|
|
|
|
Relazione inviatami da Paolo, Luca
ED ELENA (The Diggers'seltz). |
|
|
|
|
ACQUAVERDE
- MINIERA DI CHUC (zona bassa)
Fine
Novembre 2008, Claudia, Elena, Luca e Paolo: una giornata gelida (siamo
abbondantemente sotto lo 0) e terribilmente ventosa. Parcheggiamo al
santuario di Plout, per avviarci lungo la strada asfaltata che porta a
Les Druges per poi prendere subito lo sterrato carrabile (ma vietato)
che si immette sulla destra. Dopo un’ora esatta di cammino seguendo
sempre la strada principale, avvistiamo sul lato destro del torrente
(guardando) il primo rudere che è posto proprio sulla riva: è
l’edificio della turbina. Proseguendo poco oltre si intravedono altre
costruzioni e poi, ecco comparire un semplice ponticello (foto a sin.) formato da due
tronchi di abete collegati e tenuti assieme da assi inchiodate: si passa
e ci troviamo all’interno dell’area mineraria. Siamo in uno spiazzo:
di fronte a noi, guardando verso valle, si staglia l’alto edificio
della direzione con gli uffici (attenzione:
è pericolante e non è possibile camminare all’interno perché è
tutto marcio); alla nostra sinistra, sopra un basamento in pietra, ecco
gli slanciati resti in legno dei due silos per la raccolta dei materiali
sopra cui c’è quello che resta degli arrivi delle teleferiche da
Servette, Chuc e dei binari provenienti dai cantieri stessi dell’Acquaverde:
peccato non ci sia il sole perché queste immagini di archeologia
industriale con sullo sfondo un bel cielo azzurro sarebbero state
bellissime; anche così, però, è tutto molto suggestivo. Aggirando
l’edificio degli uffici si trovano un sacco di sorprese: lungo il
fianco una catasta di rotaie arrugginite, carrelli di vario genere e
altri “rottami” in quantità; sul retro, scendendo nella zona semi-interrata, si trova la partenza della teleferica principale (quella
che portava a valle tutto il materiale): un vero trionfo di ingranaggi;
infine in una fossa a lato dell’ingresso una splendida ruota in ferro
a doppia vaschetta che sembra una scultura tanto è bella! Proseguendo
ancora un po’ verso valle troviamo i resti della cabina elettrica e,
sotto, l’edificio della turbina chiuso sul retro da una catena con
relativo lucchetto nuovi di pacca. Nulla ci vieta però di dare una
sbirciatina all’interno attraverso una finestra protetta da una grata:
al centro si intravede la turbina, poi, attorno, serbatoi, tubi, casse
di legno, tavoli da lavoro, ecc.: peccato sarebbe stato molto
interessante vedere tutto da vicino. Torniamo, risalendo, verso i silos:
ai lati, verso la montagna si incontrano tubazioni e vari resti in ferro
e legno, ovviamente semidistrutti. Ora dobbiamo cercare gli ingressi
delle gallerie (Zappetta Gialla ne indica 3) che dovrebbero trovarsi a
non molta distanza dalla tettoia delle teleferiche. Nei pressi troviamo
una specie di marcita di fango e limonite (apparentemente un buon segno)
e subito dietro si intravede, costruito sul fianco della montagna e
ormai coperto dalla vegetazione, un muretto rettilineo che sembra essere
il basamento di un percorso. Ci saliamo sopra e lo seguiamo prima verso
valle fino a raggiungere un vascone di raccolta acqua da cui partono,
verso la turbina, delle grandi condutture. Poiché il camminamento
finisce lì torniamo sui nostri passi fino a giungere in riva al
torrente a monte delle teleferiche. Ci guardiamo attorno, ne vale la
pena: il paesaggio è forte e selvaggio (e il freddo sempre più
pungente, facendoci sentire un po’ “eroici”, ce lo fa gustare
forse anche di più!): a sinistra si vede la strada da cui siamo
arrivati che prosegue inerpicandosi verso Chuc; di fronte ecco il
torrente che scende con piccole cascatelle dalla stretta valle; a
destra, infine, una enorme cascata di ghiaccio (questo è un regalo
delle stagioni fredde) e appena prima una discreta quantità di sassi
grigi di media dimensione: sembrerebbe una discarica! Risaliamo subito a
fatica (di sentieri neanche parlarne) e dopo aver superato dei cavi di
ferro abbandonati ma ancora in tensione, raggiungiamo una
piazzola
dominata da resti in legno e in ferro (rotaie):
subito dietro appare una galleria (foto qui a lato). Entriamo con gli stivali, c’è
molta acqua e fango. Subito sulla destra una diramazione porta dopo poco
nei pressi di un enorme pozzo profondissimo: le nostre torce non
riescono a illuminarne il fondo. Oltre il pozzo si vede una carriola
abbandonata e la galleria che prosegue ruotando verso sinistra per
addentrarsi nella montagna. Appoggiate sul pozzo un asse mezza marcia
che traballa solo a guardarla, una trave di legno a sezione rettangolare
e una tonda, ambedue belle bagnate e, all’apparenza, decisamente
scivolose. No, per quel che ci riguarda, senza attrezzature di sicurezza
non si passa. Seguiamo la galleria principale che è abbastanza
rettilinea e agevole (fango e stillicidio a parte): incontriamo subito
un bellissimo carrello arancione abbandonato sulle rotaie e, poco dopo,
aggrappato alla roccia, un piccolissimo chirottero in letargo. Non è un
genere di animali
|
che amiamo molto,
ma tutto così appallottolato faceva tenerezza, sembrava un pelouche!
Gli abbiamo fatto un vero e proprio servizio fotografico. Proseguendo la
galleria si sdoppia in due percorsi paralleli che poi si riuniscono per
ridividersi ancora un po’ oltre. Andiamo a sinistra fino a giungere
alla fine dello scavo dove si intesta una tramoggia. Seguendo la
galleria di destra troviamo dopo poco una porta aperta e sentiamo in
lontananza un rumore cupo e intenso. Proseguiamo con cautela. Il rumore
si fa sempre più forte: sembra acqua, forse una cascata d’acqua!
Alla fine giungiamo al termine della galleria: di fronte a noi una scala
a pioli fradicia di acqua e fango sembra condurre a un livello superiore
e nello spazio tra lei e la parete retrostante scorre rapida l’acqua
cadendo sul pavimento con un gran frastuono, amplificato ovviamente
dalla conformazione della galleria. Per il momento non siamo attrezzati
per tentare la risalita e quindi rimandiamo alla prossima volta
l’esplorazione del possibile livello superiore. Una volta usciti
all’aperto riconsultiamo gli appunti di Zappetta Gialla ma non
troviamo riscontri totalmente soddisfacenti. Siamo forse finiti in un
altro buco? Cerchiamo altri accessi, ma la zona è decisamente
accidentata, in alcuni tratti molto scoscesa e quindi pericolosa per via
dell’umidità. Siamo all’imbrunire, per il momento non abbiamo
trovato gli altri ingressi e quindi è tempo di rientrare. Torneremo. |
| |
Approfondimenti di questa pagina
|
|