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Il Golden Mile

 

 

pubblicazione di Miniere d'Oro(2003) web.tiscali.it/minieredoro(2004) www.minieredoro(2006 / 2023)

 

 

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Quanto segue è parte di un articolo (Gente Viaggi”, 1985, testi di Lucio Valetti e foto di Guido Alberto Rossi), da me riordinato secondo le esigenze del sito.

 

   

 

Pagina che ho preparato con l'ing. Cazzulani Gabriele.

 

 

 

Ero andato a vederlo, il chilometro e mezzo più prezioso del mondo, con un tassista seriamente calato nel ruolo di cicerone e con un predicatore dei Testimoni di Geova incontrato per caso sulla Hannan’s Street. <<Un prete itinerante>>, mi spiegava, perché in un posto grande come l’Australia ci sono scolari che prendono lezione via radio, medici che vanno a visitare i pazienti con l’aereo e anche ministri del Signore dotati di moglie, roulotte e un’autonomia di parecchie migliaia di chilometri. <<No, niente stipendio, io e mia moglie viviamo dell’ospitalità dei fedeli>>.

Il golden mile, il miglio d’oro, è una sequenza ininterrotta di torri dalle forme complicate, di macchinari giganteschi che spuntano dalla terra, di depositi, di ammassi di detriti, di camion che vanno avanti e indietro, di caterpillar gialli che "borbottano" e di omini che si muovono tra queste forme gigantesche. Una tonnellata di materiale vuol dire 5 grammi d’oro. Dai materiali più ricchi si arriva raramente ai 20. I processi di estrazione sono complicatissimi e raffinati. Il tassista spiegava ed era più appassionato e più mistico del prete. Chi abita nel Gold Rush Country, anche se fa il tassista e non il minatore, si sente smuovere dentro quando si parla di oro.

 

 

Dei circa 20.000 abitanti di Kalgoorlie-Boulder e degli altri 30.000 circa divisi tra i piccoli centri minerari vicini (Coolgardie, Kambalda, Menzies, Leonora-Gwala) solo il 10% è direttamente impiegato nell’industria estrattiva o negli impianti di lavorazione del materiale. Il 90% è assorbito dal terziario, guida i taxi, gestisce ristoranti, negozi, lavora nell’ufficio postale, nelle banche. Ma che importa? Da queste parti ci si sente tutti comunque figli di Paddy Hannan. Il 18 settembre 1892 <<The West Australian>>, un foglio locale, "sparava" a otto colonne in prima pagina: <<Ancora oro scoperto a est di Southern Cross>>. A est di Southern Cross adesso c’è Kalgoorlie, allora non c’era niente. <<Seicento once sono state trovate e altre duemila sono state individuate>>, aggiungeva il sommario. Il prospector fortunato era Arthur Bayley. Molti lasciarono la costa e partirono aggregandosi alle carovane di camels, dromedari, che Jack Hills organizzava. Oggi il Kalgoorlie Miner, il nuovo giornale locale, usa le sue otto colonne per le <<Proteste degli abitanti di una periferia infastiditi dalla polvere sollevata dal continuo passaggio dei camion>>.

Il "golden mile" è spartito tra la Western Mining Corporation e le altre grandi società minerarie che piano piano hanno rastrellato tutte le piccole proprietà dei "prospectors" in cui era frazionato il Gold Rush Country. E non accade più nulla. I nuovi gold fields, i campi dell’oro, si individuano con metodo scientifico e l’uso di raffinati metaldetectors. Sull’aeroplanino da dieci posti di una minuscola compagnia interna che ogni giorno fa la spola tra Perth, sulla costa, e Kalgoorlie ci sono sempre signori in giacca e cravatta (nonostante il caldo) e sempre meno ragazzi in blue-jeans sdruciti, grossi bicipiti, un cappellaccio, il biglietto di sola andata e la parola oro stampata nel cervello. Perché a Kalgoorlie, oggi, invece delle straordinarie gold nuggets, le pepite da due chili, al massimo si può trovare un lavoro di minatore a stipendio fisso. O un buon impiego in banca. 

 

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