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Origini e cumuli Ciottoli

 

 

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Approfondimenti di questa pagina

 

  

 

Sezione aurifodine italiane (vedi loro prima pag.), sfruttamento ed estrazione del loro oro, qui nella storia aurifera del Gr. di Voltri, Ovadese e Val Gorzente.

 

Quello che segue è l'estratto di uno studio di Giuseppe Pipino sulle aurifodine, i cosiddetti cumuli di ciottoli, molti dei quali ancora ben visibili oggigiorno e che sono testimonianza di antiche ricerche e sfruttamenti auriferi locali; il ritaglio di carta qui a lato mostra la disposizione di quelli compresi nell'area ovadese, mentre tramite gli approfondimenti sulla destra si possono visualizzare quelli trovati in altri distretti auriferi.  Nel caso si desiderasse consultare per esteso l'argomentazione, questa è disponibile a Predosa (AL) presso il Museo Storico dell'Oro Italiano, mentre quel che leggerete in questa pagina è una mia sintesi.

 

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INTRODUZIONE:"...nei depositi alluvionali l'oro è solitamente presente in forma di diffuse e non grosse sue particelle (scagliette, pepitelle etc.). Nei tempi antichi la civiltà  si dedicò molto alla sua raccolta e per fare questo, in misura "industriale", occorreva lavare grossi quantitativi di terreno. Data la particolare posizione di alcuni depositi, specie quelli terrazzati e per poter anche disporre della necessaria impetuosità, l'acqua doveva esser però incanalata a discreta distanza dai luoghi interessati e ivi condotta. (...) Quando infine tutto il terrazzo alluvionale era stato lavato restavano, al suo posto, i possenti mucchi di ciottoli allungati, paralleli, che ci permettono oggigiorno di descriverne la storia". Questi hanno un diametro medio che varia a seconda delle zone, da dieci a trenta centimetri e sono costituiti da rocce magmatiche e metamorfiche molto resistenti, con assenza di rocce sedimentarie e discreta abbondanza invece di quarzo. I nostri cumuli si elevano talvolta notevolmente fino a giungere a venti metri e spesso, specialmente nella Bessa e nell'Ovadese le loro basi sono state curate con particolare attenzione, tanto da assomigliare a delle vere e proprie murature a secco e questo evidentemente per consentirne un miglior sviluppo in altezza.

 
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1)CUMULI DI CIOTTOLI NELL'OVADESE. I cumuli di ciottoli allineati sulle sponde più alte dei torrenti ovadesi costituiscono certamente il risultato del lavaggio in grande stile dei terrazzi alluvionali auriferi più antichi e più ricchi che allora si trovavano in una posizione elevata rispetto ai vari corsi  d'acqua attuali. La loro tipologia è del tutto simile, sia a quella che si osserva in alcune zone della Spagna nord-orientale, dove secondo le testimonianze di Strabone e di Plinio lo sfruttamento dei depositi auriferi avveniva nel corso del primo secolo dopo Cristo, sia a quella che si riscontra nella regione della Bessa, nel Biellese. Di altri due depositi segnalati in letteratura sappiamo ben poco, uno è comunque situato nel bacino del fiume Urbas, in Dalmazia e l'altro nella valle dello Zsil, in Romania. Un altro deposito simile è stato forse individuato da me stesso (cioè Giuseppe Pipino, nota di Z.G.) presso Jiloviste in Boemia, pochi chilometri a sud di Praga, area nella quale secondo antiche tradizioni ceche vi sarebbe stata un'intensa attività di raccolta dell'oro da parte delle popolazioni celtiche: si tratta di una serie di collinette boscose che, allungate parallelamente lungo il rio Korabka a sud del villaggio di Kliner, soltanto in limitate zone di erosione lasciano affiorare grossi ciottoli ben arrotondati (alcuni di quarzo) dei quali sembrano esser appunto totalmente costituiti detti rilievi.

