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La storia si ripete. Sono passati venticinque anni da quando le prime compagnie minerarie cominciarono ad interessarsi alle rocce della Maremma. Oggi come allora la partita non è ancora chiusa e nelle vecchie cave di pietra del Monte
Amiata, tra Civitella Paganico e Manciano, in piena Maremma, si è fatta viva un’altra società canadese, la
Adroit Resource Incorporated, con sede legale a Vancouver e domicilio in Italia presso lo studio legale Tosato a Roma.
Dal settembre 2006 ha iniziato una nuova analisi delle rocce per verificare se in quella zona ci sia, una volta per tutte, la presenza o meno di oro. L’azienda di ricerca è convinta che il prezioso metallo ci sia davvero e che sia cristallizzato all’interno delle pietre disseminate tra poderi agricoli, agriturismi e vecchi casolari di contadini. Per cui la ricerca è partita.
Il senese ha
già avuto a che fare in passato con l’oro: nel maggio del 1995, David
Cavini, titolare di un negozio di alimentari a Lucarelli (Radda),
assieme ad un amico orafo, trovò
qualche decina di piccole scaglie del prezioso metallo scandagliando il
fondo del fiume
Pesa che attraversa il paese. Tracce di modeste vene d’oro
furono inoltre rinvenute nel marzo del 2000 sulle rocce di Monte Grossi,
a Gaiole, che peraltro non sono affatto distanti dai crinali d’origine
dello stesso
Pesa.
L’oro
luccicava in mezzo alle rocce dell’imponente cava di pietra della
Sacci, in una zona "off limits" (cioè di accesso vietato) per
il pubblico per via dei pericoli dell’attività di escavazione.
Durante una visita del
Cai di Siena, un componente del gruppo ne staccò un frammento e
lo fece analizzare da un
orefice chiantigiano: in quella pietra c’era dell’oro. Anche gli
anziani di Radda avevano provato una loro personale ricerca dell’oro
sull’alto Pesa, ma i risultati raggiunti non giustificavano gli
sforzi. Adesso però ci sono i canadesi pronti a far luccicare Poggio
Fogari, Pietricci e Frassine.
La Adroit annunciò che avrebbe investito nell’operazione
delle colline metallifere la rispettabile cifra di 1,3 milioni di euro.
Per ogni luogo sarebbero state eseguite ricerche preliminari che
sarebbero durate almeno otto mesi. I canadesi individuarono alcuni siti
dai quali prelevare campioni di roccia che avevano un’alta
probabilità di contenere oro. Si tratta di Poggio Fogari vicino a
Chiusdino, dove è stato costruito un pozzo di duecento metri di
profondità per i sondaggi. Poi c’è Poggio Pietricci nel comune di
Manciano, Pietratonda a Civitella Paganico, Poggio Carpinelle a
Roccastrada, Frassine nei pressi di Monterotondo Marittimo, e Monti
(frazione di Montieri).
Poggio Fogari, 726 metri, altura delle Colline Metallifere proprio davanti a
Chiusdino, noto come posto dove si trovano molti funghi. A ridosso del fiume
Merse, e accanto a tesori come San Galgano e Montesiepi. Adesso che c’entra l’oro?
In queste campagne dove vivono i veri butteri e scorrazzano liberi cavalli e buoi, tutto si può pensare fuorché a una miniera d’oro. Nella vera campagna toscana, Maremma autentica, dove storia e folclore raccontano leggende di uomini rudi e coraggiosi, i cow-boy all’italiana, famosi per aver sfidato e battuto il mitico Buffalo Bill in un memorabile rodeo,
la multinazionale d’oltreoceano ha
fiutato odore di business. Le valutazioni di impatto ambientale sono già state firmate dai comuni interessati e dalla Regione Toscana che guarda con interesse il lavoro della società canadese.
"La Maremma è sempre stata ricca di minerali. Un’occasione che potrebbe avere riscontri molto positivi" affermò Federico Gelli, vice presidente della giunta
regionale, "un'opportunità da non sottovalutare, nel rispetto dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile. La ricerca non è invasiva e anche l’eventuale sfruttamento dei metalli preziosi potrebbe essere ecocompatibile. Tutto andrà valutato quando si avrà la certezza che in Maremma c’e realmente oro". Ma senza essere troppo invadenti.
