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Un mio
estratto da un articolo (di H. Volta, 1917) che mi aveva tradotto
l'amico
Ugo
Magnani. Il risultato finale é stato qui infine riordinato da
Pinguinella.
Quando si lavora insieme ... si lavora insieme (e qui a 4 mani). |
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Il
mercurio, che per un
lunghissimo periodo di tempo è stato il principale agente, anzi
indispensabile nei
trattamenti auriferi (vedi il processo di amalgamazione), con l'avvento della "cianurazione"
(anno 1887) viene
pressoché completamente detronizzato a favore invece dell'uso dello zinco che da
allora ha registrato un grosso aumento del suo prezzo.
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...Ora
andiamo ad esporre nel dettaglio questo nuovo metodo che ha determinato
nella metallurgia dell’oro una vera rivoluzione. Il principio chimico
sul quale è basato il procedimento è molto semplice: l'argento
e l'oro sono solubili
nelle soluzioni acquose di cianuri alcalini e la reazione è la
seguente: 2Au + 4K CN + H2O
+ O = 2 KOH + 2Kau(CN)2 . Si vede la formazione di cianuro doppio d’oro
e di potassio e formazione di potassa. La necessità di impiegare dell’ossigeno
nella reazione è messa in evidenza e questa è la ragione per la quale
uno dei grossi problemi della cianurazione consiste nell’introduzione
di aria (vale a dire ossigeno) nella massa trattata. Mediante un
qualsiasi procedimento (aria compressa, agitazione ecc.) si può
utilizzare l’uno o l’altro dei cianuri dei metalli alcalini
(potassio o sodio). In certi casi per avere un esaurimento più completo
del minerale trattato, soprattutto se il tenore in oro è molto debole,
si può aggiungere una miscela di bromato di potassio che reagisce
dapprima sul cianuro di potassio in presenza di acido solforico
dando luogo a bromuro cianogeno (Br.C.N.). La reazione della
cianurazione è allora BrCn + 3KCN + ZA = ZKAu(CN)Z + K Br.
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Il
bromuro di potassio è rigenerato. Allorché il cianuro doppio d’oro e
di potassio è formato, viene separato mediante filtrazione dei depositi
e delle impurità; l’oro è fatto precipitare dalla sua soluzione
mediante l’azione di lamina di zinco posta perpendicolarmente nel
liquido. La precipitazione avviene su di essa, mentre la concentrazione
è molto debole. Perché la reazione avvenga nelle migliori condizioni
è necessario che il minerale aurifero sia ridotto in particelle
finissime: la prima operazione che questo subisce è una macinatura
meticolosa che si effettua in generale in apparecchi a palle analoghi a
quelli che servono nei mulini atti alla preparazione di polveri. Ci sono
dei grandi cilindri da 5 a 6 metri di lunghezza e di un metro di
diametro nei quali si introducono da 2500 a 3000 chili di minerale da
macinare. La velocità di rotazione è da 45 a 50 giri al minuto e la
forza motrice necessaria allo scopo è di circa 20 HP. Questi apparecchi
sono molto simili a quelli utilizzati nelle industrie per la
fabbricazione del cemento di Portland. D’altra parte il minerale è
ridotto allo stato di polvere perché reagisca rapidamente e
completamente nella soluzione di cianuro di potassio allo 0,005 % di
media, ben areato ed agitato energicamente. Il metodo più semplice
consiste nel disporre di un agitatore girevole nel fondo di un tino che
serve contemporaneamente, oltre ad agitare, anche ad emanare aria.
Allorché la pompa è in marcia, la soluzione di cianuro viene aspirata
nella parte superiore e rinviata sotto pressione sul fondo. Essa
defluisce allora attraverso gli orifizi di quattro diramazioni "a
rastrello" inferiori, orifizi che sono disposti in senso inverso su
ciascuna diramazione. Grazie a questa disposizione, il colore (?) del
liquido determina la rotazione lenta del rastrello che muove così la
massa. La durata della reazione varia da 18 a 30 ore a seconda delle
quantità trattate. In un certo numero di installazioni si procede
diversamente e si opera un lavaggio preliminare del minerale, in modo di
trattare nei frantoi solo i pezzi di dimensioni più grandi ed eliminare
il fango che è dannoso per la buona riuscita dell’operazione di
cianurazione. Il minerale è distribuito in questo caso su delle tavole
a vibrazione del tipo WILFHY che separano le parti a seconda delle loro
dimensioni, le quali sono in seguito macinate. I tini in cui si effettua
la reazione sono enormi e trattano in una sola operazione da 50 a 60
tonnellate di minerale.
