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Giacitura dell'Oro

 

 

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Premessa. I giacimenti auriferi posti nei dintorni di Macugnaga (e della Valle Anzasca in generale), dal punto di vista mineralogico "qualitativo" sono piuttosto particolari, sia per quanto concerne la loro mineralizzazione metallica (oro), sia a proposito dei filoni quarziferi che la contengono. Questi ultimi sono infatti quasi sempre caratterizzati da inclusione di frammenti della roccia di contatto. I più grossi cristalli di quarzo si sviluppano, come di norma, laddove vi siano cavità (geodi o druse) che offrono spazio per la loro crescita e spesso ad essi si associano minerali quali la Clorite, Pirite, Arsenopirite, Ankerite,Aragonite, Sericite ed altri, cristallizzati a loro volta: al tempo stesso va però detto  che trovare geodi in questi filoni è cosa non comunissima.

Sfruttamento. Per quanto riguarda la situazione metallifera, l'oro nei tempi andati era individuabile abbastanza facilmente in corrispondenza dei cosiddetti brucioni, che sono le zone di affioramento (all'aperto dunque) dei filoni; in tale circostanza questi ultimi subirono il lunghissimo naturale processo di disgregazione da parte dell'azione degli agenti atmosferici (corrosione dei solfuri ecc.) mettendo così alla luce piccole ma numerose pagliuzze e laminette d'oro. Considerando però che i brucioni furono i primi punti presi di mira per l'inizio delle attività estrattive (e conseguenti gallerie) da parte delle industrie minerarie che lavorarono questa zona, essi sono stati per la maggior parte già asportati già da allora, per cui individuarne oggigiorno qualcuno che sia potenzialmente ancora utile alla ricerca (occorre anche che in quel punto il filone sia "ricco di suo", ovviamente) non è più cosa facile.  

La tipologia dell'oro di queste località, soprattutto nella zona di Macugnaga e Pestarena, come giacitura e salvo rarissime eccezioni non è del tipo "Nativo", bensì lo si trova all'interno di solfuri quali la Pirite e l'Arsenopirite: da questo ne consegue che la conoscenza della ripartizione locale di detti solfuri è fondamentale perché i possibili ritrovamenti auriferi sono (e furono) strettamente vincolati ad essi. Da notare inoltre che in molti casi Pirite ed Arsenopirite risultarono "ricche" anche quando posizionati fuori dalla ganga (cioè nella roccia di contatto adiacente al quarzo).

Durante lo scavo delle gallerie della fascia Pestarena / Macugnaga si notò che la mineralizzazione utile di cui sopra, quando la si incontrava si mostrava distribuita non orizzontalmente, ma con inclinazioni varie che andavano poi seguite secondo la loro pendenza. L'aspetto iniziale della "zona buona" era caratterizzato da un insieme di minute vene di quarzo stratificate, frammiste alla roccia madre e contenenti già un visibile incremento della mineralizzazione solfurea. A questo seguiva una graduale ma consistente dilatazione del filone con sua relativa zona assai mineralizzata, per concludersi nuovamente con il progressivo diradarsi sia della vena sia dei solfuri. A questa chiazza di arricchimento, che in termini tecnici è stata chiamata "lente", si ripeteva un tratto di ganga quasi inconsistente, esile e frammista a impasti argillosi che i minatori chiamavano "marciogna", oltre la quale si sarebbe, prima o poi e mantenendo l'inclinazione, trovata un' altra lente da sfruttare e via a seguire, continuando cioè a sfruttare la "colonna " (in questo caso appunto non necessariamente verticale) individuata. In tale contesto l'avanzamento delle gallerie di direzione serviva quindi sostanzialmente ad individuare altre lenti e colonne, perché il solo quarzo bianco, cioè senza inclusione di altra mineralizzazione, risultava in genere assolutamente privo anche di Oro.  

A livello amatoriale, c'è un sistema (che ho già sperimentato in altre miniere) per rimediare una piccola ma interessante campionatura dell'oro racchiuso (un es. qui sopra) nella Pirite o Arsenopirite di questi giacimenti. Si tratta di individuare uno dei tanti punti di arricchimento riscontrati durante i lavori originali, meglio ancora un punto, tra questi, dove l'aria o l'umidità siano a tutt'oggi particolarmente presenti ed abbiano quindi provveduto ad alterare a dovere i minerali di cui sopra. Ci si recherà dunque lì con tanto di palotto, Batea, setaccio ed acqua (ad es. una tanichetta da 10/15 litri a testa) e si procederà a lavare il pavimento del tratto di galleria interessato, curandosi di prestare particolare attenzione anche al materiale posto proprio alla base delle pareti (in quell'angolo si dispone infatti sia di quel che è sceso dal soffitto sia di quel che si è staccato dai fianchi). Tale operazione può esser svolta versando l'acqua in uno spesso nylon adagiato in un incavo creato, sul momento, nel terrapieno detritico del suolo. E' una procedura che comporta piccoli inconvenienti: il principale tra questi è forse dato dal fatto che dopo un po' di lavaggi l'acqua tende ad addensarsi troppo rendendo così difficile il depositarsi dell'oro sul fondo della batea, ma questi problemi sono risolvibili "sul campo"...e non proseguo nella descrizione solamente perché mi sembra giusto che ognuno agisca e provveda secondo la propria inventiva ed ingegno.

   

 

Un altro Sito che parla delle miniere di Macugnaga é ad esempio quello della locale Comunità Montana Monte Rosa.

   
 

 

 

 

 

 

 

 

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