Un eccellente resoconto storico tratto dal libro di C. Lorenzini
"Le antiche miniere della Valle d' Aosta"
(Musumeci editore
1995)
Benché diversi autori abbiano
indicato come molto probabile lo sfruttamento da parte di Salassi
e Romani dei giacimenti della valle di Challand, essi non
si sono soffermati sull'argomento a dimostrazione del fatto che le
tracce lasciate da quei popoli sono poche e in ogni caso non
permettono di affermare con sicurezza il loro coinvolgimento nell'industria estrattiva. Vorrei
inoltre ricordare che una delle ipotesi sulle cause del conflitto
tra Salassi e Romani era proprio il controllo dei giacimenti d'oro
e lo sfruttamento dei corsi d'acqua per esercitare la pesca dell’oro; metodica questa
assai conosciuta all'epoca e tutt'oggi praticata per hobby dagli abitanti della
valle. Se si dà credito solo alle notizie che in qualche modo riteniamo
affidabili, i giacimenti della valle di Challand vennero in seguito dimenticati
per circa mille anni! Personalmente ritengo che la cosa sia
abbastanza curiosa, perché non c'é Conte, Duca o Re che non persegua sistematicamente
ogni forma di guadagno, a maggior ragione se si tratta di oro, per non parlare delle
iniziative dei singoli; da sempre infatti gli abitanti della valle di Challand si sono
dedicati alla pesca dell'oro ed al riconoscimento di filoni auriferi.
Carlo II, siamo nel 1531, invia degli esploratori in Valle d'Aosta affinché
riconoscano le principali miniere; convoca inoltre dalla Germania
Ludovico Gung, noto minerologo che accetta il titolo di Gran Maestro delle
miniere, ma non si hanno notizie sui risultati ottenuti.
Duplisson nel 1742 visitò le miniere e riferisce in un
suo scritto di aver trovato delle lettere sulla roccia, J e H
nonché la data 1595, inoltre vi erano altre lettere che mal si leggevano, ma sicuramente di origine germanica.
Nel 1725 il Capitano delle miniere J. N. Muhlhan visitò il Ducato
di Aosta e si interessò al filone di Arbaz, ma il tentativo di ottenerne la
concessione non ebbe seguito. Dal XVIII secolo le notizie ci giungono dagli archivi della
famiglia Challant. Risulta che il Sig. J.-J. Perroz e soci furono incaricati nel 1726
di escavare tutte le miniere esistenti e di praticare le ricerche del caso. Nello
stesso periodo il signor Bellot si dedicava alla ricerca di
minerale di rame. Alle miniere si interessarono successivamente un certo Mutta e in
seguito il dottor J.-M. Pomier che ottenne la concessione della miniera di
piombo e argento di Arbaz nel 1748 e nel 1750, includendo nelle
ricerche anche il filone
Boret. Nel 1751 il Conte affida alla società De Ambrosis per 15 anni
l'incarico di escavare tutte le numerose miniere della giurisdizione; questo fatto fu di
ostacolo all'esercizio demaniale che iniziò nel 1752 e che vide
come protagonista il Cav. Nicolis de Robilant, appena tornato
dalla Germania dove era andato ad aggiornarsi. Solo grazie all'intervento del Re la questione, assai intricata,
si risolse. Il Conte ottenne seimila lire subito più il 7% degli utili netti
futuri, calcolando che in ogni caso non potesse ricevere mai meno di duemila lire
annue, a prescindere dai risultati ottenuti. La società De Ambrosis rinunciò
ad ogni diritto per la valle di Challand, ottenendo dalle Finanze
cinquemila e cinquecento lire più settecentocinquanta lire annue
da detrarre dalle duemila dovute al Conte. Il motivo per cui il Governo rischiò l'impresa era dato
dal ritrovamento di una grossa pepita nei pressi di Emarèse nel 1741; questo fatto
aveva illuso gli inviati del Re sulle ottime possibilità di individuare qualche
consistente filone. Iniziò così l'esercizio demaniale, la direzione dei lavori fu
affidata al sottotenente Ponzio mentre due scrivani si occuparono
dell'amministrazione tenendo separati i conti tra la cava di Bouchey e la resa della pesca
dell'oro dal resto delle cave, che sembrava dovessero rendere meno.
