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La valle del Cervo

 

 

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Poche righe, che sono però pillole preziose sull'oro del fiume Cervo in generale.

 

La mineralizzazione della valle del Cervo è generalmente e prevalentemente costituita da vene e limitati filoni di quarzo o rocce contenenti pirite, calcopirite, galena argentifera, molibdeno e tungsteno. A questo elenco si può però senz'altro aggiungere anche l'oro perché è da detti depositi primari che provengono sicuramente le pagliuzze e granuli rinvenibili sia nel Cervo sia in altri torrenti locali.

Tra i vari autori, già Jervis ad es. segnalò nei suoi testi la presenza di oro nativo in pagliuzze nel territorio di San Paolo, dicendo nel contempo che a monte di Sagliano invece non se ne trovasse.

La diffusione dell'oro che è segnalato nel Cervo a valle di Sagliano (di grosse dimensioni nel tratto fra Andorno e Biella, poi in polvere sempre più fine in tutti gli altri comuni che attraversa scendendo sino al suo confluire nel Sesia) sembra si debba attribuire alle mineralizzazioni cuprifere (oggigiorno riconosciute in qualche misura anche aurifere) che affiorano nelle località Passobreve e Oneglie, le quali ultime si trovano appunto nell'ambito territoriale del Comune di Sagliano Micca e attualmente sono denominate miniere di Ramoletto, Rimodale e Casale.

Anche l'oro trovabile nel Cervo a monte di Biella, specie quello di maggiori dimensioni, sembrerebbe provenire dalla zona sopramenzionata e in antichi documenti si avanzava l'ipotesi che pure nei monti posti sulla destra di Andorno dovessero esserci filoni d'oro "trasportato" nel Cervo da torrentelli locali; a tal proposito merita sicuramente riflettere sul fatto che alcune ricerche sul posto da parte del dott. Pipino diedero come interessante risultato il discreto rinvenimento di granuli d'oro ad es. nel Morezza, piccolo torrente che sfocia nel Cervo e che lungo il proprio percorso non attraversa alcuna area meritevolmente mineralizzata. Da ciò si potrebbe dunque supporre che detto "trasporto aurifero" abbia avuto origine dalla confinante Val Sessera durante lo sviluppo dei processi glaciali svoltisi nel tempo. D'altronde pure l'Oropa, in cui è storicamente dimostrata la presenza aurifera (Balbe, 1786), non attraversa dal canto suo alcun terreno mineralizzato al merito.

 

 

Un paragrafo di questo libro: "..In epoca recentissima (2004) il cercatore vercellese Giuseppe Carenzo, uno dei pochi ai quali sono riuscito a trasmettere il gusto della ricerca, ha voluto verificare le notizie del Mullatera, e dopo vari tentativi, la sua costanza è stata premiata da un eccezionale ritrovamento. Infatti, proprio nel punto indicato dallo storico biellese, ed esattamente appena a valle del Ponte della Maddalena, in sponda sinistra, fra grossi blocchi di pietra lavorata rotolati da una precedente piena e il letto roccioso del torrente, ha recuperato, dopo vari lavaggi, una decina di piccole pepite, la più grande delle quali misura cm. 2,3 x 1,5 x 0,4 e pesa gr. 12,3.

NOTA: puoi vedere il riquadro di copertina ingrandito

 

 

Anche Nicolis de Robilant (1724-1801) ai suoi tempi s'interessò a questa zona ed i suoi testi ci dicono che il metallo veniva "pescato", nel Cervo, fino all'altezza di Campiglia; aveva titolo compreso tra i 22 e 23 carati, lo si trovava sotto forma di granuli, piccoli o grandi come chicchi di riso, ma anche di dimensioni maggiori (fino a 26 - 27 grammi !!!) e talora in lamine ancora attaccate alle ghiaie di quarzo. L'oro, sempre secondo Robilant, proveniva forse dai filoni di quarzo con pirite e marcasite diffusi nei monti circostanti e si diceva che "...su quelle altezze, tra la Sessera e la valle d'Agosta, possano essere miniere d'oro ricche, lavorate clandestinamente da paesani".

 

Mulattera (stesso periodo di Robilant) asseriva che si cercava oro nel Cervo presso Biella, poco a monte del ponte vicino all'oratorio di Santa Maria Maddalena; Jervis invece precisa, come già detto, che l'oro è segnalato lungo tutto il corso del fiume, quindi anche a valle di Biella, ma che da questa località sino al suo convergere col Sesia diventa mano a mano sempre più piccolo.

 

 

Il "bottino" principale di Giuseppe Carenzo nel Cervo.

 

 

 

Quelle riportate qui sopra sono solo alcune note, da me riassunte e riordinate per una rapida consultazione utile ai cercatori d'oro amatoriali, di un capitolo sulla valle del  Cervo presente nel libro L'oro del biellese e le aurifodine della Bessa, pubblicato da G. Pipino nel 2012. Il libro costa circa 20 Euro, è in vendita presso la Libreria Giovannacci di Biella, oppure si può richiederlo al Museo Storico dell'Oro italiano (anche da qui info@oromuseo.com) che provvederà a spedirvelo

 

 

 

 

Qui a seguire, a titolo di esempio, alcuni vostri dialoghi su questo argomento che avete inserito nella mia pag. FB e che sono quindi consultabili nella medesima. Dal post di Simone: " ... ho fatto una puntata in alto Cervo, ma in quel contesto serve attrezzatura diversa, poiché dopo poco si arriva a toccare il fondo ed è pura roccia; inoltre gli stivali sono d'obbligo per la temperatura "glaciale" dell'acqua ( mi sono venuti i geloni ai piedi) ..."

 

 

 

 

 

 

 

 

Approfondimenti di questa pagina

 

Cervo a Buronzo

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