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Due righe su di me (nel caso interessasse a
qualcuno...) |
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Sono nato in una città della riviera ligure, ma vi trascorsi solo nove
anni perché purtroppo a quel punto i miei genitori si separarono,
vicenda che obbligò la mia infanzia a un cambiamento di rotta a dir poco
decisivo, nel senso che in breve mi trovai "traslocato" in un lontano
paese alpino. |
Foto
che si spiega da sola: molto probabilmente colui che a quei tempi mi
volle più bene e non lo dico a caso: sostenevano che in sua presenza fossi
inavvicinabile. |
Di
tutto il primo periodo
adolescenziale, quello che trascorsi al mare, non ho |
molti ricordi particolari, se non quelli incerti
(e tutt'altro che sereni) di un asilo |
cui seguì
una
scuola elementare ancor più problematica, ma in sostanza il
problema era probabilmente in me stesso, perché vivevo i rapporti con i coetanei in
modo un po' difficile e confuso. Il tempo libero lo trascorrevo giocando
con le cugine la cui casa era adiacente alla nostra, oppure con i cugini
che abitavano non molto distante; i pomeriggi estivi si andava quasi
sempre al mare e ricordo le merende a base di pane e pomodoro (pane e
pomata). A nove
anni, per i motivi già accennati mi vidi costretto, affidato alla mamma, a traslocare di punto in bianco in montagna, a
centinaia di chilometri dal posto in cui ero nato e (finora) cresciuto. Quando arrivammo sul posto faceva un
gran freddo e c’era un mucchio di neve: ricordo la mia
curiosità frammista a stupore e ricordo anche che già dopo pochi
giorni mi trovavo a provare a sciare nel prato sotto casa, con le
ginocchia gelate perché avevo ancora i calzoncini corti, visto che a
quell’età, almeno per quanto riguarda il mio posto di provenienza,
tutti i bambini portavano le braghette corte. Presto mi trovai però vestito
in modo adeguato rispetto alla nuova residenza e altrettanto presto conobbi la
mia nuova piccola scuola, che non aveva certo nulla a che vedere con le vaste
aule dall’alto soffitto che avevo precedentemente frequentato, perché
qui gli ambienti
erano "ristretti" per conservare il calore; tra le altre
novità (anzi, a dirla giusta, qui per me erano quasi tutte delle novità), i nuovi compagni di classe
parlavano un ostico dialetto a me del tutto incomprensibile e tra loro si
conoscevano benissimo per non dire che erano spesso mezzo imparentati, perché il paese era
piccolo. Di tutta la classe io ero l’unico "foresto": ancora
una volta mi sentivo a disagio, ma da ragazzi si ha evidentemente una
tale carica di positività o d'incoscienza che non ci si ferma davanti a
nulla e questo oggi mi fa pensare che la
depressione (quella vera, profonda, pericolosissima) sia forse un esclusiva dell’età adulta. Impiegai
alcuni anni per ambientarmi in qualche modo, dico in qualche modo perché
mia madre non aveva tempo né voglia di occuparsi di me ed io, che stavo in
pratica crescendo da autodidatta, diventai un tipo alquanto agitato che
viveva più di istinti che di ragionamenti. A scuola andavo male e
quando per la seconda volta venni bocciato, fui mandato in collegio, in
città, dove iniziò a ripetersi il ciclo della nuova scuola, nuovi compagni,
nuovo modo di vivere, nuove regole da imparare e via a seguire . Dopo un paio
d' anni scolastici fui io a voler vedere se in altri collegi si
potesse star meglio e fu un’ idea poco furba, ma mia madre la accolse
senza problemi e così mi ritrovai a Torino, ancora più lontano da
casa. Nei due anni trascorsi in quella città iniziò ad interessarmi
una faccenda che influirà profondamente su tutto il prossimo evolversi
della mia gioventù: non ricordo come cominciò la cosa, fatto sta che
invece di studiare, trascorrevo molte ore pomeridiane nella biblioteca del
collegio a leggere resoconti di remote imprese alpinistiche e di uomini
che scalarono montagne eccetera. In breve tempo le mie attenzioni si
concentrarono totalmente su quell’ attività e non mi ci volle molto
per passare…dal leggere al fare; ne derivò un’ ampia manciata di anni
ricca di soddisfazioni ed avventure. Evidentemente ero piuttosto "portato" perché riuscii a fare cose che, quando leggevo quei
libri, mai più mi sarei immaginato di arrivare a vivere un giorno in
prima persona; mi permetto di dirlo ora senza rischiare di sembrare
presuntuoso solo perché è passato molto tempo (quanto ne è
passato…), non pratico più l’alpinismo da allora e quindi è un
po’ come se si parlasse d’altra persona. Comunque, come dicevo in
quegli anni il mio spirito viveva letteralmente di alpinismo: feci
diverse delle stesse ascensioni che tanto mi affascinava leggere nei
racconti di chi le aveva fatte per primo ed ebbi anche occasione di
