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La raccolta dell'oro sul Ticino tra millesettecento e
milleottocento. |
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Quando
Robilant tornò dal
viaggio d'istruzione effettuato in Sassonia, portò anche nel ticinese la
conoscenza di migliorie sugli attrezzi da usarsi, nonché di altre
modalità per la pesca dell'oro. Tra l'altro i documenti di allora ci
dicono che finora i cercatori probabilmente non si curavano molto del
periodo susseguente alle piene o di altri accorgimenti simili, ma pur
praticando l'attività per tutto l'anno, davano anzi preferenza al
periodo invernale (forse perché liberi da altri impegni lavorativi). Stando
a vecchi scritti (Bossi, 1805), in questo periodo la raccolta dell'oro
alluvionale era già (giustamente) praticata a valle del Lago Maggiore,
sicuramente molto al di sotto di Sesto Calende; la maggior parte
delle scagliette aurifere veniva allora trovata nei pressi di Bernate,
per la precisione in terreni appartenenti ad un'Abbazia la quale
ricavava ottimi profitti affittando appunto il diritto alla pesca
(dell'oro, ovviamente). Altra zona ricca in quel periodo a noi ormai
lontano si trovava più a valle, cioè nelle rive di Cerano e di Cassolo.
Riferendoci poi ad un altro autore (Breislak, 1822) si ottengono
informazioni più dettagliate sulla questione: egli dice che la raccolta
dell'oro è in quei tempi limitata a pochi luoghi "...cioè al
territorio di Vigevano sulla destra, e sulla sinistra a quello di
Bernate e Boffalora...". Egli descrive anche
l'attrezzatura in uso, da cui si riconosce chiaramente la classica
scaletta o canaletta adoperata a tutt'oggi, idem dicasi per il suo
posizionamento e per quanto riguarda i piccoli accorgimenti da osservare
affinché l'acqua vi arrivi in modo corretto.
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Pochi anni dopo verranno promulgate nuove
leggi atte proprio alla
regolamentazione della pesca dell'oro sul Ticino: si trattò però di
ordinamenti sostanzialmente ambigui, poco chiari e d'interpretazione
varia. In pratica la ricerca fu lasciata libera ma a condizione di avere
il consenso da parte dei proprietari terrieri interessati al punti di
raccolta: da questo, considerando che tutti i terreni demaniali erano di
"proprietà virtuale" dell'Intendente (poi Prefetto), per
potervi esercitare la pesca sarebbe occorsa dunque la sua
autorizzazione...che guarda caso non dava volentieri...
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Tralasciando i particolari, si può comunque certo dire che furono
anni ricchi non solo di oro, ma anche di denuncie e controversie al
merito. Nel frattempo la presenza dell'oro veniva puntualizzata in vari
altri punti del Ticino e questo lo sappiamo grazie anche all'opera di
Jervis (1873), il quale ci dice ad esempio che nel 1871, in occasione
della costruzione della diga di Sesto Calende, per la derivazione
del canale Villoresi, vi furono proteste da parte di cercatori d'oro che
temevano l'impoverimento del fiume.
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In questo periodo anche diverse società cominciarono ad
interessarsi alla possibilità di uno sfruttamento in scala industriale
dei contenuti aurei di questo fiume installando draghe (vedi es.
di draga in altro posto) atte allo scopo, ma in linea di massima,
vuoi per motivi tecnici vuoi per questioni amministrative, si trattò
quasi sempre di tentativi che non ebbero molto successo, anche se ad es.
le due draghe che interessavano le località Molino Bello/Pibbia (Oleggio)
e Peschiera/Raspagna promettevano assai bene. Comunque sia, questi
eventi a noi servono
perché i relativi sondaggi effettuati per il contesto da dette
compagnie ci descrivono un pochino la costituzione delle sabbie del
Ticino; ad esempio, sulla Rivista del Servizio Minerario (1890) viene
riportato che una Società eseguì 15.200 prove al piatto lungo tutto il
corso del fiume, evidenziando un tenore medio di 1,30 grammi d'oro per
ogni metro cubo di sedimento, ed altre prove riguardanti nello specifico
il tratto fra Oleggio e Turbigo diedero 1,50 grammi al metro cubo.
Inoltre, in tutto questo periodo descritto ovviamente erano molti i
comuni singoli individui che arrotondavano la giornata praticando la
pesca dell'oro per poi vendere il ricavato a degli orefici: si trattava
di scagliette d'oro che occorreva ancora pulire ulteriormente da piccoli
residui di materiale pesante e da ciò noi oggi possiamo così sapere
non solo che detti residui fossero composti per la maggior parte da
zirconi, ma anche che l'attività lavorativa di un adulto aiutato da due
ragazzi rendeva loro dai due ai tre scudi al giorno. |
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NOTE
STORICHE DA DOCUMENTI MINERARI ANTICHI. 1014:
Enrico II concede alla chiesa di Novara, tra le altre cose, riva e alveo
del Ticino da Camariasco a pietra Maura, con relativa rendita
aurea. (Data da definire):
Guido Visconti di Somma, anche a nome del fratello Francesco, investe Pierino de Horegio e Pierino
Quercy, entrambi di Oleggio, del diritto e facoltà "cavandi ac piscandi aurum" (pesca
dell'oro) nella riva del fiume Ticino in territorio di Somma, dalla bocca del naviglio vecchio a Panperduto fino alla chiesa di San
Giorgio di Castelnovate, per tre anni, ad iniziare dal Natale scorso, con obbligo di pagare 3
lire imperiali e 4 soldi ogni Natale. 1474: Giovanni Calcaterra
acquista da Carlo Crivello licenza per la pesca dell'oro e (dei pesci)
nel tratto presso Romentino. 1641:
avviso a stampa della concessione, a don Giovanni Pozzobonelli, del
diritto di pesca dell'oro, argento e pesci nel Ticino, alle stesse
condizioni del già Gregorio Ortiz de Matienzo. 1689:
(e probabilmente anche già da prima), pure il marchese Clerici dispone
del diritto di pesca dell'oro e di pesci nel Ticino. 1727:
un documento di quell'anno c'informa che i diritti dei Calcaterra
di cui sopra succederanno nel tempo al canonico Carlo Morbio. 1846/1851: atti di
quegli anni
trattano una controversia tra il marchese Clerici e Giuseppe Antonio
Sonzini, affittuario del demanio per le pesche del Ticino e Ticinello,
con citazione delle precedenti concessioni rilasciate nel tempo ai Clerici
anche del diritto
di pesca dell'oro; da notare che questi ultimi, per argomentazioni sulla
pesca dell'oro, presenziano già in testi di fine '600. |
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