Le ricerche si intensificarono nelle località Borna
d'Oreno, Grande Guillate, Torrette e
Viabeccia, siti questi dove erano stati praticati scavi
antichi; ad Arbaz, Bouchey e Bouret vennero invece iniziate le ricerche preliminari,
animate dal ritrovamento di alcune lamelle di oro nativo. La direzione dei lavori veniva lasciata ai sergenti, ai caporali o
sottocaporali; i minatori potevano essere dei militari oppure dei
volontari, inoltre vi erano ferari, spacciatori e portaferri. Nel 1754 de Robilant ottiene l'approvazione del Congresso delle
miniere al suo piano per il prosieguo dei lavori; esso prevedeva diverse nuove
gallerie ed alcuni pozzi, il prolungamento delle gallerie esistenti
particolarmente promettenti, nonché l'impiego di diverse decine
di operai e la costruzione di una laveria, che restò sulla carta
per i mediocri risultati ottenuti. L'avanzamento delle gallerie procedeva alla luce di lanterne ad olio
e per mezzo di colpi da mina; i fori di circa un metro venivano
riempiti di polvere pirica, successivamente il minerale veniva evacuato con dei carretti.
Nel 1756 i lavori andavano a rilento, la roccia si rivelò
particolarmente dura mentre in alcuni cantieri i risultati furono nulli; vennero sospesi
i lavori a Torrette, ci si limitò alla manutenzione nelle
gallerie di Viabeccia e Grande Guillate mentre si lavorò con
grandi aspettative ai filoni di Arbaz, Bouchey e Bouret. L'anno seguente anche il filone Viabeccia venne abbandonato inentre
nel 1759 a Bouchey nuove speranze facevano ipotizzare per il
futuro la creazione di infrastrutture atte a trattare il minerale; purtroppo le
aspettative vennero ancora una volta disattese, i risultati non
arrivarono e l'esperimento statale terminò nel 1769, quando arrivò l'ordine di licenziare gli operai e
abbandonare i cantieri; l'esperimento statale si era dunque
concluso con un fallimento. Il conte di Challant qualche anno più tardi riprese i lavori a
Bouchey, ma il filone si rivelò scarsamente mineralizzato ed i
lavori vennero nuovamente abbandonati . Durante buona parte del XIX secolo
le miniere d'oro vennero prese in
considerazione solo in modo saltuario e senza che venissero eseguiti
significativi lavori di ricerca. La Société des Mines de l'Evancon verso la fine dell'ottocento intraprese
uno studio giacimentologico richiedendo la concessione per ricerche di
oro; nel 1898 iniziarono i primi lavori. L'anno seguente vennero individuati i filoni di Béchaz
e si provvide alla costruzione di alcuni impianti e all'apertura
di alcune gallerie. Nel 1902 la concessione passò alla società inglese The Evancon
Gold Mining Company Limited che già dal 1898 lavorava alla vicina miniera di
Fénillaz. Gli inglesi ottennero discreti risultati e lo sforzo finanziario
fu in qualche modo premiato, soprattutto grazie ai filoni di
Fenillaz e Béchaz. Dopo qualche anno di coltivazione nel 1906 i lavori vennero sospesi
e la concessione fu revocata nel 1911 per la bassa resa, ormai diventata
significativa . Nel 1937 una nuova concessione a favore del sig. Giuseppe Rivetti di
Torino permise di riattare le strutture lasciate dagli inglesi
e concentrò le ricerche soprattutto a Béchaz ma nel 1933 i lavori vennero interrotti per gli
scarsi risultati. Sempre il Rivetti ritentò l'impresa facendo dei saggi
che non diedero le premesse per la coltivazione. In tempi recenti sono stati concessi alcuni permessi di ricerca che
hanno portato ad una serie di piccoli lavori in alcune delle
miniere della valle di Challand. La foto qui a lato mostra il
primordiale mulino, posto sul torrente Evancon e che costituisce il primo
degli edifici minerari adibito alla lavorazione del minerale proveniente
sia dal Giacimento di Bechaz che dal filone Fenillaz.