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Lombardia
e origini del suo oro alluvionale in un colto studio di Scipione
Breislar ('800) qui ordinato in tre pagine sequenziali: si
consideri che in linea di massima questo argomento può essere
valido per tutta la situazione alluvionale italiana. NOTA: il testo è
stato riportato tale e quale nella sua forma di "scrittura antica". |
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Analoga
del tutto alla Ticinese è l'arena aurifera che si trova in alcuni siti
delle sponde dell'Adda, benché sia
molto meno conosciuta, non avendo trovato che siane fatta menzione in
alcuna delle descrizioni di queste contrade e l'avrei ignorato se non ne
fossi stato avvertito dal mio dotto collega astronomo Cesari. Le pugliuole
d'oro che col metodo delle lavande si ricavano delle sabbie dell'Adda sono
accompagnate egualmente dal ferro titaniato, e dalla medesima arena
silicea che abbiamo descritto poc'anzi; quindi, volendo trattare dell'arena aurifera di questo fiume, sarei obbligato a ripetere ciò che ho
detto di quella del Ticino: mi limito dunque ad osservare che il metodo
invece ancora usato sulle sponde dell'Adda per la separazione dell'oro è
quello che una volta si seguiva sulla spiaggia del Ticino, e consiste nel
far uso di una tavola, segata di fresco che conserva ancora la sua
scabrosità ed i suoi peli (nel periodo di questa relazione, sul Ticino
detto sistema era infatti già stato sostituito coi metodi
descritti nella precedente pagina, nota aggiunta zg). Sopra questa tavola, posta ad una conveniente
inclinazione, si sparge l'arena aurifera e vi si getta sopra molta acqua
la quale, trasportando l'arena, lascia le pagliuole d'oro inceppate tra i
peli della tavola; detto metodo pare una modificazione di quello indicato
da D'Aubuisson, nel Trattato di Geoguosia, dove narra che in
alcuni luoghi nel momento in cui i fiumi trasportano molte fogliette
d'oro, si collocano nelle posizioni convenienti alcune pelli di montone,
le quali ritengono nella loro lana le particelle aurifere, in guisa che
dopo un certo tempo si ritirano quelle pelli cariche di pagliette d'oro.
Se si voglia avere riguardo all'antichità dei documenti storici, vi è
luogo a credere che l'arena aurifera dell'Adda fosse conosciuta anche
prima di quella di Ticino, poiché (lasciando da parte tutte le notizie
vaghe ed incerte) nell'opera stampata in Milano dal Galeazzi nel 1763 col
titolo Laudensíum Episcorum series a Francisco Ferdinando Unghellio
primurm contexta, deinde a Nicolao Collatio aucta, numc ab Antonio
Zaccaria restituita et mandata, alla pag. 118 è riportato un diploma
del 1002 di Arduino, Re
d"Italia, anteriore di 162 anni
al diploma dell' imperatore Federico, di cui si è parlato prima, e nel
quale si dice che per
aderire alle preghiere della regina Berta si concede
al Vescovado di Lodi tutta la rendita auri quod in amne levatur in toto
Dominio o Castellorum Cavenaci et Gulga gnani. Questa rendita nel 1779
fu avvocata alla R. Camera, e ciò ebbe luogo perché il diritto di
raccogliere l'oro fu considerato come un diritto di regalia, di sua natura
inalienabile. Al presente il Reale Erario percepisce la piccolissima somma
di 170 lire italiane, ma conviene dire che una volta il prodotto di questa
raccolta fosse maggiore, poiché prima del 1772, secondo le notizie
comunicatemi dal professore Cavezzali , l'appaltatore pagava annualmente
al Vescovado di Lodi lire 700 di Milano, equivalenti a lire ital. 536,27.
Alla
distanza di circa sette miglia all'est dell'Adda, corre il Serio, il
quale, scendendo dalla valle Seriana nel bergamasco, si scarica nell'Adda
nel luogo detto Bocca di Serio, e nelle sabbie di questo fiume, in
vicinanza di Crema, più volte si è fatta la raccolta dell'oro. Ho
esaminato una piccola quantità di queste fogliette che si conservano nel
Museo Tadini in Crema, e vi ho rinvenuto parecchie particelle di ferro
attrattorio: dal ché si deve dedurre che anche sul Serio l'oro è
accompagnato dalla stessa arena che lo contiene sul Ticino e sull' Adda.
