Postazione di lavoro: la prima cosa di
cui ci si deve occupare per poter poi usare con profitto il piatto
concentratore è di creare una comoda postazione di lavoro quanto più
vicina possibile alla zona di scavo. Scelta la zona di possibile
lavaggio si prepara uno spazio con un fondo possibilmente piano e
libero da sassi affioranti che permetta di avere una comoda e ampia
libertà di movimento. La profondità ideale dell’acqua è di averla
dal polpaccio al ginocchio, questo per non dover piegare
eccessivamente la schiena in avanti. Per mia abitudine prelevo del
materiale dal fondo della zona scelta,
lo setaccio e lo lavo con il
piatto; a volte mi capita di trovare più oro di quanto mi sarei
aspettato e quindi di cambiare programma sulla zona che andrò a
lavorare nella giornata. Se rilevo che il materiale tolto non è
particolarmente interessante preparo, a monte della zona di
lavaggio, una piazzuola che emerga rispetto all’acqua con un doppio
scopo: perché serva come piano di appoggio per piatto,
batea e il
secchio della sabbia e perché faccia da schermo alla corrente
d’acqua. Lavorare con il piatto concentratore in una zona dove ci
siano onde è quasi impossibile, lavare in condizioni di flusso di
corrente d’acqua è operazione di alta manualità. Nel movimento di
giro il piatto si troverà in due condizioni opposte su un lato
incontrerà la corrente discendente per cui la velocità dell’acqua si
sommerà alla velocità di avanzamento del piatto, sull’altro lato la
condizione opposta per cui la velocità di rotazione delle braccia
non potrà avere una velocità costante ma si dovrà adeguare alle
condizioni sopradescritte, rallentando in risalita e accelerando in
discesa.
Posizione: le gambe vanno tenute
divaricate quel tanto da poter mantenere il centro di rotazione del
piatto quanto più vicino al punto di caduta del nostro baricentro e,
ogni volta che si deve ricaricare sabbia sul piatto, è bene
sollevarsi anche solo per pochi secondi. Con un poco di pratica il
lavoro di lavaggio con il piatto per singolo secchio richiede da 3 a
6 minuti, non molti ma, se si è scarsamente allenati, può essere
origine di lombalgie. A ridurre il rischio uso una cintura alta
(quella che usano i sollevatori di pesi) che regge posteriormente la
colonna e, ben stretta, comprime avanti le fasce addominali
alleggerendo la compressione tra le vertebre.
Successione delle
operazioni:
1) Con
una sessola si carica al centro del piatto la sabbia a formare un
cono capovolto. Circa 1/3 di secchio, una quantità tale che, dopo le
prime scosse d’assestamento in acqua, la sabbia si spiani sul piatto
ma senza uscire dal bordo.
2) Per spianare sino al bordo il cono della sabbia versata, si fanno
fare al piatto ampie rotazioni orarie e antiorarie sull’asse
centrale.
3) Per fluidificare il materiale e favorire la discesa del “pesante”
al fondo e far scendere alle scagliette d’oro i vari gradini, si
muove il piatto con decisi scuotimenti laterali e sagittali. Le
linee gialle nel cerchio indicano i gomiti appoggiati alle ginocchia
per scaricare temporaneamente la tensione nella regione lombare.
4) In questa operazione di lavaggio-scarico le mani “accompagnano”
il piatto nella rotazione (la perfetta simmetria del piatto permette
di farlo ruotare indifferentemente sia in senso orario che
antiorario), trattenendolo solo nella sella della prima falange
delle dita, lo si fa ruotare con un movimento circolare lento, ampio
e fluido delle braccia. Tre-cinque giri tenendo il piatto un poco
immerso in acqua. Il flusso che si creerà in superficie avrà
l’aspetto visivo di una spirale rotante che con la coda trascina
fuori dal piatto su tutta l’ampiezza della circonferenza, a 360
gradi il leggero che sarà affiorato in superficie.
5) L’operazione di lavaggio-scarico (4) dopo i primi 3-5 giri viene
interrotta e si procede con piccole rotazioni e scosse a riportare
al centro la sabbia per risedimentare al fondo del piatto il
“pesante”.
Si riprende quindi con l’operazione di lavaggio scarico (4).
Considerando la notevole spinta al galleggiamento data dall'acqua a
questo piatto essendo di legno, all’inizio del lavoro, quando il
piatto è pieno raso di sabbia, è richiesto un minimo sforzo per
tenerlo sollevato a pelo d’acqua e così a pelo d’acqua e in piano va
fatto girare all’inizio.
Man mano che la sabbia viene eliminata il piatto perderà peso e
tenderà a galleggiare sempre più, occorrerà quindi spingere il
piatto in basso e, considerando che la sabbia rimanente per uscire
dal piatto avrà un percorso più lungo, leggermente in salita (18%) e
avendo da superare un numero crescente di scalini, occorrerà (perché
l’acqua possa continuare ad entrare sul piatto per trascinare fuori
dal bordo il leggero in superficie) ridurre il più possibile la
pendenza di salita.
Per fare questo è utile una tecnica familiare a chi in passato ha
imparato ad usare il piatto conico a cappello cinese.
6) Quando nel
piattello centrale sarà rimasta una minima quantità di materiale si
ripetono le operazioni 1 – 2 – 3 – 4 – 5 sopra descritte.
Infine, vuotato il secchio di sabbia si recupera il
concentrato rimasto
riversandolo in un piatto tronco conico. Con il piatto tronco conico
io procedo ad una ulteriore e veloce concentrazione arrivando
mediamente a dimezzare il concentrato. Questa operazione la eseguo
sopra il piatto concentratore immerso in acqua in modo che eventuali
scagliette sfuggite nel frettoloso lavaggio possano poi essere
recuperate nelle operazioni di concentrazione dei secchi successivi.
Quel che infine mi rimane nella batea tronco-conica lo verso in un
contenitore
dove
andrò ad aggiungere via via i concentrati ottenuti da tutti i secchi
lavati. Alla fine della giornata lavando 20-30 secchi di sabbia la
somma delle quantità di concentrato non supera mai il mezzo
decimetro cubo. Se l’oro presente è grossolano, con scaglie e
scagliette oltre il millimetro, finisco il lavaggio con la batea
sino a recuperare tutte le
scagliette
d’oro. In presenza di oro fine, sottile o granulare preferisco
invece portare a casa il concentrato dove posso lavorare con più
calma, quindi sicuro di non perdere niente.