Tornando all'Italia, pur essendo giustamente chiara e riconosciuta l'affinità che solitamente sussiste, nei depositi secondari, fra ricchezza aurifera e abbondanza di ciottoli di quarzo, correlazione giustamente riconosciuta da sempre, ci sono alcune eccezioni nelle quali presenzia oro, ma poco quarzo. Nell’Ovadese (infatti e ad esempio) i cumuli di ciottoli sono costituiti in prevalenza da ultramafiti più o meno serpentinizzate, con abbondanza di metagabbri, anfiboliti ed eclogiti, rocce, queste ultime, che sono scarse, se non rare, nel complesso metaofiolitico-calcescistoso, noto come "Gruppo di Voltri", che affiora nei monti immediatamente sovrastanti, mentre scarseggiano, o mancano del tutto, i calcescisti che pure ne sono parte importante. Manca appunto quasi del tutto anche il quarzo, sebbene sia noto che l’oro tragga origine dai filoni quarzosi idrotermali dispersi nel "Gruppo di Voltri" e la ragione di quanto sopra è proprio nella natura di questi ultimi: più che compatti filoni di quarzo, si tratta, infatti, di sottili vene quarzoso-carbonatiche che cementano prodotti di alterazione delle rocce ofiolitiche, a costituire rocce note come idrotermaliti o listwaeniti, i cui detriti si sgretolano facilmente durante il trasporto torrentizio. Buona parte dell’oro, inoltre, è contenuto nelle stesse rocce ofiolitiche, senza quarzo, e nei prodotti di alterazione superficiale delle manifestazioni primarie.

I "cumuli" dell'ovadese, quindi le aurifodine da cui essi derivano, in passato erano certamente molto più estesi di quanto sia possibile constatare direttamente oggigiorno "sul campo", tant'è che in una carta del 1585 conservata all'Archivio di Stato di Torino sono indicati con continuità sulla sponda sinistra del Piota ai due lati del Santuario della Rocchetta, là dove oggi ne restano pochi residui. Per quanto riguarda il sistema di sfruttamento, non vi sono qui elementi per sostenere in detta area l'uso delle tecniche descritte da Plinio a proposito dell'oro della Bessa: il metodo che Plinio poté osservare personalmente in Spagna e che fu certamente utilizzato anche nella Bessa, veniva (anche in tempi più recenti) praticato per depositi in cui lo strato ricco era molto più compatto ed in profondità. Anche nell'ovadese l'acqua opportunamente captata a discrete distanze ed una volta convogliata nei luoghi di coltivazione poteva esser utilizzata per abbattere, col suo impeto, porzioni di sedimento alluvionale, ma nella maggior parte dei casi veniva invece fatta scorrere in canali predisposti al lavaggio scavati a fianco del materiale interessato, in modo che il terreno da lavare vi venisse versato abbattendolo direttamente dalle sponde stesse del canale. I ciottoli più grossolani che impedivano lo scorrimento venivano tolti con un forcone (o simile) ed accatastati, mentre la parte più fine e leggera scorreva fino a riversarsi nel corso d'acqua a valle (Gorzente, Piota, Stura ecc.); nella zona finale del lungo canale venivano però predisposti alcuni ostacoli in modo da intrappolare l'oro. Alla fine di ogni ciclo di lavaggio, i ciottoli residui  venivano rimossi dal canale e si raccoglieva tutto il concentrato di minerali pesanti che lì era rimasto intrappolato: questo veniva ovviamente rifinito con estrema cura. Poi si poteva intraprendere lo scavo di un nuovo canale, parallelo al precedente.

 