La famiglia Bonzi di Crema, sin dall'anno 1450, avendo avuto dal Governo
Veneto il |
diritto di
pescare in quel fiume, sovente vi fece
raccogliere anche le pagliuole d'oro, operazione che da alcuni anni è
stata abbandonata. L'identità dell'arena aurifera del Ticino all'ovest
con quella dell'Adda e del Serio all'est dà luogo a pensare che un letto
generale di tale arena, coperto dalle materie di trasporto, passi sotto la
superficie della nostra pianura
e la renda analoga sotto questo aspetto sia alla pianura del Banato in Ungheria,
sia a quella
dell’Orco in Piemonte e ad altre simili che,
formate dai terreni di trasporto, |
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cioè di ciottoli, di sabbia e argilla, contengono uno strato di terreno
aurifero che talvolta si estende |
Oro dell'Adda di tipo vario |
anche per parecchie miglia in lunghezza e larghezza. E' da
notarsi per altro che le fogliette d'oro dei terreni di trasporto non sono
sempre accompagnate da quell'arena di ferro titaniato di cui abbiamo
parlato, e credo che sarebbe un oggetto interessante per la geologia il
distinguere le contrade nelle quali l'oro è mescolato col ferro titaniato
da quelle nelle quali è unito a terre di natura diversa. Se si riflette
che le arene attrattorie titanifere, mescolate con frammenti di corindoni,
di giargioni, di perido, di granati, ecc., sono sommamente frequenti nelle
contrade volcanizzate ed intorno ai volcani al presente attivi, e che, secondo le analisi del citato Cordier, se si eccettuino le lave vetrose,
le pomici ed i tufi che si fondono in vetro bianco, tutte le rocce
volcaniche contengono il ferro titaniato, si rende molto probabile
l'opinione che questo composto metallico sia una delle molte combinazioni
originarie dei volcani: quindi si risveglia il desiderio di conoscere da
quale luogo sia proceduta quell'arena che noi abbiamo in molta copia nei
nostri contorni dove non v'è alcuna traccia di volcani spenti. Dovremo
sospettare che sia stata trasportata nelle antiche alluvioni dai paesi
volcanici della Francia o da altri luoghi ancora più lontani? Ma osservo
che nel vicino Tirolo e nella catena da noi non molto distante dei monti
Berici ed Euganci abbiamo una formazione trappica la quale si estende
parecchie miglia: ma cosa é mai questa misteriosa formazione trappica, la
quale a guisa di mantello ha coperto le più recenti formazioni, senza
escludere quelle dell'acqua dolce, e della quale in oggi non si ravvisano
che pezzi laceri molto piccoli in confronto alla grandezza della
superficie terrestre? Non è qui luogo d'insistere su questo punto di
geologia, tanto più che ogni giorno va crescendo il numero di quelli i
quali, convinti dall’evidenza dei fatti, riconoscono che i terreni
detti trappici secondari sono opera dei volcani che hanno preceduto il
ritiro del mare dai nostri continenti dei quali le materie arenose e
polverulente hanno potuto essere trasportate dai venti e dalle correnti
del mare a distanze grandi certamente, ma proporzionate alle loro forze;
quindi la presenza dell’arena titanifera potrebbe essere un indizio di
qualche terreno volcanico non molto lontano. E' opinione ricevuta
generalmente che i fiumi, passando per montagne nelle quali sono miniere d'oro
ne corrodano le rocce che lo contengono, e quindi lo depongano in diversi
siti lungo il loro corso. Una ragione, in apparenza plausibile, sulla
quale è fondata questa opinione, è che la pesca dell’oro risulta più
copiosa o più facile dopo le alluvioni, come se in queste il fiume
trasportasse una maggiore quantità di quel metallo. Il dotto mineralogo
francese Brochant si è espresso in un modo alquanto equivoco sul tale
oggetto, allorché nel suo "Trattato di Mineralogia", parlando
dell’arena di molti fiumi, la quale è mescolata con pagliuole d'oro che
si separano colla lavanda, scrisse: << senza dubbio è evidente che
quest'oro non vi s'incontra che accidentalmente: le acque sono quelle che
ve lo hanno deposto, dopo l'averlo svelto alla sua situazione
primiera>>. Se il Brochant intende parlare delle acque che
attualmente scorrono sulla superficie della Terra, dopo il ritiro del mare
e dopo che il nostro globo ha preso la configurazione presente non posso
uniformarmi alla sua opinione, e parmi più probabile quella di Brongniart,
