Sito di Zappetta Gialla sull'Oro.

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Klondike storie vere

 

 

pubblicazione di Miniere d'Oro(2003) web.tiscali.it/minieredoro(2004) www.minieredoro(2006 / 2023)

 

 

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Da "Gente Viaggi” un articolo del 1985. Testi di Massimo Todisco e foto di Massimo ed Enrico Todisco, qui da me riordinato secondo le esigenze del sito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Approfondimenti di questa pagina

FILONE AQUILA CON APPROFONDIMENTO 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pagina che ho preparato con l'ing. Cazzulani Gabriele.

   

 

"La corsa all’oro non è finita; d’oro nel Klondike ce n’é ancora, e io so dove. Scavo fra i mucchi di pietre e i resti delle antiche miniere, là dove i nostri vecchi, un tempo, hanno cercato". Sessant’anni, capelli bianchi e vivi, le mani consumate e dure di chi scava da sempre: a parlare è Toni Kosuta, uno degli ultimi cercatori di Dawson City, nello Yukon, la regione del Nord America in cui Jack London ambientò i suoi celebri romanzi. Giunse in Canada nel 1951, veniva da Gorizia per fare il muratore. Lavoro nelle ferrovie a Jasper fino al giorno in cui gli parlarono dell’oro, della Bonanza, di Dawson. Nel 1954 già a sudare in una miniera della Yukon Gold Corporation Company. Ma nel 1966 il prezzo dell’oro crollò a 35 dollari l’oncia, molte compagnie chiusero i battenti. "Non mi diedi per vinto", racconta Toni, "e  quando tutti abbandonarono le miniere io decisi di restare prendendo in affitto 20 clains di terra a 10 dollari ciascuno". Un clain é un appezzamento che, a partire dal fiume, si stende in profondità per 500 piedi e in larghezza per 1000 piedi su ciascun lato.

E' una strada polverosa, stretta, tutta curve a condurmi da Toni, in Bonanza, una piccola valle 30 km a sud di Dawson City. Ovunque mucchi di pietre al posto dei pini e degli abeti. Qua e là i resti delle antiche miniere, draghe di legno galleggianti nelle pozze d’acqua, rudimentali scavatrici ormai arrugginite, abbandonate fra i sassi, pali di legno fradicio, ultime testimonianze della "grande febbre".  Poi la strada diventa sentiero, ecco un ruscello, un piccolo 

ponte, un cartello che recita "solo per auto". Guadiamo il ruscello col camper, affondando nel fango. Toni è ad attenderci nella sua piccola casa di legno, costruita assieme alla moglie Vittoria, friulana anche lei, ai figli David e Vincenzo. E' qui che vive dai primi di maggio al 15 ottobre di ogni anno; d’inverno, quando tutto gela e le ricerche sono sospese, si trasferisce a Dawson City.

La miniera si trova sul greto del Bonanza Creek, il cui letto é quasi asciutto; oggi l’oro non si trova più nell’alveo come un tempo, e si deve scavare nelle rocce circostanti. Certo oggi non si usano più picconi e pale: Toni si é costruito una macchina formata da una specie di ponte inclinato e da un nastro a maglie di ferro, su cui l’acqua viene convogliata da una pompa meccanica. Sul ponte, acqua e terra si mescolano, sassi e terra scivolano sulle maglie del tappeto, che trattiene pagliuzze e piccole pepite d’oro, mescolate al fango. Il lavoro prosegue poi tutto a mano: con una sorta di padella di ferro, il "pan", Toni setaccia la poltiglia raccolta sino a che nella padella non resta che lucido oro. Il prezioso metallo viene infine fuso in piccoli lingotti che saranno venduti a Dawson. "Centomila dollari l’anno mi rende la miniera (circa 8000 euro odierni al mese, nel 2012:), ma é un lavoro duro, senza sosta, che si protrae per più di 14 ore al giorno, per cinque mesi l’anno".

A Dawson, sono più di 80 le famiglie che possiedono una miniera, da quando nel 1978 il prezzo dell’oro ha subito un brusco rialzo toccando gli 800 dollari all’oncia. Sono canadesi, americani, anche tedeschi, francesi, svizzeri, svedesi. E' sorta pure una piccola compagnia, la Staker Resources Queew’s che impiega 75 persone ed estrae 10.000 once di metallo l’anno.

Dawson oggi conta poco meno di 1000 abitanti: il 50% della popolazione vive ancora dell’oro, l’altra metà inveve lavora per il governo, per riadattare le vecchie case di un tempo, di quando la città contava oltre 40.000 abitanti, oppure per realizzare opere di contenimento lungo lo Yukon River, che spesso inonda parte dell'abitato.

Anche John Gould, un signore distinto, sessantenne, ben lontano dal cliché classico del cercatore d’oro, ha la sua miniera.  Lui é nato qui; suo padre, nel 1901, arrivò dalla Scozia nel Sud del Canada, lavorando dapprima nelle grandi fattorie.

Toni Kosuta mostra alcune pepite d’oro trovate nei suoi "clains," appezzamenti di terreno aurifero. La miniera gli rende centomila dollari l’anno (circa 180 milioni di lire), ma é un lavoro duro che si protrae per circa 14 ore al giomo per cinque mesi l’anno, da maggio a ottobre.

Poi, come Toni, si spinse verso ovest, giunse a Skagway, salì fino a Whitchorsc e in due settimane, in zattera sullo Yukon River, approdò a Dawson. Oggi John continua il mestiere del padre, estraendo ogni anno dalla sua piccola miniera più di 300 once d’oro. "Da sette anni", dice, "qui c’é lavoro per noi cercatori, ma questo é un settore in cui diventa rischiosissimo investire. Attualmente, un’oncia d’oro vale 340 dollari e ripaga la fatica e il denaro impiegati nella ricerca; ma se il prezzo dovesse calare, saremmo tutti costretti a chiudere". Anche John, come Toni, lavora d’estate per cinque mesi. Gli chiedo come mai le sue mani non sono nere e callose come quelle di Toni Kosuta. "Lui lavora molto più di me", mi risponde, "per lui l’oro é più che un lavoro: é una passione come per i vecchi cercatori". Abbiamo cosi scoperto che Toni é uno degli ultimi pionieri dell’epoca moderna, ed é con lui che ci rechiamo nella vecchia Dawson (continua a lato pag.)