MINIERA DI CHUC
(zona alta) |
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Ho fatto questa scheda elaborando materiale
che Paolo e Luca
& Elena (The Diggers'seltz) mi hanno fornito proprio a tal
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Luca |
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Giugno
2008, una giornata assolata e terribilmente calda. Parcheggiata l’auto
al santuario di Plout, presa tutta l’attrezzatura fotografica, ci
incamminiamo lungo la strada asfaltata che prosegue in direzione Les
Druges per poi prendere subito lo sterrato carrabile (ma vietato) che si
immette sulla destra. Per 15/20 minuti si cammina parallelamente alla
valle della Dora: la strada, tranne nell’ultimo tratto, è abbastanza
pianeggiante e l’ombra delle piante ci ripara un po’ dal sole. Poi
il percorso gira verso sinistra e si entra nel vallone di St. Marcel. Da
qui in poi la pendenza inizia a essere regolare ma significativa e si
cammina, a seconda dei tratti, un po’ all’ombra e un po’ al sole:
il torrente St. Marcel ci accompagna sulla destra rumoroso e impetuoso
per le forti piogge del mese e il
disgelo. Due ponti in legno con
struttura in cemento armato ci fanno passare il torrente fino a
ritrovarcelo ancora e definitivamente sulla destra. Uno strappo
rettilineo abbastanza faticoso, poi la pendenza si addolcisce e si
giunge finalmente in vista dei primi edifici del complesso minerario (la
laveria) che si intravedono seminascosti dalla boscaglia: un ardito
rudimentale ponticello (due pali paralleli collegati da assi trasversali
distanziate ed inchiodate) dovrebbe permettere di accedervi. Oltre agli
edifici dovrebbero trovarsi da quella parte gli accessi più bassi e la
galleria di ribasso, ma poiché solitamente noi preferiamo esaurire
subito la salita (più in alto ci dovrebbero essere altre costruzioni e
altri ingressi) per poter pianificare meglio la nostra esplorazione,
decidiamo di lasciare per il ritorno, se ci sarà tempo (non sarà così
ed ovviamente ci torneremo), la visita di questa zona. Da quando siamo
entrati nel vallone di St. Marcel, tenendo conto di qualche breve sosta
per dissetarsi e riprendere fiato, sarà passata circa un’ora. Si
riprende la salita: la strada torna ad essere ombreggiata ed alcune
curve ci portano sulla sinistra allontanandoci dal torrente. Paesaggio
splendido: si vedono altissime cascate precipitare dai monti che abbiamo
di fronte verso il torrente St. Marcel. Il percorso torna per un tratto
ad essere abbastanza rettilineo quando sullo sfondo appare una macchia
azzurra, di quell’azzurro un po’ particolare che è tipico delle
polveri che si usano per trattare le foglie delle piante, sì quello più
comunemente conosciuto come verderame: siamo giunti alle famose acque
verdi! Sul greto del ruscello si è infatti depositato il minerale e
rocce e sassi sembrano quasi dipinti tanto è uniforme il colore sul
fondo; l’acqua in apparenza cristallina scorre invece schiumosa
alternando così macchie di azzurro a macchie di bianco interrotte ogni
tanto dal marrone di qualche roccia più alta e quindi di color naturale
e il tutto circondato dalle varie sfumature di verde del prato e del
bosco: grande spettacolo davvero! La strada a questo punto riporta verso
il torrente St. Marcel e dopo qualche curva si arriva finalmente ai
resti della teleferica ed agli altri edifici (attenzione sono in parte
pericolanti!). Dai primi ruderi intravisti più in basso saranno
trascorsi circa altri 30/40 minuti compresa una breve sosta per le foto
alle acque verdi. Dopo aver immortalato i resti delle costruzioni inizia
la ricerca degli ingressi delle miniere: decidiamo di seguire ancora un
po’ la strada che sale in direzione di Servette. Tratto rettilineo,
tornante che porta verso destra, poi tornante verso sinistra: a metà di
questo sembra di riconoscere un percorso abbandonato, un muretto, del
materiale di scavo abbandonato. Seguiamo questa traccia che ci riporta a
costeggiare il torrente e dopo poco, dall’altro lato, incorniciato tra
i sassi posati a secco, si distingue chiaramente un primo accesso. Purtroppo non abbiamo con noi l’altimetro e non ci è quindi possibile
confrontare il nostro ritrovamento coi dati forniti da Zappetta Gialla
(forse sarà più facile per Lui con la nostra descrizione stabilire se
ci siamo trovati esattamente nelle zone da Lui descritte o se invece
abbiamo casualmente trovato altri accessi). Purtroppo non abbiamo con
noi l’altimetro e non ci è quindi possibile confrontare il nostro
ritrovamento coi dati forniti da Zappetta Gialla (forse sarà più
facile per Lui con la nostra descrizione stabilire se ci siamo trovati
esattamente nelle zone da Lui descritte o se abbiamo casualmente trovato
altri accessi).
