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Qui sei
nelle pagine che ho realizzato, estrapolando e riordinando secondo le
esigenze del sito, buona parte delle argomentazioni mineralogiche e
minerarie trattate in una pregevole tesi di Laurea sull'alta Val Sesia. (vai
a inizio Tesi) |
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Dalla
tesi di Laurea di Alessio
Rimoldi, su suo gentile consenso e che ringrazio per averla resa
disponibile al mio Sito.
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Tecnica di estrazione e di amalgamazione
del minerale aurifero. |
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Le prime
testimonianze delle attività estrattive in Valsesia risalgono al 1200;
allora dalle miniere si estraeva Argento, che era trattato per fusione. Il processo di amalgamazione cominciò
invece ad essere applicato
in Valsesia nella prima metà del Seicento, quando Giulio Cattaneo,
saggiatore di metalli a Milano, riconobbe la ricchezza in Oro del minerale
estratto da una miniera d’argento di Alagna. Secondo una testimonianza anonima pervenuta al Tribunale
di Milano nel 1649, "il minerale veniva scavato e cernito sul posto,
quindi portato a valle e pestato; la polvere ottenuta veniva impastata con acqua e mercurio in grossi recipienti dove rimaneva da
tre settimane ad un mese e rimescolata ogni giorno. Dopo di ciò si metteva il materiale nei molini, poco
per volta, aggiungendo sempre mercurio e alla fine si raccoglieva una certa quantità di
amalgama
che si separava col fuoco". Nello stesso anno Giorgio D’Adda,
Cavaliere
gerosolimitano, esponente di una delle più importanti famiglie milanesi e proprietario di estesi possedimenti in
Valsesia, chiese la concessione al Governatore di Milano per coltivare una miniera aurifera
di Alagna, già di sua proprietà, utilizzando
un procedimento da lui inventato e descritto. Questo avrebbe consentito un minor consumo di
"Argento Vivo"
(Mercurio), ed una maggiore resa. Detto procedimento consisteva nel "(...) far lavorare con due macine sopra
uno stesso molino, cioè una fatta di pietra, et l’altra fatta di legno, et nel far lavorare la miniera,
et cavarvi l’argento et oro, adoperando acqua forte, le sue fecce o sijno residenze, acqua vita,
calcina, lescive o altra acque bollite, o distillate, o cimentare, come salnitro, allume,
vitriolo, sale ammoniago,
altri sali cavati, o artificiosi". Da quanto sopra
emerge quindi che il cavaliere D’Adda introdusse l’impiego di
prodotti chimici nel procedimento, riducendo la quantità necessaria di mercurio.
L’innovativo processo ebbe grande successo grazie alla
sua funzionalità e facilità d’uso, cosicché accanto alle coltivazioni ufficiali prosperarono anche
quelle abusive da parte di alcuni valligiani, grazie alla possibilità di trattare discrete quantità
delle vene più ricche con piccoli molinelli d’amalgamazione.
Nel 1756, durante la gestione statale del governo sardo,
il processo di amalgamazione fu completamente sostituito con quello di liquazione
(piombificazione)
dall’ispettore delle Miniere Spirito Nicolis De
Robilant, che riteneva quest’ultimo
più efficiente ed economico, ma questo procedimento non diede i frutti
sperati e nel
1769, alle dimissioni dell’ispettore e alla rinuncia della gestione delle miniere da parte dello Stato
sardo, venne ripristinato il metodo per amalgamazione, dietro preciso ordine del re.
Esso continuò ad essere utilizzato fino all’inizio del
Novecento quando, nonostante l'avvento del trattamento per cianurazione, le miniere d’oro della
Valsesia chiusero definitivamente (Z.G. Nota copiata da altra mia pag. del
Sito per riassumere il secolo qui senza informazioni. Nel 1836, il dott. Giovanbattista
Fantonetti, Professore
presso la facoltà di medicina delle Università di Pavia e di Torino, sindaco di Vanzone con
San Carlo (piccolo borgo della Valle Anzasca), descrisse le miniere di Macugnaga (borgo alle
pendici del Monte Rosa, in Valle Anzasca).
Nelle opere pubblicate descrisse minuziosamente le
tecniche di scavo e di amalgamazione utilizzate dai minatori nell’Ottocento.