aprire una via nuova, in tre giorni, su una delle cime storicamente più
importanti delle dolomiti, la Torre Trieste, e questo in compagnia di un noto e fortissimo
alpinista che diventerà da allora mio carissimo e prezioso amico. La
penultima stagione alpinistica mi vide poi da solo sulle Nord di
Lavaredo,
ma ora la faccenda stava progressivamente prendendo una piega sbagliata
perché ero giovane e purtroppo
carico non solo di energia, ma anche d’incoscienza; e pensare che
probabilmente mi sarebbero bastati
altri due o tre anni d'avventure verticali per poi riflettere su
tutto il contesto e decidere di continuare l’attività
usando non più solo il cuore, ma anche la testa. Invece non scampai (o
quasi) a quel che stavo rischiando e, l’ anno dopo, un bruttissimo
incidente pose drasticamente fine a quello che avrebbe dovuto essere
solo un bellissimo gioco. Uscii dall’ospedale dopo quasi tre mesi e
quando misi di nuovo le mani sulla roccia mi resi presto conto che oramai il giocattolo era rotto e che non sarei mai più
riuscito ad arrampicare come prima. Considerando che a quei tempi le
mezze misure non erano il mio forte, abbandonai tutto. Poco tempo dopo
conobbi quella che è ora mia moglie e che finalmente mi permise, per la
prima volta se si esclude
il primissimo periodo d’infanzia, di
avere realmente una famiglia, la nostra, con relative figlie. E’ a questo punto della mia vita che mi tornò in mente un
piccolo hobby che praticavo prima ancora dell’alpinismo: consisteva
nel visitare gli interni delle miniere, vedere quanto fossero lunghe
eccetera. Decisi quindi di fare nuovamente qualche escursione di quel
tipo ed il caso volle che durante una di quelle gite mi capitò di
conoscere un cercatore d’oro: come si suole dire, da cosa nasce cosa e
siccome, come ho già detto, le mezze misure non mi sono mai piaciute
molto, iniziai questa nuova avventura con grande slancio e dedizione
totale, il che mi portò di riflesso a conoscere e frequentare molte
persone con lo stesso interesse, con le quali spesso condivisi
bellissime giornate di ricerca in miniera; tra questi cercatori alcuni
non erano ancora pratici dell'attività di cui sopra, ma in cambio erano
esperti riguardo l'oro dei fiumi, torrenti ecc. e questo mi portò in
seguito a interessarmi, con altrettanto entusiasmo, alla ricerca nei
medesimi. Col tempo però decisi infine di
ritirarmi in me stesso: troppa gente veniva a trovarmi, persone di cui
in realtà sapevo poco o nulla, alcune sicuramente di impeccabile valore
morale, ma altre invece a dir poco ambigue, poco corrette (per non dire
altro) e questo è sostanzialmente l'unico motivo per cui
il mio nome in questo sito non compare mai: preferirei evitare di
trovarmi a ripercorrere le stesse problematiche sopra accennate.
Il risultato
di quel che faccio lo riverso periodicamente nel sito, che descrive a suo
modo quest’ ultima mia grande passione. Poi, si vedrà…
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Il mio
carattere (sempre nel caso interessasse a qualcuno...) |
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Anche
se quando iniziai a cercare oro mi piaceva molto la compagnia,
frequentare persone, scambiarsi idee ragionandoci sopra ecc, c'è però
da dire che essendo di natura paradossalmente e irrazionalmente piuttosto permaloso (lo ammetto io stesso, il che è tutto dire),
ne risulta che ho un carattere piuttosto complicato, tant'è che quel che
mi rimprovero da quando ho raggiunto l'età adulta consiste nel fatto che
"quel che vorrei sinceramente essere, non è supportato da quel che
realmente sono" (faccenda in fin dei conti comune a molti,
basta rendersene conto), non tanto nei comportamenti in generis, ma piuttosto
nelle reazioni immediate sui fatti. D'altronde ... forse
bisognerebbe sapersi accontentare di quel che si è, anche se purtroppo è proprio a causa di queste
"reazioni immediate" che le potenziali capacità di persone
che hanno simili peculiarità caratteriali rischiano occasionalmente di
essere penalizzate; negli anni, come ancora oggi, ho riflettuto molto sulle
volte che ho reagito in modo impulsivo e ne ho facilmente dedotto
che
quasi mai mi ha fatto dare il meglio di quel che avrei potuto fare o sarebbe occorso. Sostanzialmente,
scherzando mi piace dire che talvolta forse per me l'ideale sarebbe
vivere ... "in differita"
(non sempre, ma in molti casi senz'altro) per poter riflettere senza
fretta quando ci sono importanti decisioni da prendere o cose da dire su qualsiasi argomento. |
In
ogni caso, da qualche anno ormai i desideri di compagnia sopraccennati
se ne sono andati lasciando il posto ad una gran voglia di starmene per
conto mio.
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Approfondimenti di questa pagina
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