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Il problema ora è
come passare dall’altra parte: il torrente in questa zona è
decisamente carico e alcune piccole rapide non fanno altro che
aumentarne l’impetuosità. Di passare saltando di sasso in sasso
quindi non se ne parla e anche provare a guadarlo indossando gli stivali
ci appare poco fattibile e piuttosto pericoloso a causa della corrente e
delle evidenti buche che ci sono al centro e di cui non si riesce a
valutarne la profondità. Decidiamo quindi di proseguire in salita
costeggiando il torrente (il sentiero ormai non esiste più) nella
speranza di trovare una zona più calma dove provare a guadare. Lungo il
percorso individuiamo altri due accessi nascosti nella boscaglia sopra
la riva opposta del fiume. Non si trovano guadi e quando ormai inizia a
serpeggiare un po’ di delusione ecco apparire più in alto un grosso
tronco che sembra proprio collegare le due rive: ci mettiamo a
cavalcioni e il gioco è fatto! Ci inoltriamo nella vegetazione
procedendo verso valle alla ricerca degli accessi che avevamo
individuato a vista e ne troviamo altri completamente
nascosti dal verde
o dalle rocce: alcuni sono solo assaggi di scavo, mentre altri sono
collegati tra loro da pozzi poco accessibili o da scale a pioli poste ad
unire i vari livelli. Da come sono posizionati gli ingressi (alla fine
ne abbiamo individuati 6) si può tranquillamente procedere passando
esternamente da un accesso superiore ad uno inferiore senza ricorrere
alle scalette e visitando quindi gli scavi mediante percorsi
principalmente orizzontali. Non essendo esperti di mineralogia, ma solo
grandi appassionati di fotografia, non ci è possibile dare informazioni
dettagliate in quel senso di quello che abbiamo visto ma forse tramite
le immagini qualcosa si può capire. Possiamo solo dire che le gallerie
erano abbastanza asciutte e che non abbiamo trovato (come speravamo)
formazioni di stalattiti e stalagmiti ma solo piccole concrezioni o
colate di tinta azzurra o verde o gialla o rossa, delle formazioni
calcaree e qualche vena quarzifera. Gli interni sembrano perlopiù ben
assestati (in ogni caso attenzione massima se qualcuno si volesse
addentrare!) e non abbiamo rilevato grossi crolli. La nostra emozione
maggiore è comunque legata al ritrovamento, in una zona ancora
attrezzata con rotaie, di due splendidi carrelli arancioni di forma
diversa e in ottimo stato di conservazione nonostante le parti ferrose
più basse siano state decisamente intaccate dalla corrosione. Questa
prima visita si è interrotta alla quinta galleria poiché ormai si
stava facendo tardi (erano già le 18) e dovevamo ancora riguadare il
torrente e percorrere la strada del ritorno. Inoltre questo ultimo scavo
in cui ci siamo appena addentrati sembra essere molto più vasto e
complesso di quelli visti in precedenza avendo rilevato anche la
presenza di più corridoi. Usciti all’aperto, dalla nostra posizione,
guardando verso valle, abbiamo localizzato un altro tronco che sembrava
permetterci il passaggio senza dover faticosamente risalire a prendere
quello usato precedentemente. Non è stato facile raggiungerlo poiché,
dopo essere passati davanti all’ingresso dell’altra galleria non
visitata (la prima peraltro che avevamo avvistato nella nostra ricerca),
siamo stati costretti a risalire in parte la parete sulla nostra
sinistra (non era possibile raggiungerlo dal lato del torrente) per poi
ridiscenderci sopra dall’alto. Come se non bastasse il tronco era
appoggiato inclinato (molto alto dal nostro lato terminava al limite
dell’acqua sull’altra riva) e sosteneva a metà un tronco molto più
piccolo che lo attraversava diagonalmente rendendo ancora più
complicato il passaggio. Una volta giunti dall’altra parte si può
anche affermare che è stato pure divertente! Siamo così rientrati al
parcheggio soddisfatti di quanto abbiamo visto, con molti dubbi e
curiosità da chiarirci e con l’intenzione di tornare sul posto, per
completare la visita, magari alla fine dell’estate o in autunno nella
speranza di trovare il torrente "più tranquillo". |
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