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Un mio estratto (Z.G.)
sostanziale dell'art. "Sabbie aurifere e monete Romane raccolte nel
Tanaro presso Alba" pubblicato a suo tempo da Giuseppe Pipino
(foto a lato) sulla Rivista
Alba Pompeia, nel 1981. |
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Agli inizi del '500 Raffaele da Volterra affermava
che nel fiume Tanaro "... Antonino Trotti, cavaliere alessandrino,
raccoglie pagliuzze d'oro, con le quali è fatta la collana che
porta". |
La notizia della presenza dell'Oro nel Tanaro è in
seguito ripresa, senza molta convinzione, da Agricola nel 1546 e, molto
più tardi, da Balbe (1786), il quale, pur riconoscendo che nessun
naturalista moderno avesse mai trovato oro in questo fiume, sospetta che
l'oro trovato in passato vi fosse stato portato dalla Bormida, che a sua
volta lo riceve dall'Erro, dal Visone,e dall'Orba, corsi d'acqua
notoriamente auriferi. |
Decisamente pessimista è invece il Bossi (1805), che
sostiene: "... non vi è bestialità in fatto di storia naturale
che il Volterrano non abbia detto, e Agricola, la cui testimonianza
varrebbe qualcosa, non ha ben conosciuto il suolo e l'orittologia
d'Italia". Nessun altro, che io sappia, ha in seguito accennato
alla presenza dell'oro nel Tanaro. |
Recentemente, nell'ambito delle ricerche sistematiche
che sto conducendo nei
principali corsi d'acqua della Val Padana
(Pipino, 1976, 1980, 1981) ho potuto avere conferma dell'asserzione del
Volterrano, cosa del resto attesa, in quanto non v'è corso d'acqua
dell'alta Val Padana che non contenga una certa quantità di oro. |
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Questa bella immagine (qui aggiunta all'articolo) mostra l'oro che l'amico
Erik sta gradualmente trovando nel Tanaro, fiume certamente "non
"facile" per quanto riguarda i ritrovamenti auriferi e le cui
campionature (come in questo caso) assumono certamente un valore
amatoriale che va ben oltre la quantità, nel senso che mirano piuttosto
alla qualità (peculiarità, rarità) dell'oggetto in questione. |
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Continuando il discorso di cui sopra, per quanto riguarda il metallo raccolto in passato
dal Trotti, è mia opinione che la zona di sfruttamento fosse sita non
alla confluenza della Bormida, ma a quella del Belbo, torrente
discretamente aurifero, già citato, come tale, in documenti medioevali.
Altri torrenti auriferi riceve comunque il Tanaro molto più a monte. Mi
riferisco in particolare alla Stura di Demonte con il suo affluente
Gesso, che ho riconosciuto discretamente auriferi, a conferma di quanto
facevano sospettare il nome, cioè la toponomastica, di varie località
quali ad esempio Valloriate, Lago
dell'Oro, Fontana dell'Oro ecc. e la presenza delle numerosissime
manifestazioni metallifere nel Massiccio dell'Argentera (Martina 1967)
che contengono certamente tracce d'oro. |
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Dopo la presentazione della nota di cui
sopra l'autore ha eseguito altre campionature nell'alta Valle del
Tanaro (a lato, tabella con le caratteristiche medie del
concentrato
di questo fiume) ed ha rinvenuto interessanti zone aurifere, in
particolare tra Ceva e Lesegno, dove ha raccolto circa mezzo grammo
d'oro, parte del quale in
scagliette
con diametro superiore al millimetro. Durante la fase di
lavaggio
e
arricchimento
dei sedimenti alluvionali sono state rinvenute due monete romane, di
diversa epoca e grandezza, |
nonché un
antico oggettino ornamentale. La moneta più antica, con diametro di 35 mm, è un
sesterzio in bronzo di Nerva (93-96 d.C.). Sul diritto è raffigurato il
profilo dell'Imperatore circondato dalla scritta, pressoché
illeggibile: NERVA CAES AVG P M...COSIII. Sul rovescio è raffigurata la
Fortuna, circondata dalla scritta FORTVNA, e da altra parola
illeggibile, con ai lati le due lettere S e C. L'altra moneta, diametro
di 25 mm, è un dupondio in bronzo di Adriano (117-138 d.C.). Il profilo
dell'imperatore è molto ben conservato ed è circondato dalla scritta
HADRIANVS AVGVSTVS. Sul rovescio è rappresentata la solita dea, che
regge una spiga ed è affiancata da due figure umane di minori
dimensioni, circondata dalla scritta HILARITAS P D. Ai due lati ancora
le lettere S e C, e in fondo ancora COSIII.
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Anche
se immagino non interessi a nessuno, il Tanaro è un ricordo della mia
infanzia; una volta all’anno o poco più io ed i miei cuginetti ci
recavamo lì per qualche giorno da un “quasi” zio che abitava in una
vecchia casa sul fiume. L’entrata era normalissima, una piccola porta
sulla strada asfaltata, ma non appena si attraversavano le due esigue
stanze a seguire e si apriva la finestra, ci si trovava affacciati,
altissimi e vertiginosamente, sul Tanaro. Sotto di noi precipitava il
vertiginoso muro in pietra della casa, solcato da preoccupanti crepe
verticali. La finestra poggiava molto bassa ed a noi era vietato
affacciarsi. Ricordo che lo zio, "buon bevitore", aveva una
curiosa ispida barbetta e appunto aveva la nomea di bere parecchio vino.
Noi bimbi in quei giorni scendevamo sulle
rive del Tanaro per giocare “ai Pirati”, volgendo ogni tanto lo
sguardo al muro della casa ed alla sua famigerata finestrella posta
quasi in cima. |
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