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Riassunto: Nell 1742 furono trovate, incise su
una roccia all’ingresso
della miniera di Arbaz (in Valle d’Aosta), alcune lettere delle quali sul
momento non
si
riuscì a comprendere il significato. Esse riportano un motto sassone,
proprio di Schneeberg, che inoltre era molto diffuso e
riportato su gettoni d’oro di miniera, simili a dei ducati. La scritta può
essere attribuita a dei minatori tedeschi che nel 1592 si recarono nella valle
di Challant e che, tra il 1593 e il 1594, ottennero assieme al savoiardo
Claudio Ducayre vari privilegi per cercare e coltivare miniere nello stato
sabaudo e per applicarvi un nuovo procedimento metallurgico da loro
importato. |
Minatori tedeschi in Val d’Ayas alla fine del Cinquecento.
La scoperta occasionale di grossi pezzi d'oro
"sciolti" nel
terreno in vicinanza di Emarese in Valle d’Aosta, avvenuta agli inizi del 1742
(vedi pagine dedicate),
aveva suscitato il grande interesse di Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna; in
conseguenza di tale ritrovamento le concessioni minerarie della zona furono sospese e le Regie
Finanze diedero incarico a " " d'indagare sull’origine del metallo. In particolare,
l’indagine mineraria fu affidata al rabdomante nizzardo Gio Batta Ebrat, ma non si
tralasciò di
sentire gli abitanti delle valli circostanti e di andare a verificare sul posto le
notizie ottenute (Pipino 1999, 2010).
Dalla relazione di un anonimo scrivano, che accompagnava il
rabdomante nei suoi sopralluoghi assieme a un caporale e tre soldati,
apprendiamo che il 9 aprile 1742, su segnalazione di un uomo del posto, questi avevano visitato
una vecchia miniera di rame ad Arba, nella parrocchia di
Chialant (oggi Challand, nota di z.g.) in Val d’Ayas, e vi avevano notato delle
lettere "intagliate nella Rocca".
Alla fine di questa e di altre relazioni vengono riportate le "… Lettere che si sono ritrovate alla cava vecchia
d’Arba, Cantone di Chialant, al luogo denominato Arfesa (oggi Arcesaz,
nota di z.g.), e queste si trovano intagliate sopra una
lapide"; oltre alle lettere, 55 in tutto e in gran parte separate da punti, viene riportata la
data 1500.
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La Scritta della miniera di Arbaz,
così come fu ricopiata nel 1742.
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Il successivo 1°
agosto, la miniera fu visitata dal "regolatore delle miniere Deriva"
(Giacomo Lorenzo) e da un signor Duplisson (Robert Antoine, socio della
compagnia inglese concessionaria delle miniere savoiarde). A quest’ultimo si
deve una relazione, compilata pochi giorni dopo, nella quale, tradotto dal francese, si legge tra
l’altro: "… ho esaminato una vecchia fossa […] con un pozzo pieno d’acqua […] il filone è ben
filonato, anche se magro e il marmo duro, con dentro un po’ di marcasite, la miniera può
contenere argento e forse anche un po’ d’oro […]. Nella fossa ho trovato le seguenti lettere incise nella
roccia: J.H. con le cifre 1595 e altre lettere tedesche che non ho potuto riconoscere perché
deteriorate in gran parte”.
Un altro commentatore, anonimo, ritiene che le due ultime parole siano la
firma di un certo Fredrich Berchjevs.
Pare ovvio che la scritta sia la stessa vista e riportata dai precedenti
visitatori. Vero è che Duplisson ne riporta soltanto le iniziali J. H. e la
data 1595, la quale
non corrisponde a quella trascritta in precedenza. Riteniamo comunque (anche per quello che
diremo) che la prima data sia imprecisa e che quella giusta sia proprio 1595, se non
1592 o 1593. E' anche improbabile che tutte (o quasi) le lettere fossero separate da un punto,
come riportato nella prima relazione (lo schizzo di cui sopra, nota di z.g.). In tal modo furono comunque ricopiate e passate a
esperti di cabala, affinché le decifrassero: ogni lettera fu considerata iniziale di una
parola latina e le molte H furono considerate M e iniziali di parole diverse
(magnum,
munus,
morti, Mercurium), contribuendo a complicare l'interpretazione. Secondo il
"sapiente
giudizio" del "caballista" G.A. Trizaletti (?), l'interpretazione non poteva essere soddisfacente,
data l’ignoranza che si aveva sull’argomento.
