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Una pagina che ho preparato con materiale ricevuto da Paolo e Luca (The Diggers'seltz) & Elena. |
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Paolo |
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Giugno
2008: una giornata grigia in un mese tormentato da grandi piogge.
Siamo in quattro amici (2 per sesso) appassionati di foto e di
scoperte. Per recarci sul posto seguiamo le indicazioni di Zappetta
Gialla che ci portano con precisione ad Herin (foto a lato) dove lasciamo l’auto
(sì, rischiamo la multa!, ma il dislivello per salire dal
fondovalle è decisamente notevole: la stessa strada asfaltata è
irta e tortuosa e ogni tanto anche l’auto pretende l'uso
di marce basse!). |
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La
vista è molto bella: di fronte a noi (come da foto) c'è il
“paesino” di case in pietra quasi tutte ristrutturate con cura
(forse addirittura troppa!); subito dietro e sui fianchi prati
verdissimi in parte pianeggianti e zone boschive in ripida ascesa che
conducono verso
la miniera della quale si intravedono, lassù in alto, i resti delle costruzioni e
le grandi discariche. |
Seguiamo
la strada sterrata sulla sinistra delle case e in circa 30/40 minuti,
dopo aver attraversato la prima discarica, arriviamo ai ruderi degli
edifici, pieni di fascino quanto fatiscenti. Ci addentriamo nei piani
terra per qualche foto facendo molta attenzione e con un occhio rivolto
sempre verso l’alto da dove provengono i maggiori potenziali pericoli
di crollo (cliccare sull'immagine qui a lato se si desidera vedere il
particolare di un interno). Consigliamo veramente tanta prudenza a tutti coloro che volessero
esplorare i fabbricati. Arrivati nei pressi della parte finale
dell’ultima costruzione, più o meno dove si trova un lavatoio in
cemento datato 1913, ci veniamo a trovare su un piccolo slargo, quasi
una terrazza che sbalza (lo scopriamo poi) su una galleria di accesso
sottostante che appare parzialmente murata e franata. Poco oltre ecco
la partenza della teleferica praticamente circondata da una grande
discarica. Uno spettacolo! Ferri e ingranaggi di tutti i tipi, volani,
ruote dentate, binari di scorrimento, cavi, tralicci in legno: tutto si
staglia corroso e rugginoso nel grigio del cielo acquistando forza e
valenza. Questo è veramente un gran bell’esempio di archeologia
industriale (vedi a lato pagina negli approfondimenti). |
E’
giunto il momento di cercare le gallerie. Sopra i resti della teleferica
si trova una specie di piazzale che termina a sinistra in due sentieri,
uno in discesa (poco tracciato) l’altro in salita diagonale
(decisamente evidente) che percorriamo. Il sentiero porta a due piccoli
fabbricati cadenti posti a poca distanza l’uno dall’altro, poi,
superata una specie di cresta, gira sull’altro versante del monte in
ripida discesa. Dopo poco decidiamo di tornare alla teleferica. Dal
piazzale già menzionato prendiamo allora un tracciamento sulla destra
che costeggia sul retro gli edifici minerari abbandonati: lì si trova
una prima deviazione che sale verso monte per dividersi poi in due rami,
uno a sinistra e l’altro a destra. Quello
di sinistra ha un andamento quasi pianeggiante seguendo il fianco della montagna. |
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Mappa degli
esterni (proprietà Paolo
& Luca.) |
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Dopo
almeno 20 minuti di cammino, subito dietro una curva, si attraversa un
ruscello: sul suo fianco una recinzione semi-distrutta circonda una
piccola costruzione (forse una “centralina” idroelettrica). Il
sentiero prosegue poi sempre verso sinistra, ma non troviamo nessuna
traccia di attività mineraria: si torna così al bivio precedente per
proseguire in salita diagonale verso destra. Anche qui dopo circa una
ventina di minuti si raggiunge una cresta simile a quella
precedentemente descritta (sicuramente la stessa, presa solo più a
monte) dove il sentiero si divide in due rami: il primo gira dietro la
cresta per terminare in un grande piazzale, mentre il secondo risale a
sinistra lungo la cresta diventando però via via sempre più incerto
fino a scomparire (o forse l’abbiamo perso noi!). A questo punto
procediamo sparpagliati parallelamente alla montagna fino a quando,
sopra una grossa pietraia, troviamo i resti di un terrazzamento
parzialmente occupati da giovani alberi: a ridosso della parete appare
un ingresso chiuso da un muretto a secco nella metà inferiore (foto a
seguire).
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Scavalchiamo
ed entriamo. La galleria è rettilinea e la conformazione del suo
terreno fa supporre che una volta fosse attrezzata con binari. Dopo
circa un centinaio di metri troviamo una prima frana che riusciamo a
superare muovendoci con cautela dopo esserci assicurati del suo
assestamento. Poi andando avanti il percorso si fa sempre più difficile
causa altri smottamenti e anche la galleria non è più molto
riconoscibile. Attraverso una apertura laterale su un fianco si
intravedono quelli che sembrano essere i resti di uno scivolo di legno
che apparentemente sembra scaricare in una galleria sottostante posta
circa due o tre metri più in basso (ma dalla nostra posizione è
difficile valutare correttamente le misure). Contemporaneamente iniziano
a comparire delle fessurazioni nella roccia circostante e altre tracce
di apparente instabilità. Non ci sono più valide alternative: si torna
indietro! |
Riusciti
all’aperto continuiamo le ricerche nella speranza di trovare altri
accessi dirigendoci sempre verso sinistra e procedendo diagonalmente
verso valle. Non troviamo più niente, il pomeriggio è ormai inoltrato
e noi incrociamo ad un certo punto il sentiero del ruscello: la gita è
purtroppo ormai finita.
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Contiamo
prima o poi di ritornare ad Herin sperando che magari qualcuno che
conosce i posti meglio di noi riesca gentilmente a dare a Zappetta
Gialla ed a noi delle utili informazioni in merito. In ogni caso, anche
senza gallerie, cioè recandosi semplicemente ai suoi esterni, il posto è di grande fascino e
secondo noi merita almeno una
visita. |
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Approfondimenti di questa pagina
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