di Delius, di De Born e degli Accademici torinesi Robilant, Balbo, Giulio
e Bossi, i quali con molte ragioni hanno dimostrato che l'oro di cui si
tratta appartiene ai terreni stessi lavati dalle acque dei fiumi che vi
hanno il loro passaggio. Infatti abbiamo parecchi esempi di pagliuole d’oro
nativo, disseminate in terreni, nei quali non v'è alcuna ragione per
credere che vi siano state trasportate e deposte da fiumi o delle acque
attualmente correnti e che le abbiano svelte dalle miniere poste nelle
montagne. Veggasi la Memoria del dottor Giulio sull'oro nativo in
pagliuole, inserita nel vol. 20 del "Giornale delle miniere di
Francia", nella quale si riferiscono degli esempi di strati terrosi
che somministrano pagliuole d'oro e che si trovano in profondità
considerevoli in alcune colline lontane sia dalle montagne come da fiumi
che ve le abbiano potuto deporre. In appoggio di queste osservazioni
potrei citare quelle riferite dal D'Aupuisson, il quale nel secondo tomo
della Geognosia, pag. 479, dice che << l`Ariège e gli altri fiumi
auriferi della Francia non trasportano l'oro dalle montagne dalle quali
discendono: finora tanto a che scorrono in mezzo ai monti non si trovano
pagliuole d'oro nelle loro sabbie: questi fiumi non fanno che scavare e
scoprire l'oro già esistente .nei terreni di trasporto, nei quali le loro
acque si aprono un letto>>. Ma, prescindendo dalla questione
generale sul l'origine dell'oro nelle sabbie, e limitandosi soltanto a
quella dell'oro che si ricava dai nostri fiumi, parmi giustissima la
riflessione fatta dal Bossi nelle sue Osservazioni sull'oro nativo in
pagliuole, inserite nelle Memorie del l’Accademia delle Scienze di
Torino del 1805, cioè che il Ticino, scendendo dai monti del S. Gottardo
empie la gran valle del Lago Maggiore, e di poi ne esce fuori a Sesto
Calende: ora la raccolta dell'oro si fa al di sotto di questo luogo, cioè
dopo che il fiume ha deposto lentamente nel lago tutte le materie che ha
po tuto trasportare dalle montagne, tra le quali le prime sarebbero state
le particelle aurifere, come le più pesanti. Non si è giammai udito
parlare di pagliuole d'oro nei territori di Magadino, di Bellinzona o
degli altri luoghi che il Ticino percorre prima di giungere al gran bacino
del Lago Maggiore, e che sono molto più vicini alle montagne dalle quali
scende. Lo stesso raziocinio si deve fare per l'oro che si raccoglie
nell'Adda, sostituendo la Valtellina al S. Gottardo, ed il Lario al Lago
Maggiore. Conviene dire dunque che le acque di questi fiumi non
trasportino l'oro dalle montagne che percorrono, né che lo depongano
nella pianura milanese, ma bensì che, passando per questa pianura, lo
scuoprano nei luoghi dove esiste, e dove una volta è stato deposto. Sì,
l'oro, come l'arena colla quale è mescolato sono certamente deposizioni d'alluvioni,
ma d'alluvioni antiche accadute in epoche molte remote, che hanno
trasportato al mare i frammenti di montagne distrutte e che per
conseguenza hanno preceduto il corso presente de' fiumi e la
configurazione attuale della superficie terrestre: dirò di queste arene e
delle particelle d'oro quello stesso che ho detto della quantità immensa
di ciottoli distribuiti quasi orizzontalmente sopra una pianura d' una
estensione così grande quale è la nostra. Nell'opera Observations
mineralogiques sur les environs de Víenne par le C. G. de Ra soumovsky,
pubblicata nel corrente anno, alla pag. 4 si riferisce che negli scavi dei
pozzi in diversi luoghi dei contorni di Vienna presso Raggendorf e più
ancora intorno a Grannesdorf si trova un'arena presso a poco analoga alla
nostra, cioè composta in gran i parte di ferro ossidolato titanifero,
con piccoli grani di granato rosso, di quarzo bianco e con pagliuole d'oro
che una volta si raccoglievano nel sobborgo di Leopoldstadt: la presenza
delle conchiglie marine fossili in tale arena non lascia alcun dubbio
sull'origine di questo terreno di trasporto nei contorni di Vienna; e
merita molta riflessione il fenomeno osservato dal dotto autore, che con i
ciottoli e le ghiaie di quel terreno si trovano alcuni prodotti volcanici,
tra i quali non mancano de' pezzi di una vera ossidiana simile a quella
delle isole di Lipari, e che riceve un bel lustro come l’ossidiana d'Islanda.
