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Ovadese, oro e miniere nella storia.

 

 

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Sezione storia aurifera del Gruppo di Voltri, cioè  Ovadese, Val Gorzente ecc.

 

Come  già detto nella pagina dedicata alle origini minerarie di questo distretto, quella cioè descrivente i cosiddetti cumuli di ciottoli individuabili ancora oggigiorno, sussistono prove ineluttabili di antichissimi e particolari sfruttamenti auriferi riguardanti il distr. di Ovada, però non sappiamo se in qualche misura le ricerche dell'oro vi proseguirono anche nel Medio Evo, periodo interessato da conflitti e belligeranze varie che di certo ostacolarono lo sviluppo di qualsiasi attività economicamente costruttiva.

Oltre alla mancanza di notizie, o meglio di descrizioni certe e ben sviluppate sullo sfruttamento delle sabbie aurifere locali in questa nuova epoca storica, non ci è dato nemmeno di sapere se allora vi fu avviata una qualche vera e propria "coltivazione" delle miniere per lo sfruttamento dei numerosi filoni e vene metallifere presenti in questa zona. Si consideri però che a livello informativo si sta parlando di un periodo storico piuttosto "buio" per qualsiasi argomento in generale. Ora, andando qui dunque necessariamente avanti nel tempo, disponiamo di dati storici finalmente significativi ad es. nell'anno 1355, quando Giovanni II di Monferrato ottenne dall'imperatore Carlo IV l'investitura di molti feudi nella zona, compresi quelli di Lerma e di Casaleggio, e numerosi diritti connessi ai medesimi, tra i quali "...il diritto di miniere d'oro e di argento..." : si noti che quest'ultima è una nota importante perché non solo costituisce sicura testimonianza della della conoscenza di allora di siffatte

Questa zona italiana visse nel tempo diversi travagli per via della sua importante posizione geografica, basti pensare ad es. al fluire dei commercianti che da lì passavano per recarsi al fondamentale mercato di Genova; per questo ed altri motivi il territorio in questione fu quindi periodicamente oggetto d'interesse da parte di varie "signorie" che puntualmente lo occupavano o liberavano dalle precedenti per sostituirsi alle medesime e così via. Queste in seguito si resero conto anche della consistente presenza d'oro nei fiumi o rocce locali e ne conseguirono quindi ulteriori e forti  interessi, situazione che iniziò ad evidenziarsi chiaramente dal periodo dei Marchesi del Monferrato in poi, casato che iniziò tra il X/XI secolo, con (pur non marchese) Oddone I.

ricchezze presenti nel territorio locale, ma anche il particolare e comprensibile interesse che avevano i Marchesi del Monferrato nel volersi assicurare il possesso di quanto sopra.

Lo sfruttamento di queste miniere, come la ricerca di nuovi anditi auriferi nel medesimo distretto, risultarono però in quel periodo assai difficili e poco fruttiferi a causa delle guerre e tumulti vari che interessarono quella ed altre zone, e questo sino quando dopo i conflitti franco/spagnoli i "Gonzaga" di Mantova, alleati di Carlo V, occupano alcune terre del Monferrato per poi assicurarselo tutto nella successiva Pace di Cateau Camresis del 1559. Secondo la tradizione questi ultimi avviarono sia (e soprattutto) la coltivazione delle sabbie aurifere sia qualche tentativo di sfruttamento in miniera, attività poi mantenute entrambe in vigore e proseguite nei secoli a seguire individualmente da abitanti locali che vendevano il ricavato a mercanti genovesi di passaggio, cosa dimostrataci oggigiorno da documenti vari quali ad es. una lettera inviata (1824) da Nicolò Marengo al Re e nella quale si comunicava al sovrano che "... ad Ovada alcuni paesani vendono pezzetti d'oro provenienti da qualche filone aurifero del circondario...", oppure da altra nota dell'anno appresso nella quale si cita la sussistenza di polvere d'oro nei pressi di Casaleggio.

 

OVADA

               

Avvicinandoci di più ai giorni nostri, sempre per i medesimi motivi l'indagine statistica promossa dal Governo Sardo nel 1825 puntualizzò la presenza delle manifestazioni aurifere all'attenzione degli amministratori; l'ingegnere candido Baldracco, del Corpo Reale delle Miniere, recatosi sul posto per verificare la consistenza delle notizie ricevute, accertò la presenza di numerosi filoni auriferi contenenti da 2,85 a 12,5 grammi d'oro per tonnellata di roccia. Nel 1843 Panfilo Giuseppe Donati, nipote del Baldracco, ottenne la concessione di due miniere d'oro in Val Gorzente, le quali presero il nome dalle due corrispettive località, cioè Alcione Maggietta e Moglia Ferraio. Le coltivazioni di queste risorse, presto iniziate, non andarono però oltre la mera fase artigianale e questo perché oltre alle numerose peculiarità d'ordine burocratico che ne ostacolarono il procedere (ed al tempo stesso anche dalla contenuta disponibilità d'investimento economico al merito da parte del Giuseppe Donati) sorsero variegate complicazioni d'ordine legale con altri imprenditori locali interessati al contesto. Da tutto questo ne conseguirà, dopo vari "rimbalzi" di permessi di proprietà, che i diritti al merito verranno acquisiti da società francesi ed inglesi che ovviamente invieranno sul posto loro esperti: uno di questi, l'ing. Dady, non impiegò molto ad accorgersi (anch'egli) che le giaciture aurifere della val Gorzente d'ordine primario (cioè ancora su roccia) presentavano tenori in oro assai poco costanti e questo anche quando per la valutazione veniva utilizzato "materiale scelto" e ritenuto particolarmente valido: và comunque certamente segnalato che in dette cernite furono rinvenuti diversi e considerevoli granuli d'oro dalle misure significative, uno dei quali di circa un etto.                          

         

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Secolo seguente (1800)

 

 

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