gli stivali
di gomma, il tascapane contenente gli attrezzi, la zappa in spalla e una
leva. Meta le sponde dell’Orco, soprattutto dopo una piena
alluvionale, verso le anse in cui sarebbe stato più provvido il
raccolto”. |
Difatti è lì che il vero cercatore trovava e
individua ancor oggi le sue “punte” di attività: dove le piene nel
loro andare impetuoso hanno deposto il loro sopravanzo di detriti, eroso
gli argini, e le pagliuzze del metallo sono possibili all’uomo. Nella
mostra, accanto a canalette di pioppo, secchi, setacci e ponti, a
rappresentare il momento culminante di questa pesca miracolosa una
teoria di piatti di noce, le batee, o gave, che servono ancor oggi per
“gli assaggi” e “la lavatura delle sabbie”, allorché il
cercatore imprime all’acqua nel piatto un moto rotatorio, separando
dal surplus le preziose lamelle; e i famosi “ bottoni “, pezzuole di
seta legate a mo’ di sacchetto, ove oggi come allora i pescatori
depongono il proprio tesoro. |
Francesca Preziosi, 30 Marzo 2011 |
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