Questa associazione in una stessa contrada dell’arena di ferro ossidato
titanifero con pagliuole d'oro a prodotti evidentemente volcanici in un
terreno di trasporto, combina con quello che si è già detto
precedentemente, e può servire di base a qualche congettura relativa al
luogo dal quale hanno potuto procedere le sostanze terrose e pietrose che
compongono la superficie della pianura viennese. Ora è facile lo spiegare
perché accada che le sabbie di un fiume somministrino dell'oro in
un'epoca, e come dopo un certo tempo questo prodotto venga a mancare anche
del tutto; Se le acque attualmente correnti non trasportano l"oro, ma
pongono allo scoperto quello che preesiste nelle terre per le quali
passano, facilmente può accadere o che resti esaurita quella quantità
che giace nel suolo, o che, succedendo qualche deviamento nel corso del
fiume le acque non passino più sopra il luogo nel quale erano deposte le
arene aurifere. D’Aubuisson nella sua Geognosia narra che delle sabbie
delle pianure di Pamiers, nel dipartimento dell’Ariège, una volta colle
lavande si ricavava una quantità così grande d’oro che ogni anno se
ne portavano alla Zecca di Tolosa circa 49 Kg. che rappresentavano 130
mila franchi: verso il fine del passato secolo questo prodotto cominciò a
diminuire, ed ora le ricerche si sono abbandonate. In un paragrafo
precedente abbiamo detto che Plinio ha nominato il Po d'Italia tra i fiumi
che somministravano oro, e non é punto improbabile che in qualche
parte del letto di questo fiume, al tempo in cui scriveva Plinio, vi
fossero in abbondanza le arene aurifere, che al presente appena si
conoscono in un solo luogo, benché il Po riceva ancora le acque del
Ticino, dell'Adda e di tutti i fiumi del Piemonte: tra questi il Balbo ne
ha registrato 14 tra fiumi e torrenti (compreso il Ticino ), nelle sabbie
dei quali si rinvengono più o meno fogliette d'oro (Vedere la Dissertazione
del conte Balbo sulla sabbia aurifera dell' Orco, inse rita nelle Memorie
dell'Accademia reale delle Scienze di Torino per gli anni 1784-1785,
seconda parte). La gravità specifica dell'oro, il quale è 19 volte più
pesante dell'acqua, non gli permette d'essere trasportato facilmente da
quel liquido, e la piccolezza delle sue pagliuole fa sì che sia ritenuto
da ogni leggero ostacolo. Se dunque al tempo di Plinio le sabbie del Po
fornivano dell'oro, ed al presente appena si ha qualche traccia di questo
prezioso metallo, con viene dire che il terreno contiguo alle sue at tuali
sponde, e che ne forma il letto, o non ne contiene più, o ne ha una
quantità così piccola che non compenserebbe la spesa necessaria per
separarlo dalle terre. |
Nota
(sempre di Breislar) :
benché in Italia il lavoro di estrarre l'oro colle lavande dalle arene dei fiumi si praticasse sino dal
mille e probabilmente
anche molto prima di quest'epoca, pure manchiamo ancora di un termine
il quale esprima la natura dell'operazione o indichi quelli che la
eseguiscono. I Francesi hanno il termine di orpallieur (pagliajuolo
d'oro), ed i Tedeschi quello di goldvascher (lavatore d'oro). È
desiderabile che i dotti, i quali lavorano intorno alla grande opera
del Dizionario della nostra lingua, si occupino nell'arricchirlo dei
termini necessari per molte arti e per lo stato attuale delle nostre
cognizioni. Ma questo scopo così bello non si otterrà giammai fino a
quando che il nostro bel linguaggio non sia trattato con quello spirito
di vera e sana filosofia che con tanto zelo cerca d'introdurvi il nostro
illustre poeta letterato e filologo V. Monti . |
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Fine.
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