La miniera di Gula in Val
Mastallone
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e
la storia di Don Teruggi |
Pagina fatta con Giorgio De Lorenzi e Ugo Magnani.
Sostanzialmente si tratta di un loro estratto da "Momenti dell'attività Mineraria e Metallurgica in Valsesia: Don Teruggi e la Miniera di Gula, di Riccardo Cerri",
che mi hanno messo a disposizione (inviandomelo) per lo sviluppo
di questa scheda.
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La
presenza di filoni auriferi nel territorio dei comuni di Cravagliana e
Rimella, oltre che nella specifica miniera di Gula, era già conosciuta fin dall'inizio del secolo scorso.
Ciò diede origine ad una saltuaria attività di esplorazione e
coltivazione da principio ad
opera di ricercatori della valle poi con interventi di società non
Valsesiane e anche straniere; tra questi, oltre ai Rimellesi Lorenzo Dago e Gaudenzio Reale,
vale la pena ricordare Don Giulio Ferraris, vice-parroco di Sabbia il quale
negli anni tra il 1865 e il 1881
ottenne permessi di ricerche aurifere in diverse località della
Valsesia meritandosi così
il curioso appellativo di "Don Minera" ancor prima del parroco
di Ferrera Don Teruggi.
A seguire si ebbero tra il 1890 e il 1902 la società Ferdinado Pirazzi
e Soci di
Piedimulera già presente in diverse miniere aurifere Ossolane quindi
il signor George Robinson,
un Sudafricano residente a Parigi il quale analogamente alla Britannica
Monte Rosa Gold Mining Company Ltd di cui era responsabile ed amministratore ad
Alagna, detenne il
permesso di Gula dal 1903 al 1913.
Prima dell'avvento di don Teruggi, il permesso di ricerca soprattutto
per la Pirrottina Nichelifera passò al signor Giovanni Brunetti di
Brosso Canavese dal 1914 al 1918, quindi
all'ing. Giulio Probati di Agordo per il periodo dal 1919 aI 1921.
Benché l'atto ufficiale di cessione del permesso risalga al Settembre
1921, già dal Maggio
1920 la Società Miniere Nichelifere di Valmastallone costituita da Don
Teruggi, aveva iniziato le ricerche impiegando circa 40 uomini che
lavoravano a ciclo continuo in 3 turni di
8 ore giornaliere.
Lo scopo del prelato era quello di alleviare la disoccupazione che
regnava nella valle e
obbligava la popolazione ad emigrare all'estero.
Già nel 1922 però gli addetti erano scesi a 12 unità.
Don Minera sollecitava inoltrando invano per 2 volte la domanda di
miniera scoperta al
Distretto di Torino, tale fretta appariva giustificata dal fatto che
l'intento era sì di
ottenere la scoperta di miniera ma solo per poi cederla a chi disponesse
di mezzi tecnici
e finanziari per realizzare i prodotti da essa derivanti.
Nel frattempo le spese erano di gran lunga superiori alle entrate.
Fino al 1923 i lavori eseguiti furono veramente notevoli con lo scavo
di diverse centinaia di metri di gallerie che permisero di intuire la
discreta estensione sia del giacimento
di Pirrotina Nichelifera sia quelli Auriferi, nel 1923 i lavori vennero
notevolmente
ridotti, gli operai erano
oramai ridotti a 4, situazione questa che si protrasse fino al
1925 nonostante l'individuazione di un'altro orizzonte mineralizzato a Pirrotina
[def.]
.
I1 quantitativo totale di minerale nichelifero estratto dal 1929 al 1925
ammontava a circa
1730 tonnellate e, in attesa di essere opportunamente trattato, giaceva
inutilizzato presso i vari cantieri.
L'attività venne perciò rivolta sopratutto ad una ridotta coltivazione
della Pirite Aurifera
per la cui lavorazione erano in funzione fin dal 1921, frantoi e vasche
di trattamento situati in baraccamenti posti sulla sinistra della
carrozzabile per Rimella.
I lavori di ricerca, già di ridotta entità furono sospesi del tutto
nel 1926.
Saltuariamente e per brevi periodi fino al Maggio 1932 l'attività
venne limitata a lavori
di conservazione delle infrastrutture ed a ridotte ricerche.
A complicare ancor più la vita al Povero Don Minera ci pensava un certo
Wilibald Naeher,
ingegnere chimico Tedesco il quale affermava di avere ideato un
procedimento "speciale"
per il trattamento del minerale Nichelifero approfittando così della
buona fede e troppa
ingenuità del prelato.