A parte le prime otto lettere
(HHISISIH), che si riferiscono
probabilmente alla situazione specifica, la scritta coincide quasi esattamente con un motto
minerario sassone, augurale, che pure doveva essere abbastanza noto, almeno in ambito
minerario; occorre però considerare gli errori d'interpretazione di alcune lettere, dovuti
all'usura. Nella "Cronaca di Schneeberg" pubblicata poco
più di vent'anni prima, Melzern (1716)
racconta che nel 1701 era stata coniata, nella cittadina sassone famosa per le sue miniere
e con il metallo estratto da queste, una medaglia d'oro grossa come un ducato, che sul
recto recava la scritta:
"AN GOTTES SEEGEN IST ALLES GELEGEN", e sul
verso il motto che l'autore dice essere un vecchio
lemma di Schneeberg, "WENIG ZUBUS VIEL AUSBEUT MACHET, FROLICHE BERGLEUT". Da notare che, mentre il libro
è
scritto in gotico, le citazioni sono riportate in caratteri latini (come lo sono
nella medaglia citata).
La prima iscrizione
può dunque essere sommariamente tradotta con "Dio
vede tutto", la seconda, che
è quella che ci riguarda, va riportata al tedesco moderno "Wenig
Zubusse und viel Ausbeute macht fröhlich Bergleut" e quindi tradotta
nella massima e più comprensiva estensione con "basso canone minerario e molto minerale estratto
fanno felice il minatore".
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Trovo la
specifica "medaglia", meglio definibile come Bergbaujeton (gettone di
miniera), riportata in un catalogo di vendita all'asta (Rosenberg, 1926),
che però la ritiene un ducato non di corso della più nota cittadina
mineraria di Freyberg; la scritta, rispetto alla citazione di Melzern, è
leggermente diversa per il più corretto verbo MACHT (invece di MACHET, che è
così riportato anche nella scritta di Arbaz), per la versione ZUBUS con una
sola S (così riportata anche ad Arbaz) e per l'aggettivo RECHT (giusto,
bravo) che l'Autore omette e che non si trova neppure ad Arbaz. In questa è
indicato, dopo ZUBUS (erroneamente trascritto ZVPVS), un NVD che potrebbe
essere NUR (soltanto). E' quindi probabile che nel conio sia riportata una
versione aggiornata, mentre l'Autore,
e i nostri minatori, si rifanno a una versione più antica, come del resto
indicato anche dall'identificazione della U con la V. La scritta del
recto è del tutto uguale a quella riportata da Meltzern ed è sormontata
dal tipico occhio di Dio racchiuso nel triangolo, da cui si dipartono raggi
in ogni direzione. |
Nel catalogo
citato è rappresentato un altro "ducato non di corso", coniato nel 1714 e
pure attribuito a Freyberg, che riporta l'identica dedica a Dio su un verso,
ma sull'altro una scritta diversa: "WER DER AUSBEUT WIL GENIESSENLAS SICH
ZUBUSS NICHT VERDRIES". Un altro catalogo (Helbing Nachfolger, 1911), oltre
a questo secondo tipo (probabilmente proprio di Freyberg), riporta il nostro
gettone, identico al primo ma con data di conio del 1709, sempre attribuito
(erroneamente) a Freyberg. Troviamo ancora la
scritta propria di Freyberg in una delle banconote d'emergenza da 75
pfenning, stampate dalla Città nel 1921, con una sola piccola differenza: la
"
h" finale nella parola Ausbeuth; altri 7 esemplari della stessa serie
riportano motti diversi (Pasche, 2009), nessuno l’antico "lemma" tipico di
Schneeberg.
Sulla presenza di minatori tedeschi in Piemonte e in Val d’Ayas alla fine
del 1500 abbiamo sommarie notizie in documenti conservati negli archivi di
Aosta e di Torino, da me registrati (Pipino, 2010); l'atto ufficiale più
esteso, del 12 agosto 1594, da cui si ricava un interessante precedente, si
trova ricopiato in diversi fondi dell'Archivio di Torino ed è interamente
pubblicato, da Duboin C. e F.A. (1860) nella "Raccolta delle Leggi della
Real Casa di Savoia". A questi si aggiungono, ora, alcuni documenti del 1593
conservati nell'Archivio Regionale di Spira, in Germania, cortesemente
forniti da Peter Schoessler. (Continua a
lato).
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NOTA DI Z.G.
Rispetto al doc. originale, per soli motivi tecnici ho riordinato diversamente le foto; da notare
che le stesse sono
qui nella pregevole versione originale a colori, mentre sul cartaceo sono
state pubblicate in Bianco e Nero. |
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