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Qualche
anno dopo si è impiegato un dispositivo più perfezionato, chiamato in
Messico TINO PACHUCHA e visibile qui a lato. Esso è costituito da un
enorme cilindro metallico di 3 metri di diametro e 10-12 metri di
altezza e che, nella sua parte inferiore
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termina
con un tronco cono. Un tubo del diametro di 40 cm è disposto secondo
l'asse del tino e riempie la parte d’ascensore che trasporta alla
parte superiore i materiali che si trovano sul fondo del tino stesso. Ed
ecco come: un getto d’aria compressa è inviato al centro di questo
tubo, l’aria provoca un gorgoglio e sfuggendo si emulsiona con la
massa per così dire pastosa, formando una sorta di schiuma più leggera
che rimonta allora verso la superficie. Il procedimento è il medesimo,
in principio, di quello utilizzato negli zuccherifici per il rimontaggio
del succo, perchè lì si emulsiona dell’aria con dello sciroppo
affinché la sua durezza diminuisca così che in seguito il lavoro di
richiamo delle pompe sia agevolato dalla massa più fluida. Quale che
sia il dispositivo utilizzato, si ottiene finalmente una pasta dalla
quale si dovrà separare la soluzione di cianuro doppio e di potassio.
All’inizio dell’applicazione del procedimento si pratica
semplicemente la decantazione, ma l’estrazione intensiva non permette
d’accontentarci di questo sistema rudimentale. Il problema risulta di
difficile risoluzione soprattutto quando sono enormi le quantità delle
masse da filtrare e che non di rado sono infatti intorno alle 100
tonnellate. La calce in soluzione alcalina trascina la melma verso il
fondo del tino; l’allume agisce anch’esso ma la loro azione
combinata non è che accessoria. Questo procedimento risulta quindi
essere troppo lungo e faticoso e, a poco a poco fu infatti rimpiazzato
con l’impiego di Filtropressa. Questi apparecchi sono di vari tipi,
filtri a vuoto o filtri a pressione. Tra questi uno dei più ingegnosi e
rivoluzionari è il filtro di M. Mervill. La grossa difficoltà
incontrata in questo genere di filtri consiste, una volta che la
pressione sia esercitata e la massa liquida del tutto espulsa,
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nell’eliminazione dei fanghi: Nel dispositivo
Mervill, immagine qui a lato, ciascun elemento del filtro è pulito per
opera di una prepotente corrente d’acqua sotto pressione. I filtri
però più correntemente in |
uso
sono quelli a vuoto del tipo M. Moore e Battey. In questi due filtri il
principio è il medesimo. Nel filtro Battey c’è un grande numero di
traversi di legno, ricoperti di stoffa e collegati ad una pompa
aspirante, capaci di creare un leggero vuoto. La poltiglia liquida è
versata in questo apparecchio e quando risulta ricco o comunque
conveniente, si mette in funzione la pompa. La soluzione aurifera passa
ed è raccolta in una vasca speciale, mentre la fanghiglia forma un
rivestimento pastoso aderente all’ossatura. Si continua fino a che lo
spessore del deposito sia di due o tre centimetri, quindi si arresta l’operazione
e si esauriscono ulteriormente i residui tramite lavaggio con l’aiuto
di una soluzione molto debole di cianuro; infine si lava con acqua e si
trasporta detto scarto in apposita discarica della miniera. Il filtro
Moore, funziona, se così possiamo dire, in senso inverso al filtro
Battey. Esso è composto da una grande vasca nella quale si invia la
poltiglia liquida a esaurire e, al di sopra si porta, per mezzo di un
tappeto scorrevole, una batteria di filtri lamellari analoghi a quelli
rappresentati nella figura a lato. Si fa scendere questa batteria di
filtri nella vasca, viene messa in funzione la pompa e la soluzione
aspirata attraverso della stoffa si separa dalla massa solida. Si agita
quindi la soluzione per il tempo necessario ad esaurire tutta la materia
contenuta nella vasca e quando lo spessore del deposito sulle pareti
della batteria filtrante è abbastanza elevato, questa viene sollevata
per mezzo di un carroponte e, tramite un nastro trasportatore se ne
effettua il trasferimento in una vasca d’acqua pulita per il lavaggio.
Poi viene immessa nei filtri dell'aria compressa che fa staccare la
poltiglia. L’operazione totale è fatta molto rapidamente e non dura
mai più di 90 minuti. Altri sistemi, più o meno nei favori delle
classi industriali, meriterebbero di essere descritti: citiamo ad es. i
filtri giranti Oliver, in servizio in California, i filtri giranti
Ridway e ce ne sono altri ancora meno noti. L’ultima operazione è la
decomposizione della soluzione di cianuro doppio d’oro e di potassio
che si concentra in vasche dove si immergono delle lamine di zinco o
talvolta di ferro. Lo zinco si sostituisce all’oro nel cianuro.
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Questa sostanzialmente la descrizione del processo di
cianurazione. Si tenga però presente che questo metodo, inizialmente non
fu sempre
praticabile; in certi casi, per la presenza di certi metalli e relative
combinazioni chimiche che si sviluppano, ne era infatti vietato
l'impiego, come ad es. nel caso in cui oltre all'oro abbondassero minerali di galena
argentifera, di rame, di piombo o d’argento (tipo quelli
che si trovano in Messico e che si continuò a trattare per via secca
dentro dei forni) e anche la presenza di zolfo nei minerali era spesso
causa di complicazioni, mentre nel caso di altre giaciture tipo quelle
africane che
non contengo materiali "fastidiosi" (es. le
miniere di Rand), si applicò con successo sin dalla sua
scoperta/invenzione la cianurazione . |
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