La società confermò attraverso la voce del suo presidente Graeme
Rowland: “Nessun prelievo invasivo, nel pieno rispetto dell’ambiente. Solo una raccolta preliminare con analisi geochimiche per capire se oro o altri metalli preziosi sono presenti in questa zona. Noi ne siamo convinti anche perché è la storia che ce lo insegna. Le Colline Metallifere hanno una storia mineraria lunga tremila anni ed è in un certo qual modo sorprendente che la presenza d’oro sia stata identificata solo di recente. C’erano già diverse indicazioni di oro del tipo
Carlin-Style", metallo che compare in vene di rocce carbonate dell’era paleozoica, identificato per la prima volta in Nevada da John Libermore ed Alan
Cope. Un tipo di oro riscontrato "in acqua, terreno, saggi su roccia", analizzati dalla
Adroit, si legge nel rapporto del progetto "Toscana Sud". Interesse manifestato per la prima volta
nell’ottobre 2004 e sintetizzato nel Tuscany South Gold Project.
Il 17 marzo 2005 la prima richiesta formale. Il progetto riguardava tre zone del distretto minerario del sud della Toscana, su un totale di 1.954 ettari. I primi permessi sono stati di 749 ettari su Poggio
Fogari, 769 ettari a Poggio Pietricci nel comune di Manciano e 436 ettari in località Frassine nel comune di Monterotondo Marittimo. In ognuno di questi
appezzamenti c’era la possibilità di trovare oro "Carlin-Style",
argento e antimonio.
L’esplorazione dei siti cominciò sotto traccia una ventina di anni fa. Il punto
"chiave" del programma è stato il pozzo detto in codice "H", scavato da
Agip nel 1989, profondo 91,30 metri. Qui sono stati compiuti 25 saggi e sono venuti fuori oltre 352mila ppb
(parts per billion, cioè per miliardo, che corrispondono a un millesimo di grammo per tonnellata) di
oro. Il ppb rappresenta i grammi di oro per tonnellata di terreno. Ogni singolo saggio fece emergere quantità superiori ai 180 ppb di oro, che è il limite minimo che possa giustificare un’avventura di questo genere.
Il saggio numero 18 portò alla luce da solo ben 170 mila ppb di oro. In tutto, tra Siena e Grosseto sono 108 i pozzi con 4.314 metri sondati di terreno.
L’Agip si concentrava sul gas; Adroit va avanti con l’oro sfruttando vecchi pozzi minerari scavati dall’Agip, riprendendo in mano analisi di
Rimin e di altre società della ex galassia Eni,
effettuate a cavallo fra gli anni ottanta e novanta.
Tutto ciò che viene trovato in questa fase, in linea teorica appartiene allo stato, ma se la
Adroit stimerà interessante il rapporto costo benefici può chiedere e ottenere
una concessione specifica.
"L’indagine è interessante" ha detto Leonardo Marras, sindaco di
Roccastrada. "Sulla ricerca non ci sono problemi; è chiaro però che quando arriverà il momento dell’estrazione valuteremo che cosa fare: il territorio non sarà deturpato".
Anche gli ambientalisti non sono contrari a priori. Ma avvertono: "In Maremma l’oro è già stato
trovato, si chiama turismo ed è il 73% del prodotto
interno lordo locale", ha commentato Fabio Roggiolani, leader dei Verdi toscani. "La vera scoperta adesso deve essere il modo di sfruttamento
eco-compatibile. Non facciamo l’errore del geotermico male applicato
sull'Amiata".
In tutto la ricerca avrà una durata dai cinque ai dieci anni. "Fino ad oggi non è stato economico
estrarlo", spiega la società canadese, "ma adesso con sistemi rivoluzionari e rispettosi dell’ambiente, le cose sono cambiate".
Una cosa è certa: sul Monte Amiata non dovremmo aspettarci di veder nascere miniere o cave. Semmai fosse accertato che in Maremma c’è l’oro, questo verrebbe estratto da massi di pietra e per risultare un business redditizio dovrebbero uscire almeno 5 grammi d’oro per ogni tonnellata di pietra (cioè 5000
ppb). "Le nostre stime ci dicono", continua la
Adroit, "che in Maremma questa percentuale potrebbe essere superiore". E se lo dicono i canadesi c’è da crederci. Se l’oro ci fosse davvero, questo sarebbe cristallizzato nel cuore di grandi e
apparentemente insignificanti pietroni che ogni giorno cuociono al sole della Toscana del sud.
