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Ricordi; ricordi d'antan, ricordi di una volta, ricordi di
cose oramai remote che quasi senz'altro "le melanconie della
gioventù" ci fanno tornare alla mente in forma ingentilita ed edulcorata
... ma che comunque sono pur sempre i veri ricordi attuali, cioè quel che
ci resta di quei (beati?, dipende!) lontani giorni.
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Il fascino dell'avventura
senza età. All'ingresso della miniera si svolgeva puntualmente il rito
che consisteva nel caricare d'acqua e carburo la famosa
Acetilene, detta anche lampada a carburo; quindi si entrava e a questo punto il privilegiato
possessore dell'attrezzo
camminava fiero davanti a tutti (solitamente si era in tre o quattro)
ostentando a manca e a destra la miracolosa fonte di luce che ci avrebbe guidato
nelle viscere della montagna. A quei tempi non si cercava certo oro e nemmeno si aveva la pur minima
esigenza o speranza di trovarlo, neppure per caso perché lo scopo del contesto
era dato esclusivamente dall'avventura, per la precisione
dall'introdursi in quei meandri oscuri che quasi nessuno conosceva e
permeati per noi di mistero.
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Acetilene,
com'è fatta e suo funzionamento. La
struttura vera e
propria di questa sorgente luminosa è costituita da un contenitore
metallico contenente due relativi ambienti separati nei quali viene
rispettivamente messa acqua (in quello superiore) e carburo (in quello
inf.). Azionando quindi un semplice "rubinetto" che fa filtrare, goccia
a goccia, l'acqua nel reparto col carburo, viene così fomentata
la reazione tra i due componenti, la quale genera del gas che, "per
sfogo", esce automaticamente dall'apposito beccuccio posto
sulla sommità e presso il quale basta avvicinare un fiammifero acceso
per vedere scaturire da lì una fiamma a ciclo continuo che durerà sino ad esaurimento del
combustibile (in genere, alcune ore).Queste in sostanza erano le lampade ampiamente usate durante il
periodo di maggior sfruttamento di tutte le miniere italiane; si può
aggiungere al merito che oggigiorno esistono anche lampade frontali il
cui funzionamento mantiene i medesimi principi di cui sopra, con la
differenza che in questo caso il corpo della lampada potrà ad esempio
essere tenuto appeso al fianco tramite una cintura, ed un tubicino
consentirà il passaggio del suo gas sino ad un beccuccio fissato
frontalmente sul casco, il quale ultimo ci risparmierà anche dolorose testate
che in miniera sono piuttosto frequenti. Da notare che entrambe le
tipologie al merito possono disporre (in queste foto, no) in
corrispondenza dell'ugello luminoso, di una piccola parabola atta a
indirizzare la luce in un'unica direzione. |
La luce. Ritornando
alle mie prime esperienze giovanili, noi allora non lo sapevamo, ma se l'Acetilene ha avuto un ruolo
fondamentale per la ricerca dell'oro in miniera non è solo perché a quei
tempi non si disponeva di molte altre fonti d'illuminazione ed il suo
agente combustibile ha un costo molto ridotto, ma
soprattutto perché ha il raro pregio di emettere una tipologia di luce
che fa ben evidenziare e riconoscere l'oro rispetto ad altri minerali gialli;
se al contrario si usasse ad esempio una comune torcia a pile, tale distinzione
diventerebbe più problematica o comunque meno immediata. Usando
l'Acetilene si dispone dunque di questo importantissimo vantaggio; per
contro, se si volesse trovarle un difetto,
ci sarebbe da dire che la luminosità che offre è piuttosto limitata.
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Il suo "raggio d'azione" è infatti assai contenuto perché consente
una visibilità ridotta a pochissimi metri. In ogni caso è bene far
presente che anche il fascio luminoso molto lungo, tipico delle
torce elettriche, in miniera invece risulta anch'esso parecchio penalizzato
per via dell'umidità della quale è pervaso l'ambiente. Personalmente
ho riscontrato una soluzione ottimale, cioè facile riconoscibilità
dell'oro mantenendo al tempo stesso un'ampia veduta d'azione,
utilizzando delle lampade a gas e di questo ne accenno in altra
pagina. Quando il carburo si
esaurisce o si ha terminato l'esplorazione al buio, bisogna pulire ed
eventualmente "ricaricare" l'acetilene e per fare questo si
aprirà il suo vano adibito al carburo
per eliminare tutta la materia ormai consumata e trasformatasi in polvere,
conservando invece eventuali parti di materiale ancora solido (quindi
non consumato) ed aggiungendo infine, se il caso, altri pezzi di carburo
e/o acqua. Ricordo infine che il carburo, aò momento dell'acquisto, si presenta in
forma di piccole "pietre". |
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Questa immagine (per gent.
conc. dello Speleo Club
CAI di Sanremo) mostra un'acetilene
frontale nel cui corpo (2) appeso alla cintola si produce la
sostanza gassosa che poi tramite un tubicino (bianco nella foto, dalla
schiena al casco) giunge sino
all'ugello, fonte della luce utile (1), montato sul lato anteriore del casco. |
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NOTA
BENE. Considerando quanto sopra, è superfluo fare presente che le scorte
di carburo (a casa o altrove) vanno conservate in ambiente assolutamente
asciutto: una soluzione ideale consiste nel tenerlo in un
vasetto (meglio se di vetro, ma in miniera per ovvia praticità va bene
la plastica) chiuso ermeticamente.
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