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emilia romagna Pozzo dell'oro

 

 

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L'Oro del "Pozzo": secondo ritrovamento di oro nativo nell'ofiolite di Corchia, Berceto (Apennino Parmense).

Pag. fatta con:

 

Giorgio Garuti

 

Fabrizio Adorni

 

Valeriano Calderini

 

 

Federica Zaccarini

 

SOMMARIO. Granuli di oro, con contenuti Ag(9.32-13.21 %), Fe(0.36-5.23 %) e Cu (0.13-2.86 %) e dimensioni variabili da 2 a oltre 30 μm, sono stati rinvenuti per la seconda volta tra i campioni del cantiere Pozzo dell’ex miniera di Corchia, Berceto, Parma, Emilia Romagna. In precedenza, grani d’oro di dimensioni massime < 10 μm erano stati rinvenuti alla galleria Donnini e nelle discariche del cantiere Speranza, ma in un’associazione paragenetica diversa. Al Pozzo l’associazione è con pirite, calcopirite, magnetite, molibdenite, siegenite(?) e sfalerite. Questo secondo ritrovamento sembra presentare varianti rispetto ai precedenti in cui la presenza dell’oro veniva fatta risalire a processi vulcano-esalativi di fondo marino.

 

INTRODUZIONE. Recentemente, Garuti & Zaccarini (2005) e Garuti et al. (2006) hanno segnalato la presenza di oro nativo nei depositi di solfuri cupriferi associati alle masse ofiolitiche che si estendono a ovest del villaggio di Corchia (Appennino Parmense). I granuli d’oro, di dimensioni sub-microscopiche (< 10 μm), sono stati scoperti con l’aiuto della microscopia elettronica a scansione in alcuni campioni provenienti dalla galleria Donnini e dalle discariche del cantiere Speranza che, per entità dei lavori e dimensioni delle riserve erano considerate le miniere di rame più importanti della zona. La paragenesi di queste mineralizzazioni (pirite, calcopirite, sfalerite), il loro assetto tabulare, nonché la presenza di elementi biologici e sedimentari, confermano l’origine idrotermale della mineralizzazione (Bertolani, 1962) e indicano che la deposizione primaria dei solfuri è avvenuta su di un antico fondo marino (Garuti ed altri, 2006). Il quadro genetico appare, quindi, del tutto analogo a quello dei giacimenti vulcano-esalativi associati alle rocce basaltiche di varie formazioni ofiolitiche (black smokers).

La continuazione delle ricerche mineralogico-giacimentologiche nel distretto minerario di Corchia ha condotto a un ulteriore ritrovamento di oro associato alla mineralizzazione a solfuri del cantiere denominato “Pozzo” (Adorni & Guelfi, 1997). L’abbondanza dei grani rinvenuti e la singolarità della loro associazione paragenetica che si distacca sostanzialmente dal ritrovamento precedente, ci ha indotto a dare particolare rilevanza a questa nuova scoperta, nonostante che essa non rivesta più il carattere di “prima segnalazione” per il distretto minerario di Corchia.

NOTE GEOLOGICHE. La geologia dell’ofiolite di Corchia, come avviene per la maggior parte dei blocchi ofiolitici nelle Liguridi Esterne, si presenta molto complessa, con rapporti stratigrafici tra le varie litologie (plutoniti, vulcaniti, brecce ofiolitiche, graniti e coperture sedimentarie) spesso poco chiari o indefinibili in conseguenza della intensa tettonizzazione causata dall’orogenesi appenninica (Bertolani, 1962; Adorni & Guelfi, 1997; Garuti et al., 2006). Tuttavia, nella zona mineraria a ridosso delle Cascine Perboni è possibile ricostruire una sequenza stratigrafica che dal basso verso l’alto è costituita da serpentinite, basalto a cuscini e breccia basaltica sormontata da argille a Palombini caoticizzate, probabilmente in facies olistostromica (Garuti et al., 2006). Il cantiere Pozzo è posto a ovest delle Cascine Perboni in prossimità della cima del Monte Binaghe, dove affiorano in assetto caotico argille a blocchi, argille a Palombini, brecce basaltiche e basalti a cuscini. Un sottile lembo di serpentinite si estende sul versante E del Monte Binaghe (1159 m) compreso tra le argille a blocchi e le brecce basaltiche. La roccia fortemente laminata presenta contatti indistinti con le formazioni attigue, ma è ben riconoscibile per il suo color verde intenso e la presenza diffusa di una copertura detritica composta di un fine brecciolino di serpentinite. La serpentinite ospita un banco lentiforme di solfuro massivo con spessore massimo di circa 1,5 m ed esteso lateralmente per alcune decine di metri con direzione approssimativa di NE e immersione 50-60° NW. Il cantiere principale è costituito da un pozzo di circa 15 m che penetra nel banco mineralizzato fortemente inclinato (vedi foto in basso). Il pozzo e interrotto al fondo da crolli che lasciano intendere la presenza di una galleria che si estendeva orizzontalmente nelle due direzioni lungo il banco. Al tetto del banco si osserva una estesa superficie di serpentinite apparentemente sterile, segnata da profonde tracce di scorrimento probabilmente determinate da un movimento tettonico. Al letto la mineralizzazione degrada nella serpentinite laminata senza evidenti soluzioni di continuità. Sebbene simile morfologicamente ai depositi Donnini e Speranza, il Pozzo si distingue per la sua esclusiva associazione con la massa serpentinosa e la mancanza di legami spaziali con l’interfaccia basalto-sedimenti (antico fondale marino) che caratterizza gli altri giacimenti dell’ofiolite di Corchia (Garuti & Zaccarini, 2005; Garuti et al., 2006).

