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Agli inizi del 1742 la scoperta di grossi pezzi d'oro ad Emarese, in Valle d'Aosta, aveva suscitato un grande interesse da parte del re. Un primo permesso per ricerche di miniere fini nella zona era già stato accordato nel marzo 1733 al notaio Jean Claude Court e successivamente questi, dopo aver costituito una società con i proprietari dei terreni, aveva chiesto di poter coltivare il giacimento allegando un certificato dell' Assaggiatore della Zecca Carlo Giuseppe Deriva secondo il quale i campioni di marcasite e di terra analizzati contenevano piccole quantità d'oro; considerando che << si tratta di un luogo dove le miniere non sono infeudate >> e che data la scarsità d'acqua per i lavaggi non conveniva alle Finanze coltivarla in proprio, il 15 Luglio 1741 era stato accordato il permesso alle solite condizioni, con in più l'obbligo di presentare un rapporto mensile. Nel Gennaio del 1742 era però << pervenuta notizia a S:M >> che si trattava di << una miniera d'oro abbondantissima >> messa in evidenza dalla caduta di straordinarie piogge: secondo le notizie, confermate da una successiva indagine giudiziaria, le piogge avevano messo allo scoperto granuli e pezzi d'Oro sciolti in località Coccolino (vedi oro eluviale, nota di Z.G.), alcuni dei quali del peso di oltre un chilo, e che molti contadini del posto, tra i quali un ben noto Gio Antonio Pasquetta, ne avevano raccolto in quantità e l'avevano venduto a Ginevra e ad Ivrea; un ebreo di quest'ultima città ne aveva in particolare acquistato circa tre chili per un valore complessivo di 700 Lire. Per ordine del re la concessione venne bloccata e la miniera << stante la nuova circostanza del fatto, deve esser riservata al suo real patrimonio >>. L'Intendente d'Ivrea venne quindi incaricato di far sorvegliare la zona da soldati, d'indagare sull'oro asportato e di non tener conto delle proteste dei concessionari << significando loro che ricorrano al Magistrato, da cui gli verrà reso compimento di giustizia >>. Le Regie Finanze, che intanto indagavano su loro eventuali inadempienze o collusioni con l'Assaggiatore, affidarono l'indagine mineraria al rabdomante nizzardo Gio Batta Ebrat, coadiuvato da gente del posto e scortato da quattro soldati. Da Maggio a Luglio dello stesso anno le zone evidenziate dal rabdomante furono oggetto di lavori diretti dal << regolatore delle miniere >> Deriva Giacomo Lorenzo: tutto il terreno venne vagliato, trasportato al torrente più vicino e lavato per recuperare l'oro, e il ricavato fu sufficiente a pagare tutte le spese, anche quelli degli scavi praticati nella roccia nel vano tentativo di rintracciare il filone. Successive ricerche condotte nelle aree vicine da esperti inglesi della compagnia savoiarda portarono alla scoperta di un filone di quarzo aurifero nella vicina località Bochey, in Val d'Ayas, ma lì i lavori dovettero essere sospesi per l'intervento dei Conti di Challant che ne rivendicarono il possesso producendo un documento del 1242 nel quale, sottomettendosi ai Savoia, i loro avi si erano riservati << fortunas et argenterias >>; essi sostenevano che per argenterias dovevano intendersi tutti i metalli preziosi, tesi condivisa dal Procuratore Generale de Maistre con insolita condiscendenza; non restava alla Camera, secondo il parere espresso da questi nell'Aprile del 1745, che << per mezzo di amichevoli trattative convenire con detti Signori il diritto di Signoraggio per l'escavazione delle miniere.

 

NOTE STORICHE DA DOCUMENTI MINERARI ANTICHI. Licenza al notaio Court, per scavare metalli fini (evidenziati a seguito di un permesso del 1732) nella montagna di Emarese. 1741: In un documento denominato Miniere d'Alagna, ma che in realtà parla anche di vari altri luoghi piemontesi e valdostani (vi è citato anche il fiume Evancon), si menziona che " in territorio di Sommarezza, o Maressa, vi è terra con oro, ma è cosa già nota". 1742: relazione sulla miniera, con citazioni sia su sabbie aurifere sia su tentativi di estrazione più antichi  da parte di tedeschi ed attestabili da iscrizioni sulla roccia riportanti la data 1595.  1742: un documento di quell'anno contiene informazioni circa il ritrovamento e la vendita, da parte di "Antonio Paschetta", di pezzi d'oro trovati ad Emarese. Del 1748 è poi un volume di verbali giudiziari sull'oro di Emarese.

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