Se ne riporta qui a seguire un breve
riassunto: |
"L’escavazione viene eseguita da operai chiamati
Minatori, quelli che portano fuori dalla cava il minerale hanno il nome di
Spazzini. La galleria viene
scavata, dove si può, dall’alto verso il basso, tenendola abbastanza alta e larga da permettere un
passaggio agevole alle persone e ai carretti per il trasporto del minerale.
Nell’escavazione si cerca di usare il più possibile la Subbia, strumento simile ad uno scalpello e quando è necessario si usano anche delle mine detonate
con polvere esplosiva. Il materiale scavato viene cernito (scelto), i frammenti non auriferi vengono utilizzati
per rendere più stabile la struttura portante della galleria, mentre i frammenti di interesse vengono
trasportati per mezzo di un carretto spinto a mano e fatto scorrere su delle piccole
travi; dai pozzi il
materiale è tratto fuori per mezzo di secchi. Portato il minerale aurifero alla luce del giorno si
provvede ad un’ulteriore cernita, i frammenti rocciosi vengono lavati con acqua e divisi in base alla loro
natura (del filone o della roccia incassante). per quanto riguarda la necessità di convogliarlo nei siti per il
trattamento, questo compito è peculiarità delle donne, che in pianura
portano fino a 60
Kg. e in discesa arrivano fino ai 150 Kg. per mezzo di gerle in legno. Il materiale arrivato nei siti per il
trattamento viene
prima di tutto macinato e reso in polvere, dopo di che messo in apposite casse di
legno e si aggiunge generalmente della calce lasciando riposare il tutto dalle dodici alle ventiquattro ore per neutralizzare le sostanze acide
presenti che
interferiscono con l’azione del mercurio. |
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Parti di una
macina: a sinistra la "Pila" e a destra la "Moletta". |
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A questo punto il composto viene quindi trattato col
molinello
d’amalgama,
che consiste in una piccola botte in legno al cui interno vi è una pietra tonda e concava
(pila) che ne riempie esattamente il fondo. Questa pietra è forata al centro ed è attraversata da un
cilindro (albero) di legno, alla cui sommità è fissata la macina (moietta); su quest’ultima si
impiantano due spranghe di ferro. Queste mole sono smussate a forma di mezzaluna su due
bordi diametralmente opposti per consentire il passaggio del minerale e del mercurio che
devono essere tritati tra le due pietre. La moletta è messa in moto da una ruota orizzontale a
palette: un canale derivato dal torrente forma un getto che cade sulle pale inclinate della ruota, facendola
girare. |
Il materiale
sabbioso viene immesso nel
molinello in successione di tre serie con dell’acqua,
aggiungendo infine il mercurio. In media per 24 Kg di minerale si
utilizzano 200 g di mercurio, anche se il rapporto varia in base alla
presenza più o meno frequente di elementi affini al mercurio, quale ad
es. l'arsenico, detto per la circostanza "il veleno dell’oro".
Raggiunta la giusta consistenza, si raccoglie l’amalgama dal molinetto e
lo si ripone in una scodella di legno per essere poi versato in una pelle
di camoscio bagnata; con la “strizzatura” della pelle il mercurio non
amalgamato esce e all’interno rimane così una pallina di amalgama, il
cosiddetto "oro bianco". Quest'ultimo viene trattato col fuoco,
quindi distillato per mezzo di una storta in ferro e un
recipiente pieno d’acqua che serve sia a far condensare i vapori di
mercurio, in modo da recuperarne la parte che con l'oro formava l’amalgama,
sia per evitare esalazioni nocive. All’interno della storta
rimane così un aggregato finemente spugnoso, detto appunto spugna
la quale, dopo averla estratta dalla storta in ferro, viene
deposta in un crogiolo di grafite da passare infine alla forgia
(forno) per la fusione. Questo è un momento delicato: la spugna
assume un colore verdastro e, in un attimo, l’oro si aggrega nel cosiddetto "bottone"
(oro rosso); solo a questo punto bisogna
togliere il bottone dal fuoco". |
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Elementi di Tossicologia
del Mercurio. |
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Il mercurio
(l’Italia ne detiene più di 1/5 delle riserve mondiali) è l’unico metallo
che risulta liquido alla temperatura ambientale ed essendo dotato di discreta volatilità,
a detta temperatura emette vapori in quantità significativa. |
Il principale minerale da cui viene estratto
è il Cinabro (solfuro di mercurio). Il Mercurio è presente nel suolo, nell’atmosfera e
nelle acque in concentrazioni non tossiche che tendono a mantenersi costanti (equilibrio
geochimico), ma va detto che nel corso di questi decenni l’enorme aumento
del suo impiego a livello
industriale ha sconvolto l’equilibrio preesistente, rendendone così
assai complesso il controllo a livello ambientale e problematica la valutazione dell’esposizione
industriale. A confermare ciò, la valutazione del Mercurio in vari strati di ghiaccio in Groenlandia
dimostra un suo notevole graduale incremento a partire dall’inizio del 1900 fino ai giorni nostri.
