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Elaborazioni ed estratti autorizzati di
testi del dott. Pipino, con eventuali note aggiunte di Z.G: per
approfondimenti più colti consiglio senz'altro
l'Originale. |
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IL VALORE ECONOMICO.
L'aumento del prezzo dell'oro, iniziato a metà degli anni '30 e
poi notevolmente incrementato durante la seconda guerra mondiale,
fece proliferare l'attività di raccolta in tutti i nostri fiumi auriferi,
con particolare attenzione rivolta al Ticino. Nel 1939 infatti,
nonostante
già vigessero le regolamentazioni di ricerca (denominate "Bicchieri"), erano
comunque attivi almeno un centinaio di cercatori d'oro (che oggi
definiremmo amatoriali se non fosse che in realtà a quei tempi, in
determinate zone, molte
persone "spadellavano per vivere"): in quell'anno il valore
dell'oro in Italia corrispondeva a circa 21 lire per grammo e nel corso
dell' imminente guerra diventò possibile venderlo anche a mille lire il
grammo, mentre la paga di un operaio raggiungeva appena le 100 lire al
giorno. In pratica, in tale contesto anche il cercatore meno "fortunato"
poteva guadagnarsi la giornata trovando pochi decimi di grammo d'oro. |
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Finita
la guerra, l'oro si stabilizzò ad un valore di 600/700 lire per grammo e
la paga giornaliera operaia arrivò a quasi di trecento lire: la
situazione era dunque assai cambiata, ma a conti fatti la ricerca
individuale dell'oro rimaneva pur sempre abbastanza conveniente. Questo
fattore determinò comunque un netto calo numerico di interessati, calo
diverrà sempre più significativo col passar degli anni perché se la
ripresa economica portò in breve gli stipendi a cifre ancor
più meritevoli, il valore dell'oro tendeva però a discostarsi di poco dai
valori sopra menzionati. |
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Alcuni vecchi cercatori continuarono comunque
l'attività fino alla fine degli anni '50, alternandola con la cura dei
campi ed integrandola talora con la raccolta dei cosiddetti sassi
bianchi, cioè comuni ciottoli di
quarzo, dei quali vi era ancora una
discreta richiesta. Grazie a quest'ultimo ciclo di cercatori è stato
possibile raccogliere e tramandare precise informazioni sulle tecniche di
raccolta e sugli strumenti utilizzati nel recente passato, tecniche e
strumenti che risentono di personalizzazioni e differenze locali dovute alle
caratteristiche fluviali ed anche da apporti conoscitivi
esterni. Alcuni di questi strumenti sono oggigiorno
conservati nel
Museo
Storico dell'Oro Italiano. Sempre negli anni '50, alcuni curiosi
attratti da trafiletti giornalistici e da riviste con articoli che
parlavano dei Cercatori d'Oro, cominciarono a frequentare il
fiume e a cimentarsi nella raccolta amatoriale utilizzando
dapprima gli antichi strumenti locali per poi sperimentarne altri
nuovi: a tal proposito va senz'altro segnalato il nome di Guido
Varini il quale negli anni '60 trascorreva le vacanze ad Oleggio e
v'introdusse l'uso dello zerbino di cocco, che è l'antenato dell'
odierno apprezzatissimo tappetino. |
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Arrivando agli anni '70,
interessi e curiosità erano andate però via via scemando e la ricerca
amatoriale era esercitata solo più da pochissime persone, in
particolare da una decina di appassionati appartenenti quasi tutti al
Gruppo Mineralogico Lombardo,
finché un'ingegnosa iniziativa del dott. Giuseppe Pipino, appassionato
e sicuro esperto dell'argomento, fece tornare alla ribalta tutto il
contesto. Egli inizio ad organizzare manifestazioni dimostrative
pubbliche sulla ricerca dell'oro alluvionale, nonché, a partire dal
1981,
gare di abilità che
tra pubblico e concorrenti ebbero un tale successo di partecipazione da
esser poi diffuse e rinnovate periodicamente sino ai giorni
nostri. Lo svolgimento di queste manifestazioni o gare determinò
significativamente, ad ampio raggio, il diffondersi dell'hobby della
ricerca dell'oro nel nostro paese e da questo ne derivò, quale
effetto concatenante, il nascere di numerose
associazioni rivolte all'argomento. Sempre per ovvia conseguenza,
anche l'affinamento della tecnica di lavaggio fece un grosso balzo in
avanti, con conseguente abbandono o miglioria degli antichi strumenti
finora in uso. |
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Esempio su carta millim.
di oro del Ticino. (foto Giordano). |
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STRUMENTI E
METODI D'UNA VOLTA. Individuata la zona di ricerca, si provvedeva ad
un assaggio del materiale lavandone un pochino con lo stesso badile
di raccolta o col medesimo attrezzo (bacile,
trola,
basla) da usare infine per il
lavaggio del concentrato e se la zona risultava buona si procedeva
al "lavaggio in grande", per il quale erano necessarie almeno 2 persone
sia che si utilizzasse il banco che
l'asse; nel caso
si usasse
quest'ultimo
strumento si doveva dapprima setacciare il
materiale, operazione invece non indispensabile col banco che, nei
tempi a seguire, per vari motivi, andò via via in disuso a
differenza dell'asse che è invece in uso ancora adesso
nelle sue vesti modernizzate, cioè le canaline in plastica o
di metallo ecc. che conosciamo bene e i cui principi di
funzionamento rimangono in sostanza quelli di allora.
C'erano anche la trula
e il bacile (che era un suo simile anche se non identico);
la trula è una
lamiera di ferro lunga una quarantina di centimetri e di poco più stretta,
con bordi rialzati quattro centimetri circa su tre dei lati due canali di
scolo nei rispettivi angoli posteriori ed un incavo centrale,
posto sullo stesso lato dei canali e che serve ad incastonare
perpendicolarmente un
manico (foto qui a lato). Come l'odierna batea, che a quei tempi non era
ancora diffusa ovunque, la si usava per lavare facendole fare
ripetitivi movimenti avanti/indietro. |
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N.B.
Per approfondimenti sulla
struttura e sulle modalità d'uso di questi attrezzi "di una
volta" si rimanda ai tasti a lato
pagina. |
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Approfondimenti di questa pagina |
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