LOCALIZZAZIONE CUMULI DI CIOTTOLI NELL'OVADESE

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Lungo le sponde del Gorzente, a valle del bacino artificiale dei laghi di Lavagnina, sono presenti estesi cumuli di ciottoli ben lavati ed allineati. I cumuli più noti ed evidenti emergono sulle sponde alte del Gorzente dalla centrale elettrica che utilizza la condotta forzata della Lavagnina fino alla confluenza nel Piota. Nella parte più a monte, in località Cravaria e sulla sponda opposta, i cumuli locali poggiano direttamente sul substrato serpentinitico, sono in gran parte privi di vegetazione e possono raggiungere i dieci metri di altezza. I ciottoli sono molto grossolani e presentano vario grado di arrotondamento; le loro dimensioni variano dai dieci ai quindici centimetri e più, con totale assenza di elementi più piccoli. Non si notano, in superficie, ciottoli di quarzo provenienti da filoni perché questi sono stati certamente raccolti in passato, quando rappresentavano un discreto prodotto per vetrerie e fonderie. Poco più a valle, presso C. Bessighe, sulla sponda destra, e sulla sponda sin. di C. I Piani, i cumuli poggiano su terreni di età Oligocenica e ne rispecchiano anche la composizione, cosa che aiuta a datarne la realizzazione. Essi sono ancora presenti, questa volta in misura più isolata e seminascosti dalla vegetazione, fin sotto il castello di Lerma, su entrambe le sponde del Piota. Anche in località Terrazze si possono notare detti cumuli, che lì formano una striscia pressoché continua (con larghezza che varia da pochi metri ad oltre quattrocento) interessata però da una fittissima vegetazione che oggi li nasconde ed al contempo, per contrasto, ne rimarca la sussistenza quando individuati. Altri discreti accumuli sono ben visibili nei pressi di C. Abramo e di C. Merghetti, come tra C. Serraglio e C. Silechi: in quest'ultimo caso nella fascia boschiva attraversata dalla strada che porta al Bricco. Anche a Nord di C. Lanza si dispone ancora di tali testimonianze, specie sul terrazzo che si eleva tra il Piota e il Rio delle Terrazze. Dall'altra parte della strada Ovada-Silvano i cumuli ricompaiono a nord di  Pagliara e possono esser seguiti con continuità per circa un chilometro, fino alle spalle del cimitero di Silvano, sul terrazzo che domina la confluenza tra Piota ed Orba, a quota 175 circa. La presenza di "mucchi di sassi" é segnalata storicamente anche sul terrazzo alto del Rio Secco.

 

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Per quanto riguarda invece lo Stura ed i suoi rii, subito a valle di Gnocchetto, sulla destra orografica,  c'è un'area di servizio autostradale (A26), nella cui zona sottostante si possono ancora vedere, seminascosti dal bosco residuo e ricoperti da vegetazione, estesi cumuli, alcuni dei quali alti ancora tre metri. Stesso discorso vale per il terrazzo di C. Sguardia, il quale si estende sulla destra dello Stura, poco a valle dell'affioramento mineralizzato di C. Zanaia, quest'ultimo oggetto anche di antica concessione mineraria: in detta zona sono peraltro visibili i resti del "mulino dell'oro" costruito per il trattamento delle vene aurifere. Qui i cumuli si estendono ancora per alcune centinaia di metri e talora con altezza superiore ai tre metri, nonostante ne siano state asportate grosse quantità per la realizzazione della linea ferroviaria che li attraversa. I cumuli sono anche qui, sovente, ricoperti da vegetazione, ma non mancano piccole aree completamente scoperte nelle quali sono ben evidenti i soliti ciottoli ofiolitici arrotondati, con diametro prevalente di venti o trenta centimetri. Ancora sulla sinistra del torrente, altre aree ricoperte da cumuli, questa volta poco estesi ed elevati, si notano lungo il margine meridionale del terrazzino che fa da spalla al ponticello che attraversa il torrente in direzione di Pian Carpeneto, idem dicasi sui due terrazzi contigui (e meno elevati) di Panicata e del Tiro a Segno: qui, secondo la testimonianza di gente del posto, grossi quantitativi di ciottoli furono utilizzati sia per la messa in atto della ferrovia, sia per costruire i due grossi muraglioni del tiro a segno. In questa zona, i terrazzi posti più in basso e vicini all'alveo furono invece asportati dalle piene più grosse, come ad es. quella del 1987.

 

L'ultimo terrazzo ricoperto da cumuli, ben evidenti nonostante la vegetazione che lì é fittissima, si trova a Nord-Ovest di C. Liaie ed é elevato di cinque o sei metri sul torrente: soltanto una sottile striscia lungo il suo bordo orientale risulta essere stata bonificata in passato con l'impianto di una vigna oggi completamente inselvatichita.

 

A lato pagina è disponibile il tasto per confrontare questo argomento sia con analoghe localizzazioni di cumuli individuati presso la sponda del Ticino in provincia di Novara, sia presso Mazzé (Dora baltea) ed altro. Infine, la possibilità di consultare la storia mineraria dell'ovadese e Val Gorzente.

 

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