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La miniera di Praborna è situata nel vallone laterale sinistro di St. Marcel, posizionato questo poco prima dell'omonima città (giungendo da Sud), ad una quota di circa 1900 m. Conosciuta nei secoli precedenti col nome di Revers e di Barmaz/La Balme (il cui toponimo deriva sia dal celtico balm = antro, caverna, sia dal susseguente dialetto valdostano Pras Borgne = Prato Buco), acquisì il nome attuale dopo un precedente "Pralorgnan".

Questo giacimento è molto famoso nella letteratura scientifica per le sue peculiari caratteristiche geologiche e mineralogiche. Infatti, oltre  che al minerale d'interesse economico (la  sua Braunite), la miniera è caratterizzata dalla presenza di numerosissimi altri minerali di manganese: per alcuni di questi (alurgite, greenovite, piemontite, violano) Praborna costituisce la località tipo e molti altri minerali si presentano con caratteristiche tali da risultare di grande interesse per i collezionisti.  Note storiche e lavori. Il giacimento manganesifero di Praborna è conosciuto e coltivato almeno sin dal  1415, anno in cui viene appunto citato in un atto notarile dei signori di Challant. Il suo sfruttamento fu intenso ed il materiale estratto venne usato nelle vetrerie di Venezia e della Francia meridionale (Perrin, 1974, sino 77). Nel XIX sec. ebbe inizio il suo declino, ed i lavori minerari si conclusero nei primi decenni del secolo seguente. Originariamente gli sfruttatori coltivarono la massa mineralizzata di superficie, la quale si presentava come un grosso "rognone" potente 5-8 metri, affiorante su un fronte di 12 metri, a quota di circa 1910 metri. In seguito la seguirono internamente fino a quota 1880, con coltivazioni in discenderia a partire dall'affioramento superficiale e tramite due ribassi, eseguiti posteriormente ed attualmente franati: il primo a quota 1890, il secondo (costruito nel 1900/1902) a quota 1880.

 

Approfondimenti di questa pagina

Cenni geologici. Il giacimento di Praborna è ospitato nel Complesso piemontese dei

calcescisti con pietre verdi e più in particolare nell'Unità Zermatt-Saas, caratterizzata da paragenesi relitte di alta pressione e bassa temperatura.

                

La Miniera di Praborna con evidenziata (punteggiatura sia in alto a fianco del grosso ingresso fiancheggiato dalle due gallerie di avanzamento, sia in basso a destra dove ci sono l'edificio minerario e i due "ribassi" circostanti oggigiorno franati) la zona delle quarziti e manganese: in sostanza lo schizzo localizza l'imbocco superiore (foto in alto), quelle a suo lato di avanzamento e i ribassi che non sono più agibili.

 
   

 

Il livello manganesifero (quarzite a braunite e silicati di Mn, principalmente piemontite e spessartite) è compreso tra glaucofaniti granatifere a pseudomorfosi di mica ed epidoto su ex lawsonite, più o meno retrocesse in prasiniti, con solfuri disseminati, a letto, a prasiniti cloritiche ed ovarditi, a volte molto micacee, talora con calcopirite, a tetto. Gli scisti quarzitici a Mn sono frequenti nel Complesso piemontese dei calcescisti con pietre verdi, pur non mostrando le dimensioni e la ricchezza di paragenesi di Praborna. Nella stessa valle di St. Marcel se ne osservano a Rualla, a Chavanalla e a tetto della miniera di Cu-Fe di Servette. In Valle d'Aosta alcune delle molte mineralizzazioni a Mn conosciute sono state per breve tempo sfruttate: Varenche-St, Barthelemy (Nus), Arsine (Chatillon), Lago di Chamois e Revenaud (Charvensod) (Castello, 1981). Tali scisti quarzitici a Mn sono da considerarsi come depositi silicei, localmente manganesiferi, del Giurassico sup. il cui alto contenuto in Mn sarebbe inquadrabile nei modelli di lisciviazione, trasporto e deposizione frazionata propri dei circuiti idrotermali legati ai centri di anomalia termica della crosta oceanica. La contemporanea presenza nel Compresso dei calcescisti con pietre verdi di concentrazioni a Cu-Fe e a Mn appoggia l'ipotesi di un'unica sorgente idrotermale per entrambe le mineralizzazioni. Successivamente alla loro deposizione queste mineralizzazioni sono state ricristallizzate e deformate durante l'orogenesi alpina senza tuttavia subire significative mobilizzazioni (Dal Piaz et al.,1979).