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Nel 1976 é uscito un libro molto interessante
di Teresio Micheletti ("L'immensa miniera d'oro dei Salassi,
Stabilimento
Tipografico Bramante, Urbania - PS) il quale, dopo approfonditi ed
appassionati studi riguardanti sia l'oro della Bessa sia la Serra
d'Ivrea, descrive (a ragion veduta?) la propria convinzione sul fatto
che al tempo dei Salassi fossero presenti nel territorio denominato
"Bessa"
immani "cantieri" adibiti, da detta popolazione, al lavaggio del materiale
aurifero locale. Il libro é in
pratica un imponente saggio di circa duecento pagine nelle quali
accorate riflessioni dell'autore si alternano a riferimenti di notevoli
documenti antichi, ma va precisato che, pur senza voler togliere
nulla all'importanza del documento in questione o ai dovuti apprezzamenti
per Micheletti, purtroppo nel testo presenziano anche alcune teorie e
convinzioni (sue) ben poco probabili. |
Qui
a seguire riporto alcuni appunti che ho preso consultando il libro. |
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| L'argomento in questione é dato dal fatto che
moltissimo tempo fa (forse dal 2000 a.C., se non prima ancora) le
popolazioni occupanti parte dell'Italia settentrionale avrebbero
"lavato" parte del materiale costituente la cosiddetta
"Serra d'Ivrea", enorme massa morenica risalente al
periodo dello scioglimento dei ghiacci e formatasi, per capirci,
all'incirca con lo stesso principio delle "punte"
[def.]
che si formano oggigiorno nei torrenti. La zona nella
quale si svolsero i primi lavori e che, da reperti carboniosi
sottoposti alla prova del "C 14" da parte del Prof. Mario
Scarzella (M. Scarzella: L'oro della bessa e i Vittimuli) corrisponderebbero appunto alla data di cui sopra,
sarebbero da Questi in tal modo localizzati nella valle del torrente
Viona, a Nord
di Mongrando. L'acqua utilizzata per tali imponenti lavaggi locali dell'oro [def.]
proveniva dallo stesso vicinissimo Viona, il quale, alimentato da
un bacino imbrifero estesissimo, poteva raggiungere portate molto
notevoli e,forse, in un secondo tempo dal Lys con una canalizzazione di
poche decine di chilometri (ricordiamo che Plinio parla di frequenti
prelevamenti d'acqua da 100 miglia di distanza). Ma la stessa cosa non
si può dire per quanto riguarda l'erosione nelle pendici di Magnano
perché la sola acqua disponibile in detta località non
sarebbe stata sufficiente: per questi ed altri lavori più imponenti
s'utilizzò, come scrisse anche Strabone, l'acqua della Dora, svuotandone l'alveo "appartenete
a tutti", potendo così agire pure sulle pendici che dal torrente Olobbia
salgono verso Magnano e che probabilmente costituirono i lavori più importanti in
assoluto riguardanti la Bessa e la Serra d'Ivrea. |
| Ora, se l'erosione lungo la valle del Viona può essere in parte
attribuita all'azione delle acque del torrente (ma l'esistenza, in
prossimità, delle pietraie ci conforta nella tesi che l'uomo vi ha
fortemente contribuito), l'erosione nelle pendici di Magnano non può
certo spiegarsi con l'azione dei pochi torrentelli con bacini imbriferi
insignificanti che possono scendere dal «colmo» di Serra verso il
torrente Olobbia. |
| Gli attuali studi dei profili geologici e
geografici impostati su epoche differenti, nelle quali tra l'altro é inevitabile
notare che la larghezza della Serra in tutta la zona di cui sopra si
restringa dai 500 metri abituali a poche decine di metri e
questo per una lunghezza di circa tre, ci
permettono di ricavare la significativa differenza esistente (fra allora ed oggi) della
posizione "in verticale" del letto, dovuta ad oltre duemila anni di scorrimento delle
acque e soprattutto di constatare l'inesistenza primordiale sia delle ciclopiche
discariche attuali, sia ovviamente della fonte Canei che sgorga attualmente dalle
discariche stesse. Nelle
carte geologiche si nota inoltre che la forma, indicata come morena di
Mindel, della Serra, presenta un innaturale golfo con centro a valle della
località di Magnano, contro cui s'appoggia il semiellisse della Bessa,
forme ambientali derivate dalle canalizzazioni e deviazioni acquifere
per i "lavaggi". |
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La procedura basilare per sviluppare questi colossali cantieri,
pare costituisse nell'imbrigliare molta acqua in determinati bacini
per poi farla defluire violentemente verso e contro il fianco della
serra morenica di modo che la porzione interessata se ne distaccasse
per venir trascinata dal proseguir della corrente : i massi di
maggiori dimensioni sarebbero stati poi i primi a fermarsi, mentre
il "fino" (e con esso l'Oro) proseguiva oltre. Ben presto
si sarebbe formata più a valle una sostanziosa barriera
costituita dal pietrame di maggior volume e contro la quale acqua e nuovo |
materiale
sarebbero andati a sbattere ma in detta barriera ci si curava di tenere
continuamente e "manualmente" efficienti corridoi o strisce di
sfogo nelle quali acqua e "fino" si convogliavano. Il terreno di
questi spazi "liberi" era forse rivestito di Erica, la quale,
oltre a costituire con i suoi grovigli una efficace trappola per le
scagliette d'Oro, é una pianta che emette essenze idrofughe [def.].