Da questo ne consegue la presenza (e nostra relativa assunzione) del Mercurio nella
catena alimentare attraverso due vie: acqua e alimenti. |
Il Mercurio allo stato elementare (mercurio metallico)
viene trasformato in Metilmercurio (mercurio organico) ad opera dei microrganismi nelle condizioni
anaerobie esistenti nei fondali delle riviere o dei laghi. Esso è assorbito dal plancton
(fito e zooplancton) che a
sua volta è assorbito dai pesci. La contaminazione delle acque da parte del Mercurio accelera
il processo di contaminazione degli organismi, in quanto il Mercurio ed i suoi derivati si
concentrano negli organismi acquatici viventi ad un tasso di 103-105 più elevato rispetto al Mercurio
libero nelle acque, prevalentemente come Metilmercurio. Ne consegue una gravissima epidemia chiamata
Sindrome di Minamata, dal nome del villaggio presso l’omonima baia nel
Giappone interessata dagli
scarichi di un impianto industriale per la produzione di acetaldeide che
ai suoi tempi
causò (contaminando i pesci) l'intossicazione ed il decesso di moltissime
persone e animali vari. |
In Italia,
presso la baia di Vada (Livorno), nel 1979 le concentrazioni medie di
Mercurio totale nei pesci di diverso tipo arrivavano a 2,1 mg/kg di pesce
umido, rappresentate per più del 90% da metilmercurio. Da notare che il
tasso di Mercurio nel pesce destinato all’alimentazione umana non deve
superare, nel nostro Paese, gli 0,7 mg/kg di pesce umido. Infine, ma non
ultimo in ordine d'importanza, anche la produzione di pane con grano
contaminato fu la causa di numerosi casi di avvelenamento. |
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Tossico - dinamica. |
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Il Mercurio metallico viene assorbito principalmente per
via inalatoria, quello organico invece per via digerente (cibo) e cutanea (se veicolato da solventi).
Principalmente si deposita nel Sistema Nervoso Centrale,
nel rene e nei capelli; i composti organici riescono ad oltrepassare anche la barriera placentare,
depositandosi nel feto. Dopo di ciò, sotto qualsiasi forma penetri nell’organismo, esso viene in
gran parte eliminato attraverso i reni e le feci. |
Il meccanismo d’azione tossica è
tutt'oggi
in parte sconosciuto, fatto sta che giunto a contatto con i tessuti a concentrazioni
elevate
provoca l’immediata morte delle cellule. Questo metallo blocca numerosi recettori costituenti la
maggior parte dei componenti proteici, quelli essenziali per l’ integrità delle membrane cellulari ed
in particolare gli enzimi; pare che esistano delle interazioni biologiche tra Mercurio e Selenio, per
cui alcuni composti del Selenio sembrerebbero esercitare un effetto protettivo nei confronti del
Mercurio organico. |
Si può diagnosticare l’intossicazione da Mercurio in
seguito ad analisi sul dosaggio del metallo nelle urine, nel sangue e nei capelli.
I quadri clinici più comuni si riscontrano sia a carico del
Sistema Nervoso Centrale e Periferico sia all’Apparato Digerente e Renale.
Nella intossicazione da Metilmercurio, a farne le spese è
soprattutto il feto: il composto, essendo tetratogeno, provoca l’insorgenza di gravi malformazioni.
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AMALGAMAZIONE:
nel Sito ho riordinato alcune
pagine sequenziali che trattano della sua
scoperta, delle migliorie applicatevi nel tempo, sino al suo
"abbandono", quando cioè questo metodo venne sostituito
da quello della cianurazione (con descrizione anche di
quest'ultimo). |
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