Fatto sta che il Naeher con la complicità di tali
Umberto Zametti e Cav. Orazio Del Bo imperverseranno in Val
Mastallone dal Giugno 1932 al Febbraio 1933 facendo spendere le ultime
risorse allo speranzoso Don Teruggi in costose analisi, frettolosi
lavori dalla cui esecuzione il suddetto team ricavò senza dubbio profitti
non propriamente onesti. Sono di questo periodo la costruzione degli
edifici per il trattamento del minerale e il riadattamento di non meglio
precisati Uffici, la costruzione di 400 gradini in cemento per l'accesso
ai 5 livelli, ampi pianerottoli, sedili di sosta e ringhiere in ferro
che rendevano tutto molto bello ma assolutamente inutile. Il Distretto
Minerario di Torino si espresse pesantemente definendo il tutto con la
nota "spese pazzesche". Solo alla fine di Febbraio 1933 Don
Teruggi che si era nel frattempo ravveduto, poteva finalmente liberarsi
della famigerata triade, grazie alla decisa presa di posizione del
Distretto Minerario e del Ministero della Corporazione che evidentemente
aveva indagato a fondo sul
Naeher scoprendone le malefatte e inoltrandogli il foglio di via. Nel
Luglio 1934 Don Teruggi pose in liquidazione l'ormai esausta
"Società Miniere Nichelifere di Valmastallone" fondando il
"Consorzio Minerario Valsesiano S.p.A." in gran parte formato
dai sempre meno convinti membri del precedente sodalizio. Alla fine del
1935, dopo aver dato fondo alle casse societarie nell'acquisto di
materiale tecnico per il trattamento e arricchimento della Pirite
Aurifera [def.]
, materiale che si rivelò subito di pessima qualità, tutto era
già irrimediabilmente fermo. Il più grande errore del primicerio di
Ferrera fu quello di nutrire una smisurata e infantile fiducia in
giacimenti obbiettivamente poveri. Dal 1936 à1 1946 dopo molti
tentativi falliti da parte del prelato di cedere la con cessione nel suo
complesso a varie Società come la Fiat Sezione Ind. Metallurgiche, la
AIVMT Azienda Minerali Metallici Italiani, la SAMIL, la Società E.
Breda, via via con il passare degli anni anche le file del Consorzio
Minerario Valsesiano si assottigliavano sempre più. Qualche sporadico
lavoro venne ancora effettuato fino all'Agosto del 1943 ma risultò
tutto vano. Nel Gennaio 1947 scadeva il permesso di ricerca che
non venne più rinnovato. Nel frattempo Don Teruggi
era uscito silenziosamente
di scena, ormai
troppo anziano e malfermo in salute dopo mezzo secolo di apostolato fra
quelle montagne aveva dovuto, nell'Ottobre del 1946, lasciare a
malincuore la Sua Ferrera. Scese a Varallo come cappellano della Madonna
delle Grazie e successivamente si ritirò al Sacro Monte. I restanti
membri del Consorzio Minerario Valsesiano domandarono ancora negli anni
dal 1951 al 1955 il permesso di ricerca senza tuttavia farvi alcun
lavoro. Don Teruggi, sentendosi ormai prossimo alla fine chiese di
essere accompagnato per l'ultimo saluto alle Sue miniere, portato a
spalle fino agli imbocchi visitò piangendo la causa di tante delusioni.
Egli tuttavia non volle mai accettare la sconfitta e, a chi lo
incontrava per le vie di Varallo o lungo la salita del SacroMonte,
appoggiato faticosamente al suo bastone ripeteva con insistenza di non
essersi sbagliato e che qualcuno un giorno gli avrebbe dato ragione e
reso così giustizia. Convinzione questa dettata più dalla sua
cocciutaggine che da elementi e fatti probanti scientificamente. Dopo
aver trascorso gli ultimi mesi di vita presso la casa di riposo di
Miasino sul lago d'0rta, don Giuseppe Teruggi se ne "andava" l'11 maggio 1957 all'età di 85 anni. Per suo espresso desiderio fu
sepolto nel minuscolo cimitero di Ferrera accanto ai genitori ed alla
sorella, la Sua gente appose più tardi una lapide le cui parole ben ne
disegnano la figura e l'indole: "Mente eletta aperta e sensibile ai
problemi sociali religiosi e morali, spirito coraggioso, prodigò ogni
suo avere per procurare in loco lavoro ai suoi parrocchiani costretti
per vivere ad emigrare tentando di dar vita a sfortunata impresa
estrattiva, "Le miniere della Gula" che avverse forze
stroncarono sul nascere. Dal cielo Padre maestro e pastore continua la
tua sublime missione presso questo popolo che ti fu tanto caro".
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