 

MINERALOGIA GIACIMENTO. All’esame macroscopico la mineralizzazione si presenta costituita da minerali metalliferi intimamente concresciuti con la ganga secondo strutture che talora assumono un aspetto cataclastico e brecciato. I principali minerali di ganga sono: serpentino, talco, “clorite” e carbonati di Ca-Mg (forse dolomite), mentre sembra essere totalmente assente il quarzo che costituisce la ganga più comune degli altri depositi del distretto di Corchia.

I minerali metalliferi: L’esame microscopico in luce riflessa, supportato da una serie di controlli con microsonda elettronica, ha rivelato una associazione assai complessa di minerali metalliferi composta da pirite, calcopirite e magnetite come minerali dominanti, a cui si associano siegenite, sfalerite, molibdenite come minerali accessori. L’oro nativo è sempre associato ai minerali metalliferi principali.

Oro (Au, Ag,F,e Cu). Un totale di 32 grani d’oro di dimensioni variabili da 2 a oltre 30 μm è stato individuato durante l’esame in microscopia ottica di 12 sezioni lucide, per una superficie totale esplorata di circa 20 cm. quadrati. L’oro generalmente si trova incluso nella calcopirite, sia come grani singoli o in contatto con magnetite, sfalerite e talvolta clorite. All’esame microscopico in luce riflessa l’oro appare di un colore giallo brillante caratteristico, che fa risaltare i grani sullo sfondo giallo pastello e grigio rispettivamente di calcopirite e magnetite. Il potere riflettente dell’oro puro è R = 77, e aumenta quando l’oro e in lega con Ag, ma diminuisce se sono presenti impurità di altri metalli come Cu e Fe. Nelle immagini elettroniche l’oro appare bianco brillante rispetto ai solfuri e ossidi grigi della matrice a causa dell’elevato numero atomico dell’elemento (Au = 79). I grani in generale hanno forme irregolari con bordi in apparenza curvilinei. Tuttavia, l’esame a forte ingrandimento con microscopia elettronica ha rivelato come i bordi tondeggianti di alcuni grani siano talora dovuti allo sviluppo di numerose facce rettilinee, conferendo al grano una certa tendenza all’idiomorfismo. La composizione chimica ricavata da analisi puntiformi in microsonda elettronica rivela contenuti variabili di Ag (9.32–13.21 %), Fe (0.36–5.23 %) e Cu (0.13 –2.86 %).

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE. Lo studio di una serie di campioni di solfuro cuprifero provenienti dalla mineralizzazione denominata “Pozzo” ha condotto alla seconda segnalazione di oro nativo nell’ofiolite di Corchia, dopo quella effettuata da Garuti & Zaccarini (2005) e Garuti et al. (2006) nei cantieri minerari detti Donnini e Speranza. Questo secondo ritrovamento, tuttavia, sembra presentare alcune varianti rispetto ai precedenti in cui la presenza dell’oro veniva fatta risalire a processi vulcano-esalativi di fondo marino (Garuti et al., 2006). Le principali differenze riguardano la mineralogia e l’assetto del giacimento del Pozzo che suggeriscono un’origine non riconducibile alle celle convettive idrotermali dell’antica Tetide giurassica.

1) L’oro del Pozzo appare molto più abbondante e di granulometria più grossolana, raggiungendo in qualche caso dimensioni superiori a 30 μm, caratteri che non sono comuni nelle mineralizzazioni delle ofioliti Liguri (Garuti & Zaccarini, 2005).

2) La composizione dell’oro del Pozzo presenta contenuti di Ag, Fe e Cu superiori a quelli osservati precedentemente, e si avvicina alla composizione dell'electrum (Au75Ag25), indicando cosi una più alta temperatura di formazione.

3) La grande abbondanza di magnetite e la presenza di siegenite e molibdenite nell’associazione paragenetica dell’oro del Pozzo non si accorda con quella osservata nei cantieri minerari Donnini e Speranza (Garuti et al.,2006), né con quella degli altri giacimenti idrotermali delle ofioliti Liguri (Garuti & Zaccarini, 2005).

4) La ganga della mineralizzazione del Pozzo è costituita essenzialmente da minerali femici di alterazione e carbonato (talco, “serpentino”, dolomite) e da “clorite”, ma appaiono significativamente assenti il quarzo, l’albite, l’epidoto e la titanite, costituenti essenziali della ganga delle mineralizzazioni idrotermali delle ofioliti Liguri.

5) Infine, dobbiamo notare che il deposito del Pozzo si presenta con morfologia stratiforme, concordante con la fabric mineralogica e la laminazione della serpentinite ospite, ma non contiene alcun elemento strutturale o mineralogico che indichi una deposizione del minerale in ambiente sottomarino, come invece si osserva in tutti i depositi stratiformi associati alle ofioliti Liguri (Garuti & Zaccarini, 2005).

Il deposito del Pozzo presenta elementi mineralogici e strutturali simili ad altre manifestazioni a solfuri di Fe-Cu localizzate nelle unità ultrafemiche delle ofioliti Liguri (i.e.: Monte Ramazzo e Monte Rossola) che rappresentano il prodotto metamorfico di depositi originatisi in condizioni magmatiche e successivamente coinvolti nel processo di oceanizzazione del bacino Ligure-Piemontese (Ferrario & Garuti, 1980).

 

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