Così, sulle colline di Manciano a due passi dalle ville dei vip e a Civitella Paganico tra poderi e vecchi casali, ma pure nei borghi del senese delle Colline Metallifere già officine di etruschi e romani, la
Adroit sta cercando il metallo prezioso.
Oggi per l’esplorazione dell’oro dispone di tecniche analitiche estremamente sensibili ed
economiche che permettono un monitoraggio continuo del metallo nei suoli, nelle alluvioni e nelle rocce fino a concentrazioni di pochi milligrammi per tonnellata.
Pure la geofisica riveste notevole importanza nella ricerca dell’oro, anche se le sue informazioni hanno prevalentemente una utilità indiretta per individuare zone di potenziale concentrazione.
Infine, il vasto interesse per le ricerche dell’oro degli ultimi anni in Toscana ha permesso una vasta raccolta di informazioni scientifiche, sia sui minerali che sui
territori, che servono da strumenti per determinare gli ambienti e le aree potenzialmente ricche.
L’unione di metodi e nuovi sistemi di esplorazione in campagne nelle quali si sono avute precedenti scoperte, rende sempre più frequente il ritrovamento di nuovi giacimenti sfuggiti a precedenti sforzi di ricerca.
Inoltre l’esplorazione dell’oro ha un marcato vantaggio economico rispetto a quelle per altri metalli in quanto anche piccole scoperte possono essere coltivate con un profitto alto anche grazie ai costi relativamente
bassi di estrazione, alla velocità con cui la scoperta può essere fatta e alla facilità della vendita dell’oro. Per questo le multinazionali sono cosi
assetate di ricerca.
L’oro è anche un po’ maledetto e il vecchio west ci ha tramandato storie di ricchezze tramutate in rovine, di gioie diventate pene e supplizi. Speriamo che la storia in questo caso non abbia davvero a ripetersi. L’unica è sperare e farci sostenere dalle parole di Jack London:
"Cosi adesso il cercatore d’oro sa che il suo lavoro non deve badare all’aspetto più o meno favorevole di un luogo: oggi sa che più un luogo sembra inadatto, più vi troverà grandi quantità di oro. Questo fatto viene invocato per affermare che saranno i cercatori d’oro, non gli esploratori, a giungere per primi al Polo. Come negarlo? Ce l’hanno nel sangue e ne hanno le
capacità".
Sono tutti pronti a scommetterci. In Maremma c’è l’oro. Sembra di fare un salto indietro di un secolo. Oggi le colline dell'entroterra maremmano e le valli del senese come ieri
Dawson, in Alaska. Farina, Merse e Albegna nuovi
Klondike.
Due società di ricerca, la Tuscany Minerals Srl e la canadese Adroit, hanno dunque ricevuto dalla Regione Toscana il via libera alle campagne di rilevamenti per accertare la presenza di oro nel sottosuolo di alcuni comuni delle Colline Metallifere, della zona senese di Chiusdino e della valle del
Fiora.
Giacomo Bisemi, geologo e consulente della società canadese, ha pochi dubbi: "Che in alcune zone del grossetano e del senese ci siano riscontri interessanti è certo. Diversi geologi con esperienza internazionale hanno studiato l’area e concordano su questo con me. Insomma l’oro c’è, come è confermato dai campioni di terreno, dall’analisi dei sedimenti nei corsi d’acqua, da vecchie perforazioni. I risultati sono incoraggianti; uno spettacolare sondaggio ha indicato un tenore di 0,65 once d’oro per tonnellata su 22,5 metri, vicino alla superficie, nelle Colline Metallifere. In questa fase di campionamento areale, non ci saranno scavi di alcun tipo. Faremo operazioni non invasive. In termini tecnici si parla di rilevamenti geologici, indagini geofisiche e campionature
random di suoli e rocce”.
Accanto all’oro, cresce l’attenzione anche su altri elementi come il semimetallo antimonio, minerale usato nei componenti elettronici di computer e cellulari. Campioni di terreno, analisi di sedimenti nei corsi d’acqua, vecchie perforazioni e le recenti prospezioni geochimiche raccontano di un suolo che, in effetti, è ricco di metalli e, per certi versi, assomiglia a quello del Nord-America.