La stessa erica, o altre ramaglie che fossero, venivano periodicamente
essiccati e bruciati per poi recuperare il metallo dalla cenere. Può
anche darsi che, con lo stesso scopo, siano state usate anche pelli di
animali oppure gradini trasversali scavati nel terreno(come le canalette
odierne) : entrambe le tecniche erano già a quei tempi conosciute.
In seguito col passare del tempo le canalizzazioni si ingombrarono sempre
più di materiale, diventando più esigue ed infine ostruendosi
completamente per risultare così inutilizzabili. Fino a qui, penso che
quanto detto possa apparire abbastanza razionale ed accettabile al
lettore. Detto questo, recenti ricerche hanno individuato i resti di
innumerevoli pozzi (Arrugie) situati a monte delle grandi e tutt'ora ben
visibili morene le quali ultime "testimonierebbero" appunto
oggigiorno quanto descritto fin'ora. Al fondo di ognuno di questi
pozzi é inoltre sempre stata localizzata una galleria, ognuna di
queste immancabilmente con direzione NordEst-SudOvest, indirizzata
ad oltrepassar la barriera di pietrame "grosso" per così
raggiunger lo spazio immediatamente più a valle. Detti pozzi e loro
relativi cunicoli furono costruiti con solide murature e presentano ancor
oggi possibilità che a quei tempi siano state utilizzate anche le acque
provenienti dalla Val d'Aosta tramite un
canale che dipartisse dai pressi di Morgex. L'argomento in questione é
ampio, interessante e fu descritto efficacemente da Plinio Il Vecchio
quasi duemila anni or sono (vedi tasti approfondimenti a lato pagina), ma
già Aristotele, sommo filosofo greco considerato nel tempo sommo e
indiscusso maestro di tutto lo scibile umano, ne aveva parlato a sua volta
qualche secolo ancor prima di Plinio. Egli (Aristotele) scrisse infatti
dei testi al riguardo dai quali traspare inoltre chiaramente che
l'incanalamento e deflusso acqueo riguardò proprio la Dora, realizzazione
incredibile la cui fama giunse quindi sin nella sua Grecia. L'immagine
descrive un'arrugia, sinonimo come già detto di galleria scavata
in materiale morenico. Prima dello scavo della fronte di avanzamento
veniva posto in opera, in un solco a ferro di cavallo, uno "scudo di
pietroni forzati fra loro e probabilmente cementati con in impasto di
sabbia e trementina.
| Tutte le informazioni riguardanti questa pagina, sono
state apprese dal libro di Teresio Micheletti "L'immensa miniera
d'oro dei Salassi" (Stabilimento Tipogr. Bramante, Urbania. |
Per altre informazioni su questo argomento, oltre ai
tasti qui a destra, puoi vedere la pagina Lavare
senza canaletta e soprattutto i suoi approfondimenti. Inoltre,
c'è un'altra località che, seppur non così in "vasta
scala",
subì lo stesso tipo di attenzioni e sfruttamenti auriferi sopra
descritti: la Cava dell'Oro, a
Varallo Pombia (NO).
Per
quanto riguarda invece i "Vittimuli", vedere questa
nota fondamentale.
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NOTE
STORICHE DA DOCUMENTI MINERARI ANTICHI. Siamo
nell'anno 1659: Pietro
Borgio, di Andorno, comunica di aver trovato in
località Riva di Mozzo, presso il cantone Boffalo, una miniera che
potrebbe contenere oro e altri metalli e chiede di poter fare scavi di
prova: la cosa gli viene accordata per un mese a condizione che consegni
i campioni alla Camera per farne il saggio. 1750/1752:
nelle Statistiche di Cuneo di quegli anni si
accenna che ad Andorno le regie finanze fecero coltivare una miniera che
si dice d'oro, ma che non se ne sa nulla. 1782:
una comunicazione dell'Intendente di Biella menziona
l'esistenza di una "fontana" (sorgente ?) che é assai ricca di pagliette
d'oro, a pié d'un monte, presso Oropa. |
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Approfondimenti di questa pagina
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